Berlato risponde a Zanoni: “La Caccia è almeno dieci volte più sicura rispetto ad altre attività”
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Il Consigliere regionale Sergio Berlato (Coordinatore regionale per il Veneto di Fratelli d’Italia-AN) ha risposto ad Andrea Zanoni che lo scorso 9 febbraio ha presentato al Consiglio Regionale un’interrogazione a risposta immediata dal titolo “Incidenti venatori e atti di bracconaggio in veneto: la Giunta regionale intende garantire la sicurezza dei cittadini e la tutela della fauna selvatica nel rispetto delle leggi regionali, nazionali e comunitarie?” (qui il link al testo dell’interrogazione)
Zanoni descrive cosi l’anno appena trascorso: “Un anno terribilis si è appena concluso in Veneto. Cittadini che hanno perso un occhio, ciclisti impallinati, cani uccisi, spari fra le case, specie in via di estinzione uccise a fucilate, guardie venatorie minacciate. Zaia invece di prendere atto continua purtroppo a promulgare leggi e leggine a favore dei cacciatori più fanatici capitanati da Berlato. Se l’autonomia che vuole Zaia verrà utilizzata per questi distruttivi appetiti siamo spacciati. Abbiamo perciò presentato un’interrogazione che denuncia quanto accaduto in soli 5 mesi di caccia e che dipinge usa situazione da paura”.
La risposta di Berlato, riportata di seguito, non si è fatta attendere e ancora una volta ha puntualmente screditato tutte le tesi sostenute da Zanoni.
Leggendo l’ultimo comunicato stampa di Andrea Zanoni ci rendiamo conto che forse sta per essere colto da pericolose problematiche di natura psicofisica che, se non curate in tempo, corrono il rischio di compromettere seriamente il suo stato di salute.
Per sostenere la sua strampalata tesi secondo la quale il Veneto sarebbe terra dove il bracconaggio sarebbe fuori controllo e la sicurezza dei cittadini sarebbe in pericolo per colpa dei cacciatori, il povero Zanoni utilizza alcuni esempi di eventi accaduti recentemente sul nostro territorio regionale.
Il primo di questi esempi riguarderebbe un episodio secondo cui un cacciatore avrebbe tranciato i fili dell’alta tensione con il suo fucile da caccia. Successivamente, rendendosi conto che per tranciare i fili dell’alta tensione non sarebbe sufficiente un fucile da caccia che utilizza dei pallini di pochi millimetri di diametro, ma neppure un fucile mitragliatore d’assalto AK47, corregge il tiro affermando che il famoso cacciatore ha sparato contro un quadro elettrico, provocando l’interruzione dell’erogazione della corrente elettrica che ha messo al buio l’intera frazione di un paese, come se i quadri elettrici venissero appesi agli alberi in mezzo alla campagna e fossero facilmente confondibili con un tordo bottaccio.
Il secondo esempio che usa il povero Zanoni per tentare di accreditare le sue tesi strampalate di un Veneto in preda ai bracconieri è quello del famoso ibis eremita che sarebbe stato ucciso da un cacciatore in provincia di Vicenza. Dall’analisi della carcassa dell’animale rinvenuto morto e soprattutto dall’analisi delle radiografie effettuate sulla stessa, risultano evidenti alcune palesi incongruenze tra la tesi avanzata dagli animalisti e quella realmente risultante dai referti. Innanzitutto, esaminando la lastra radiografica della carcassa dell’ibis eremita, sono stati rinvenuti circa un centinaio di pallini di medie dimensioni, normalmente usati con i fucili da caccia con canna ad anima liscia. Oltre a questi pallini, è facilmente visibile nella carcassa dell’animale anche un proiettile di piombo che può essere sparato solo da un fucile ad aria compressa con canna ad anima rigata.
Orbene, è balisticamente dimostrato che per riuscire a colpire un bersaglio con un centinaio di pallini di medie dimensioni, la distanza tra l’arma che ha sparato ed il bersaglio colpito non può superare i quindici/venti metri. A quella distanza i pallini che colpiscono l’animale hanno una energia residua che permette loro di trapassare il corpo dell’animale ed uscire dal lato opposto della carcassa, eccezione fatta solo per quei pallini che si conficcano nelle ossa più consistenti dell’animale.
Nulla di questo si nota dall’esame radiografico dell’animale, segno evidente che si riscontra una evidente distonia tra la tesi dell’animale colpito da una fucilata e la risultanze balistiche che potrebbero far pensare che i pallini rinvenuti nell’animale, che stranamente non hanno provocato nessuna lesione alla struttura ossea dello stesso, potrebbero essere stati collocati nella carcassa da mani maliziose. Altra incongruenza il proiettile di piombo usato da un fucile ad aria compressa a canna rigata, dal momento che nessun cacciatore usa contemporaneamente un fucile con canna ad anima liscia ed un altro fucile ad aria compressa con canna rigata. Tutto questo per dimostrare agevolmente che l’episodio dell’ibis eremita rinvenuto morto nel vicentino, più che il frutto di un atto di bracconaggio, potrebbe essere il frutto di una squallida montatura mirante ad accreditare la tesi del bracconaggio diffuso oppure, più verosimilmente, a giustificare nuove richieste di finanziamento per portare avanti un progetto costosissimo e fallimentare come quello della reintroduzione dell’ibis eremita in Europa, estinto per cause naturali dal momento che questa specie non è mai stata del benché minimo interesse venatorio.
Sei poi il povero Zanoni, per accreditare la tesi di una caccia pericolosa per la collettività, scrive che sono stati addirittura sei i feriti in Veneto (tra cacciatori e non cacciatori) a causa dell’attività venatoria nella stagione che si è appena conclusa, è utile ricordare questi dati ufficiali diffusi dall’ISTAT:
Mediamente in Italia avvengono 24.000 decessi per cause traumatiche.
– 8.000 in un anno per incidenti domestici (15 al giorno). Fonte Inail (altre fonti raddoppiano il dato).
– 3.860 per incidenti stradali. (Fonte Eurispes).
– 1.180 per cause di lavoro (Fonte Osservatorio Indipendente di Bologna Morti sul Lavoro).
– 500 in montagna fra escursionisti e sciatori (con 494 feriti in imminente pericolo di vita). Fonte: Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico.
– 390 annegati all’anno in piscina o al mare;
– 129 operatori della pesca su 100.000, ovvero: il lavoro di pescatore è trentacinque volte più pericoloso che andare a caccia.
– 43 cercatori di funghi (Fonte: Soccorso Alpino).
– 300 persone all’anno muoiono andando in bicicletta;
Tutto questo per dimostrare, dati ufficiali alla mano, che la caccia, pur essendo esercitata con l’utilizzo di armi da fuoco da circa 700.000 persone, è statisticamente almeno dieci volte più sicura rispetto a tutte le attività esercitate nel nostro Paese ed ancor più sicura quando viene esercitata nella regione del Veneto.
Ci spiace solo constatare che una parte consistente del gruppo consiliare del Partito Democratico in Consiglio regionale del Veneto abbia sottoscritto l’esilarante interrogazione contro la caccia del povero Andrea Zanoni, forse tentando di confortarlo per il fatto che, da quando è entrato in Consiglio regionale, non gli è ancora stato consentito di toccare palla dal momento che nulla di concreto parrebbe essere sinora scaturito per i veneti dal suo inconcludente impegno politico.
Sergio Berlato
Presidente della terza Commissione permanente del Consiglio regionale del Veneto
Coordinatore regionale per il Veneto di Fratelli d’Italia-AN