Gli uccelli stanno scomparendo dalle campagne ad una “velocità vertiginosa”. Colpa delle pratiche agricole
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“La primavera 2018 si annuncia silenziosa nelle campagna francesi”. Con questo titolo, lo scorso 20 marzo, sono stati presentati in Francia i risultati di due importanti studi scientifici condotti dal Centre national de la recherche scientifique (CNRS) e dal Muséum national d’Histoire naturelle (MNHN), che dopo oltre 15 anni di studio, sono giunti alla stessa conclusione: “gli uccelli della campagna francese stanno scomparendo a una velocità vertiginosa. In media, le loro popolazioni si sono ridotte di un terzo in 15 anni. E vista l’accelerazione delle perdite negli ultimi due anni, questa tendenza sembra lontana dal ridursi”.
Come si è giunti a questo risultato
Il primo dei due studi è stato condotto a livello nazionale grazie a un programma scientifico partecipativo, gestito dal Muséum national d’Histoire naturelle, chiamato STOC (Suivi Temporel des Oiseaux Communs) che produce degli indicatori annuali (qui gli ultimi risultati pubblicati) sull’abbondanza delle specie in diversi habitat (foresta, città, campagna, ecc.). Nell’ambito di questo studio, le indagini condotte nelle aree rurali hanno evidenziato che a partire dagli anni ’90 c’è stata una diminuzione delle popolazioni di uccelli che vivono nelle aree agricole. In 15 anni, le specie specializzate di questi ambienti, come l’allodola, la sterpazzola o l’ortolano, hanno perso in media un individuo su tre. E le cifre mostrano che il declino si è intensificato nel biennio 2016-17.
Questi risultati nazionali sono stati confermati da un secondo studio condotto su scala locale dal CNRS, nell’area-laboratorio di “Plaine e Val de Sèvre“: una piana agricola di oltre 45o km² situata nel dipartimento di Deux-Sèvres, studiata fin dal 1994 da agronomi ed ecologi del CEBC (Centro di studi biologici de Chizé ). Lo studio ha evidenziato che in 23 anni tutte le specie di uccelli che abitano questa piana agricola hanno visto diminuire la loro popolazione: l’allodola ha perso il 35% della sua popolazione (più di un individuo su 3) e le pernici si sono quasi decimate perdendo 8 individui su 10 su dieci.
La causa del declino
“‘I risultati di questi due studi coincidono ampiamente e dimostrano un calo notevole delle specie specifiche delle pianure agricole, come l’allodola. Ciò che è molto inquietante –sottolinea l’ecologo Vincent Bretagnolle, ricercatore al Centro di studi biologici de Chizé, in un’intervista rilasciata al giornale francese Le Monde – è che, nella nostra zona di studio, le specie non specifiche di ecosistemi agricoli, come il fringuello, la tortora, il merlo o il colombaccio, diminuiscono ugualmente”. Ma Secondo i dati STOC, le specie generaliste non diminuiscono a livello nazionale, quindi la diminuzione osservata è specifica dell’ambiente agricolo, e per i ricercatori ha senza dubbio un legame con il calo degli insetti riconducibile alle pratiche agricole adottate.
Questa massiccia scomparsa d’insetti, osservata a differenti livelli, è concomitante con l’intensificazione delle pratiche agricole avvenuta negli ultimi 25 anni. E in particolare nel biennio 2008-2009, periodo in cui è terminata l’obbligatorietà della messa a dimora degli incolti imposti dalla Politica Agricola Comune, è ripresa la sovra-concimazione col nitrato (per avere del grano superproteico) ed è divenuto generalizzato l’utilizzo dei neonicotinoidi, pesticidi neurotossici molto persistenti.
Un calo degli insetti che è stato analizzato e confermato anche in Germania, con un lavoro pubblicato ad ottobre 2017 sulla rivista PloS One, in cui i ricercatori diretti da Caspar Hallmann (università Radboud, Olana), per la prima volta, hanno quantificato il massiccio declino degli invertebrati: secondo i loro dati, dall’inizio degli anni ’90 il numero di insetti volanti è diminuito dal 75% all’80% su tutto il territorio tedesco. Risultati che sarebbero coerenti con quanto osservato in Francia, nella zona-laboratorio di Plaine et val de Sèvre, dove il carabo, il coleottero più comune di questo ecosistema, ha perso circa l’85% delle sue popolazioni durante gli ultimi 23 anni.
Gli effetti sugli uccelli
La diminuzione degli insetti si riflette negativamente su tutte le specie insettivore, ma anche su quelle granivore che hanno una fase insettivora all’inizio della loro vita. A questo si aggiunge anche un degrado ambientale generalizzato: “Ci sono meno insetti, ma ci sono anche meno piante selvatiche e, quindi, meno semi che sono una fonte maggiore di nutrimento per numerose specie di uccelli’, spiega a Le Monde Frédéric Jiguet, professore di Biologia della conservazione al Muséum national d’Histoire naturelle e coordinatore della rete di osservazione STOC. Il fatto che gli uccelli stiano male indica che è l’insieme della catena trofica che sta male. E questo include la microfauna dei suoli, vale a dire ciò che li rende vivi e permette le attività agricole”.
Quali soluzioni adottare?
La situazione francese non è diversa da quella riscontrata nel resto d’Europa e l’unica soluzione attuabile per invertire questa tendenza sembra essere una revisione totale della Politica Agricola Comune, come spiega Frédéric Jiguet: “Tre paesi europei, l’Olanda, la Svezia e il Regno Unito hanno attuato volontariamente delle politiche nazionali per invertire questa pesante tendenza, modificando marginalmente il modello agricolo dominante. Nessuno di questi tre Paesi è riuscito a invertire la tendenza: per ottenere un effetto tangibile, bisogna cambiare le pratiche agricole su considerevoli superfici. Altrimenti, gli effetti sono impercettibili. Questo non è un problema degli agricoltori, ma del modello agricolo: se si vuole stroncare il declino della biodiversità nelle campagne, bisogna cambiarlo, con gli agricoltori”.