A beccacce con Zoe
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Era stato un regalo di un amico, un grande amico che ora non c’è più: “La prima scelta, alla prossima cucciolata, sarà tua”.
Dopo quasi venticinque anni con i Setters, volevo cambiare, fare nuove esperienze con altre razze e quindi ricominciavo da Zoe, femmina di kurzhaar roano marrone.
Specialista a Pernici, Quaglie e Lepri, anche a Beccacce diceva comunque la sua. Molto, forse troppo possessiva, con un caratterino niente male, credo dettato dal suo timore innato, temeva i tuoni e i fuochi d’artificio ma a caccia, comunque, dimenticava tutto. Era la sua priorità.
In quel periodo il mio vecchio non stava tanto bene e uscendo da solo avevo occasione di battere una zona impervia che mi affascinava molto. Arrivarci non era affatto facile, c’erano solo due possibilità.
Una, più comoda ma lontana dal punto di caccia migliore, con tanta strada da fare a piedi e dove le Pernici, allora numerose, rapivano la cagna.
L’altra possibilità era quella di entrare dal lato opposto, lasciando la strada statale per una strada sterrata che percorrevo per alcuni chilometri fermandomi all’altezza di un cancelletto che apriva l’ingresso ad un sentiero inerpicato battuto dalle vacche, una “camminera” come diciamo da queste parti, molto dura da percorrere, tutta in salita, in gran parte chiusa da fitta vegetazione, grandi rovi, fronde basse di roverella, rocce e terreno molto scivoloso. Il tutto con una pendenza da paura, ma si poteva fare!!!
Avevo qualche anno e qualche acciacco in meno e in fin dei conti erano solo venti minuti di fatica, poi veniva il bello.
Quel giorno pioveva tanto, la mandava in abbondanza dalla notte del mercoledì, vigilia di Be-Caccia per noi Sardi, era stagione piena e la pioggia era ed è parte del gioco.
Nella “arrampicata” ogni tanto qualche Colombaccio si staccava dai lecci e dalle sughere, ma dovevo guardare avanti a me, guai a distrarmi con i rami spinosi dei rovi che sporgevano qua e là. Inoltre dovevo prestare attenzione a dove mettere i piedi per non rischiare qualche brutta caduta. La pioggia aveva allentato per bene il terreno e ci voleva un attimo ad andare giù.
Poco sotto il primo pianoro, nella corona di elighe bassi e fitti si poteva incontrare la Prima.
Zoe conosceva le rimesse a memoria e anche con il fiato grosso, bisognava stare in guardia.
Sentivo il suono del campano sempre meno irregolare, diminuiva infatti il tempo da un rintocco all’altro e si faceva più lento, fino al silenzio più assoluto. Zoe era in ferma ad una decina di metri, la intravedevo in mezzo alla ramaglia boschiva e sapevo che la Beccaccia a breve si sarebbe involata verso l’alto a raggiungere la rimessa nella prima radura poco sopra. Ancora uno sforzo ed ero in linea con la cagna, piazzato sopra una roccia, ben saldo.
Nell’anfratto del bosco ero solito richiamare l’attenzione della cagna con un verso silenzioso con la lingua come a risucchiare il palato. Zoe alzò lentamente e leggermente il muso nella mia direzione e un attimo dopo la Regina, maestosa, sfrullò nella direzione prevista. Avevo una sola possibilità, non c’era spazio per un secondo colpo e da “stoccatore” non avevo fallito. La Beccaccia era caduta sulla parte alta del rovo tanto che avevo dovuto spingerla giù con la canna del fucile per farla recuperare, meritatamente, alla cagna.
Mentre sistemavo la Beccaccia nel carniere veniva a piovere ancora ma ero attrezzato per cacciare con qualsiasi situazione climatica, neve a parte, dove vigeva e vige tuttora il divieto di Caccia.
Lentamente ero arrivato sul piano e già potevo vedere il primo boschetto di grandi roverelle che non lasciavano spazio al suolo alla folta vegetazione ma solo a rovi bassi e felci sparse. La Regina amava quel posto, sempre in ombra e umido, e mi avvicinavo con molta cautela perché il più delle volte non era mai sola.
Il varco d’ingresso con il muretto a secco crollato da tempo e avvolto dal muschio era lì a pochi metri e la cagna, oltre il varco, in ferma a ridosso dei primi rovi, flessa sulle zampe in una torsione a ferro di cavallo. L’emozione era tanta e a piccoli passi, lentamente cercando di non far rumore, avevo trovato piazzamento.
Zoe mi guardava e spostava lentamente la testa come ad indicarne due.
Il tempo sembrava essersi fermato, la cagna immobile non era intenzionata a rompere ed io attento a cogliere l’attimo.
Dopo tanto, con la massima cautela Zoe indietreggiava di qualche passo e riprendeva con una filata di lato per poi chiudere con una ferma dalla parte opposta dello stesso rovo, dove potevo vederla battere la zampa sul fogliame per far involare la Regina che sfrullava a colonna nel tentativo di oltrepassare la grande quercia. Il secondo colpo in rapidità le era stato fatale e nel muovermi istintivamente per non perdere il punto di caduta, un’altra Beccaccia sfrullava a pochi metri!!!
Ahimé, non avevo ancora ricaricato ma conoscevo la rimessa. Con calma, una volta recuperata e dopo le coccole alla cagna, proseguivo sul fondo dello stesso boschetto.
La Regina era solita calarsi nel bordo più esterno, quasi al pulito, pronta ad andar via di pedina tra felci e rovi, nella peggiore delle ipotesi si involava da sola e lunga al minimo rumore. Per questo motivo prendevo tempo e nello stesso tempo controllavo bene la zona circostante, poi pian piano mi avvicinavo senza perdere di vista l’azione della cagna.
In prossimità della rimessa Zoe aveva cambiato atteggiamento, la testa alta a vento e subito dopo la prima ferma, seguita da una guidata spettacolare, lenta e continua tra le felci, poi altra ferma rotta ancora una volta con una leggera accelerazione verso il punto più sporco del boschetto con ferma finale.
Il grande rovo davanti ostacolava la visuale sul lato opposto.
Che fare?
Rischiare di aggirare il rovo o aspettare?
Avevo deciso per la prima e come prendevo piazzamento, sua maestà, nervosa, partiva bassa di traversone sinistro per coprirsi dietro il rovo poco a lato ma la sorpresa era stata per Lei ancora una volta fatale.
Cadeva poco distante nel pulito del fogliame e Zoe, gelosa e possessiva, si accucciava abbandonandola tra le sue zampe. Sapevo della sua possessività e se mi avvicinavo subito la riprendeva e si allontanava per ripetere l’operazione.
Per questo aspettavo qualche minuto prima di poterla incarnierare.
La tappa successiva era una fascia pulita che rompeva la continuità del bosco, con poco e rado cespugliato. Era zona di pastura per la Regina e molto spesso non si faceva fermare involandosi nervosamente.
Con calma mi avvicinavo alla prima rimessa, allora sempre rispettata a differenza di oggi e a ridosso di una macchia di cisto basso la cagna prima rallentava e di colpo era in ferma.
Davanti solo rocce basse, prato e poca macchia, Zoe rompeva e bassa e cauta procedeva con una filata che sembrava non finire mai. Tra una ferma e l’altra la Beccaccia aveva portato la cagna nel lato opposto della tanca.
A poca distanza vedevo il muro a secco di confine, sapevo che di lì a breve si sarebbe involata e infatti si era alzata subito dopo bassa e rapida nella direzione opposta, verso il punto dove la cagna l’aveva scoperta. Dovevo ritornare sui miei passi con più attenzione e arrivato al punto di partenza Zoe era di nuovo sulle sue tracce ma come accennava alla prima presa di vento, a ridosso di una querciola poco distante dal muro la regina si involava svelta per buttarsi nel costone di sotto sporco e impenetrabile. Chapeau!
Dopo aver controllato le altre due solite rimesse continuavo verso la tanca successiva, un bosco di sugherete con folta vegetazione molto battuto dalle vacche che all’interno avevano creato dei passaggi obbligatori, ideale per sua maestà.
Preferivo sempre il bosco fitto, ovattato, dove sparavo solo di stoccata e anche pochi metri erano fatali.
Subito nella prima “camminera” Zoe l’aveva agganciata, era in ferma sulla “fatta” e a gattoni penetrava nel folto del bosco con molta cautela.
Io, allarmato, pronto all’imbracciata, avanzavo lentamente dietro la cagna, passo dopo passo, i cosciali che scivolavano tra i rovi, Zoe che fermava e rompeva di continuo e infine la Beccaccia con un volo in verticale a scavalcare la quercia.
Due colpi in rapida successione con il secondo andato a segno e la Beccaccia cadeva nel folto della vegetazione.
Mentre avanzavo a fatica per andare incontro alla cagna, nel chinarmi per evitare le fronde dell’alberato un’altra regina mi frullava alle spalle e in un attimo spariva. Zoe era lì davanti a me che abboccava la Beccaccia e la mollava subito per procedere ancora all’interno del bosco e io mi affrettavo a sistemarla nel carniere tenendo d’occhio la cagna che gattonava poco più avanti. Nel frattempo la pioggia era aumentata riuscendo a penetrare anche nella folta vegetazione ma con l’adrenalina in circolo si proseguiva comunque. Zoe era di nuova in ferma ed io piazzato al suo fianco. Subito dopo, due Beccacce , quasi all’unisono si alzarono proprio davanti alla cagna ma riuscivo a sparare solo la prima che cadeva a pochi metri, la seconda era andata.
La pioggia era sempre più forte, lampi e tuoni a completare una vera e propria tempesta, il cielo si era fatto scuro e tutto mi faceva pensare che la giornata volgeva all’epilogo.
Avevo trovato riparo in un vecchio ovile abbandonato e dopo aver atteso invano mi trovavo costretto a rientrare, nella consapevole incertezza sull’andamento della battuta.