Le Beccacce di Natale
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Sardegna, dicembre 2017. Nonostante le vicissitudini del calendario venatorio, la chiusura alla Nobile Stanziale, la campagna deturpata dal grande caldo, la siccità ancora presente… Adesso, finalmente, si và per Beccacce.
Io e Paco, il mio drahthaar, siamo a 500 metri s.l.m., la zona è collinare, in parte boscata e impegnativa e in parte più aperta con ampie radure di cisto basso, felci, roveti e querciole sparse.
Il Natale è alle porte, la campagna ha assunto il suo aspetto invernale, solo il clima ancora è fuori stagione ma è tornato il vento, quello che mancava da tempo, tanto forte da portar via anche la pioggia di cui ancora la nostra isola necessita.
Vento che anche oggi la fa da padrone, spazza letteralmente la prima tanca, la più alta, molto fitta e sporca, dove, subito a ridosso del muretto a secco che ne delimita il confine, al bordo di una grande pozza d’acqua Paco inquadra la prima, degna di vera lode.
La prende subito a testa alta, con il vento a favore, e in pochi metri è già dentro allo sporco, sparito alla mia vista!
Mantengo il collegamento con le note del campano… il suono scorre veloce, capisco subito che la regina è in fuga di pedina… poco dopo, infatti, al bordo della fascia Paco si blocca nel primo spiazzo al pulito… pochi secondi e rompe accennando di coda… è andata… ha anticipato il cane, nel silenzio più assoluto, vederla poi…
Neanche il tempo di pensare alla possibile rimessa e Paco riparte… venti metri più giù c’è il fosso, uno spiazzo di macchia bassa circondata da qualche quercia, dove entra, prepotente, un raggio di sole.
Faccio in tempo, distante, a vedere il cane ancora in ferma e Lei, indemoniata che si invola un’altra volta da sola, punta diritta la chioma del leccio e sparisce dalla parte opposta…
Vedo la sua ombra, chiara, perfettamente disegnata sul terreno…
Quando esco dallo sporco del bosco davanti a me si apre una grande radura di cisto basso e querciole sparse, mentre sulla mia destra il bordo della stessa tanca si affaccia sulla scarpata di sotto.
Paco tiene il filo, è già in cerca sul limite del dirupo…lo spazio è stretto e nel bel mezzo l’ostacolo di una grande roccia…con la coda dell’occhio ho visto che il cane ha preso l’emanazione forte, è schiacciato a terra, mi guarda e in un attimo l’aggira dal di sotto per spingerla verso di me… la beccaccia, scaltra, si invola ancora più cattiva dalla parte opposta del roccione per tagliare sul mio traversone sinistro… proprio dove pensavo.
La prima botta, anche lunga, chiude il primo capitolo.
Cade colpita d’ala tra la macchia bassa del pianoro e lascio che Paco concluda tranquillo il suo meritato riporto.
Io, seduto su una roccia, mi godo lo spettacolo e lo aspetto.
Dopo le dovute coccole e un attimo di pausa, si riparte.
Il maestrale soffia sempre più forte, a momenti si fatica a stare in piedi, quindi decido di spostarmi di lato, poco distante, nella parte di sotto, in pendenza e riparata dal vento di nord ovest.
Nel tagliare la strada sterrata interna che porta all’ovile, vedendolo impegnato con il bestiame, non perdo l’occasione, sebbene distante, di fare un cenno con la mano per salutare l’amico allevatore… Bona die!
Attraversato il varco del muretto a secco a pochi metri, siamo di nuovo in caccia, Paco è davanti a me, praticamente nel pulito… prato selvatico, asfodelo e poca macchia rada di cisto basso, lo sporco vero e proprio è poco più in là, oltre l’ennesimo muretto, quando Paco, di colpo, si arresta in mezzo al pulito… pochi secondi e rompe per riprendere con una filata lenta e continua andando a bloccare sul primo bordo del cisto.
Mi chiedo perché in campo aperto tenga la ferma così a lungo, probabile che sia nuova della zona… e attendo, pronto, alle spalle del cane che non batte ciglio.
Finalmente da un ciuffo di cisto si invola cattiva e in un colpo d’ala piega verso l’alto della spalla, puntando il sole ancora basso… con la prima stoccata spiuma e tira giù il carrello…con la seconda la sbaglio di brutto…ma la vedo andar via a fatica, aspetto che cada da un momento all’altro…ma continua a salire, sempre più lenta, fino a scomparire alla mia vista al di là della collina.
Il mio vecchio in questo caso avrebbe detto “arrunzonada”, tradotto letteralmente: colpita alle reni, nel senso che teneva piombo e andava finché le forze non l’abbandonavano.
Sono certo che dove ha toccato terra è rimasta e con Paco prendiamo subito l’erta salita nel tentativo di ritrovarla, ben sapendo che non sarà facile, anche perché oltre il punto dove ha scollinato non conosco il territorio…
Passato quindi sul versante opposto, trovo il terreno spoglio di vegetazione e l’occhio mi cade, poco distante, in una piccola tanca recintata da un vecchio muretto circolare dove probabilmente una volta tenevano i bovini, ora fitto di rovi e difficile da controllare.
Con calma cerco di trovare qualche vecchio passaggio prestando l’orecchio al suono del campano che da lì a poco mi mette in allarme… è troppo lento ma costante per non essere niente di importante… Paco è avanti di una ventina di metri oltre un grande rovo e mi è impossibile vederlo, ma il suono del campano è sempre più debole… fino al silenzio assoluto!
Con un fischio quasi impercettibile lo richiamo… non si muove foglia.. per fortuna o per caso trovo da aggirare lo stesso rovo e posso vedere Paco qualche metro più in là… bloccato a testa alta con lo sguardo verso terra…mi avvicino lentamente, passo dopo passo… e la vedo… riversa sul prato, riconosco subito il piumaggio più chiaro del petto… ha finito qui la sua fuga, come immaginavo.
Lascio che il cane porti a termine il suo capolavoro per premiarlo con un abbraccio forte, questa Beccaccia è tutta sua.
Già da qualche giornata, con l’uso di cartucce mai provate prima, molto probabilmente a causa della forte umidità del periodo, mi ero accorto che qualcosa non andava, soprattutto confronto alle cartucce sempre usate.
Voglio comunque ritornare giù nel pulito dove Paco l’ha inquadrata e controllare bene attorno, sono certo che a causa del forte vento ci sia stato spostamento.
Come pensavo infatti, poco sotto al punto dell’involo della beccaccia precedente, nel basso della spalla che fa pianoro poco lontano dall’ansa del fiume, Paco è ancora in allarme tra i roveti dove la pioggia della notte ha creato un pantano, e insiste in pochi metri quadrati a trovare il bandolo della matassa…
Che trova ancora una volta nel pulito del prato, dove cade in ferma.
La testa rivolta ancora verso l’alto della collina… immobile e attento, io poco dietro pronto a servirlo.
La regina, ancora una volta dal pulito, si alza a colonna e un attimo prima che cambi direzione, faccio fuoco… qualche piuma svolazza nell’aria… faccio fuoco ancora una volta, la regina sbanda ma continua il volo verso l’alto, ripetendo esattamente il percorso della precedente… poi, all’apice dello scollinamento, perse le forze, cade tra le rocce.
Paco, come me, ha visto e capito tutto, in pochi secondi è già di sopra, la abbocca e tronfio scende verso di me a consegnarmela… un capolavoro.
Ancora una volta, direi di troppo, la cartuccia non mi convince assolutamente, tornerò di sicuro al passato…alla certezza.
Guardo l’ora, non sono ancora le dieci e la giornata, ahimè, è già terminata. Il limite del carniere giornaliero è raggiunto, per il momento facciamo una pausa, sebbene forzata.
Divido il panino, come sempre, con Paco, rimonto la cinghia sullo schioppo… non la uso mai durante la caccia… e rientriamo con calma verso la macchina.
Durante il tragitto, in tutto relax come a Caccia non accade quasi mai, Paco ne trova altre due, addirittura in coppia.
Sono infilate bene dentro una spalletta boscata, sporca e difficile. Lascio divertire il drahthaar e mi godo tutto il suo gran lavoro. Spettacolo!
Magari ci rivediamo giovedì… per oggi, grazie Paco per il bellissimo regalo di Natale.