Assoarmieri: “Ecco perché invitiamo i cacciatori italiani a votare No al referendum”
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Molte associazioni ed esponenti del mondo venatorio italiano, come il Consigliere Regionale veneto Sergio Berlato, l’Associazione Cacciatori Lombardi, l’Associazione Cacciatori Veneti – Confavi e l’Associazione Caccia Pesca Ambinete, hanno già fatto un endorsement per il NO sul referendum costituzione del 4 dicembre. A questi ora si aggiunge anche Assoarmieri, l’Associazione Nazionale dei commercianti, intermediari e appassionati di armi comuni da sparo, che con il comunicato che vi riportiamo di seguito, ha inviato anch’essa i cacciatori italiani a votare NO al referendum costituzionale.
Se vogliamo salvaguardare la nostra passione dobbiamo respingere con fermezza questo tentativo di riforma Costituzionale che pone nelle mani dei nostri nemici strumenti ancora più pericolosi per penalizzare le nostre attività.
La riforma metterebbe nelle mani del Governo centrale e dei burocrati dei Ministeri romani, che troppo spesso si sono dimostrati acerrimi nemici della caccia, il potere esclusivo di agire su materie che interessano le nostre attività, come ad esempio l’ambiente, e sulle quali le Regioni non potranno più intervenire con propri strumenti legislativi.
Abbassando il quorum per i quesiti referendari c’è il rischio concreto che minoranze organizzate impongano le loro volontà su temi specifici. Questa riforma costituzionale, se venisse approvata attraverso il referendum del 4 dicembre p.v., permetterebbe ad alcuni soggetti fortemente ideologizzati di utilizzare lo strumento referendario come una clava da usare contro tutte quelle attività che gli stessi non condividono e che vorrebbero venissero fortemente limitate o abolite: prima tra tutte la CACCIA.
Il potere di abrogare una norma non sarebbe più riservato al 50%+1 degli aventi diritto al voto, ma alla maggioranza di un numero di elettori equivalenti a quelli che si sono recati alle urne nell’ultima tornata elettorale per l’elezione della Camera dei Deputati. Calcolando un’affluenza alle urne che si aggira mediamente attorno al 60/70% degli elettori, ai nostri nemici basterebbe una percentuale molto più bassa (attorno al 30-35% del totale degli aventi diritto) per rendere valido il referendum. Il referendum contro la caccia promosso dai Verdi nel 1990 raggiunse un’affluenza alle urne pari al 43,36% degli aventi diritto al voto.
SE NEL 1990 SI FOSSE VOTATO CON LE MODALITÀ PROPOSTE DALLA RIFORMA COSTITUZIONALE DI RENZI, QUEL REFERENDUM SAREBBE PASSATO E AVREBBE RAPPRESENTATO L’INIZIO DELLA FINE DELLA CACCIA IN ITALIA.
Gli animal-ambientalisti non si lascerebbero sfuggire l’occasione per sferrare un attacco al mondo venatorio, così come hanno già tentato in passato, trovando però in questa occasione condizioni a dir poco favorevoli.
NON DARE ULTERIORI STRUMENTI A CHI VORREBBE LA TUA FINE – IL 4 DICEMBRE VOTA NO!
Fonte AssoArmieri