Caccia e GiovaniRubriche

Un’apertura differente

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Siamo alla terza domenica di settembre, le temperature calano, il vento torna a far muovere le foglie dei pioppi di Po. Il canto del fagiano mentre il Sole tramonta è un bentornato a quella stagione che porta alcuni uomini a passare giornate intere nei posti dove i nostri vecchi hanno scritto la storia della caccia. Come un’auto in riserva troviamo la nostra benzina tra i boschi, con al nostro fianco amici a due e a quattro zampe che inseguono lo stesso obiettivo, le stesse emozioni, lo stesso voler essere liberi da pensieri e problemi della quotidianità. L’arrivo dell’autunno, improvviso e talvolta insperato, porta cambiamento nelle abitudini degli uomini e nelle loro giornate. Le albe e i tramonti d’autunno sono più belli, sia nei colori che nelle emozioni suscitate, col fucile in spalla e mille sogni nella testa.

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Serbatoio in riserva

Sto preparando uno scritto sul rapporto cane-cacciatore e sulla mercificazione del cane da caccia quando di colpo passa l’ispirazione e la penna si ferma. Forse perché ho la testa e il cuore che non girano bene, ingolfati dalle vicissitudini della vita. La prima fottuta da un mondo che premia troppo spesso i poco meritevoli, lasciando agli altri briciole e mal di pancia. Il secondo rotto da chi ha promesso di sistemarlo, calpestato senza rimorso con scarpe chiodate. “Meno male che tra un po’ comincia la caccia…” Penso tra me e me.

Magari con l’inizio della caccia torna anche l’ispirazione. Immagino già la gioia dei cani nel vedermi uscire di casa con fucile e cartucciera, benzina per un motore in riserva. Poi però, come in un film, arriva il colpo di scena che invece di rialzarti manda giù ancor di più voglia e speranza. Il TAR fa il gioco della LAC e per la prima e spero l’ultima mi ritrovo da solo sul Grande Fiume, sponda piacentina, nel capanno ad attendere un’alba alle anatre che non sapeva di apertura.

Sono solo nel silenzio di Po, padre e figlio piacentini nel capanno vicino al mio si fanno compagnia sperando in qualche anatra di alba. Un po’ li invidio, io non ho al mio fianco chi mi ha contagiato del mal di Po, ci sto male, quasi mollo tutto ma un volo di alzavole all’orizzonte mi fa ripartire il cuore e richiami in mano comincio a farmi valere. Ma la testa non c’è e quando imbraccio l’Urika si vede…

Sbandate e emozioni

Mentre torno a casa ho la testa altrove e senza accorgermene comincio a tirare la mia Panda sull’argine maestro di Po. Perdo il controllo della vettura, che sbanda sulla ghiaia e solo grazie ad un riflesso impensato riesco a non ribaltarmi giù dall’argine. Mi ritrovo con la macchina piena di polvere e di erba secca ferma a metà costone dell’argine.

Adagio la porto sul piano e comincio a realizzare ciò che mi è appena capitato. Sono vivo, la macchina ha una ruota fuori uso ma la cosa più importante è la prima. Mentre cambio la ruota penso e ripenso al fatto appena accaduto e a quanto sia importante godere al massimo ciò che di buono o meno buono ci offre la vita, possibilmente al fianco delle persone giuste.

Non ci si pensa spesso a queste cose perché tendenzialmente si ricercano altre emozioni, altri stimoli, sensazioni che appagano inizialmente ma che nel lungo non restituiscono niente. Ad esempio non credo di aver mai realizzato come in quel momento quanto è bello poter cacciare con i propri cani insieme a chi ti ha trasmesso la passione della caccia. Oppure quanto è significativo ed importante un semplice sguardo del buon Franco mentre parliamo di caccia e di Po. Quello sguardo ricco di lacrime vale mille parole, sà di vento freddo in una mattina di dicembre, che punge prima la pelle e poi l’animo. Qualcuno queste cose se le fa scivolare addosso, io stesso ci ho provato ma non ci riesco. Sono dipendente da queste emozioni e la caccia, i cani, il Po sono i miei principali dispensatori. Emozioni che racchiudono il senso della vita, del bello e del brutto che ci circonda, condizionando le nostre esistenze.

Il tempo non lo fermi

Sembra ieri che una volta finita la prima cacciata dell’anno, sistemati cani e carniere, io e mio papà ci uniamo ad una tavolata di amici nella casetta dei pescatori vicino alla chiesetta di San Mauro, in piena golena pavese. Con noi ci sono amici storici, cacciatori e non, che tra un panino col salame, del buon vino e il risotto con la pasta del salame ci godiamo la bellezza di quel momento ridendo, parlando di caccia, lasciando in un angolo problemi della quotidianità, rivalità venatorie e tutto ciò che porta tristezza.

Mio papà e gli amici di caccia al termine di una proficua mattinata in golena di qualche anno fa, culminata con un brindisi di rosso e un salame affettato nella casa dei pescatori.

Poi arriva il tempo e crudele come una sentenza porta via tutto il bello di quei momenti. Alcuni di quegli amici muoiono, altri si trasferiscono a centinaia di chilometri di distanza, altri invecchiano e mollano la caccia. La magia sembra finita. Sento spesso il mio vecchio ricordare quei momenti con rammarico, lo vedo ridere nel ripensare a tutti gli scherzi fatti in casa di caccia, mentre cacciamo nei “nostri posti” si ferma e guarda alcune piante o alcuni cespugli, simboli di momenti che lo hanno condizionato significativamente.

Durante questa apertura ho pensato spesso a ciò, ho visto la morte in faccia e ho capito l’importanza delle piccole cose, non vanno fatte scivolare ma accompagnate e gustate come del buon vino, in compagnia di chi merita.

Dalla prossima cacciata mi riprometto di provare a godermele tutte queste piccole cose, forse più importanti di carnieri roboanti o di azioni memorabili, perché permettono la costruzione di qualcosa a livello umano, utile oggi o domani per una qualsiasi relazione o esperienza di vita. Non permetto al tempo di fare ciò che vuole, portandosi via tutto ciò a cui tengo, lo provo a frenare, a calmare e mi godo tutto ciò che mi manda, provando a trarre il massimo insegnamento possibile. E lo faccio al fianco di mio papà, inseguendo i miei Spinoni, con magari la giusta compagnia di amici ma mantenendo quel senso di appartenenza, di rispetto che mi lega al mio territorio, alla mia passione, ai selvatici che caccio. Viva la caccia!

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piero
piero
2 anni fa

Un bellissimo articolo che, mi ha fatto ricordare le tante emozioni nei miei oltre 50 anni di attività venatoria. Mi sono emozionato.

Francesco isola
Francesco isola
2 anni fa

Credo siamo rimasti in pochi a spiegare cosa vuol dire essere cacciatore e non sparatore. Complimenti all amico che ha espresso con poche parole la poesia della nostra passione.

Mario
Mario
2 anni fa

Anch’io ho fatto 25 anni di caccia sul po, leggendo il racconto sognavo a occhi aperti, vedevo tutte le mie avventure, le mie paure, condivise con gli amici Luciano e Ivano E’ vero, le emozioni delle albe e dei tramonti sul po rimarranno nel mio cuore fino alla fine di un cacciatore incallito.
Viva la caccia

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