Il referendum sulla caccia non si farà. Ora è necessario migliorare l’immagine del cacciatore
La Corte di Cassazione ha ritenuto nulle oltre 170 mila firme. È un buon segnale per il mondo venatorio che però non deve cadere in facili entusiasmi. La sfida si ripresenterà ed è bene lavorare fin da subito per farci trovare pronti.
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Il referendum sulla caccia non si farà. È bastato il primo scoglio normativo, la raccolta di 500 mila firma valide, per far naufragare il progetto referendario con cui alcuni animalisti volevano cancellare l’attività venatoria. Molte delle 520 mila firme raccolte dal Comitato Si Aboliamo la Caccia, infatti, non sono state ritenute valide dalla Corte di Cassazione, motivo per cui il quesito referendario è stato considerato non ammissibile alla fase di votazione.
La Corte annulla 177 mila firme
Ad annunciarlo sono stati gli stessi promotori, con un comunicato pubblicato sulla loro pagina Facebook, in cui ammettono che la Cassazione, riscontrando varie irregolarità, ha considerato nulle 130.000 firme cartacee e 47.000 firme digitale, per un totale di oltre 177.000 firme.
I promotori si lamentano del fatto che la Cassazione non ha tenuto conto del “materiale oggetto del successivo deposito del 19 novembre 2021”, arrivato alla Corte ben oltre i termini previsti dalla legge (il 30 ottobre) e quindi giustamente non considerato. Così come si lamentano che “non sia stata nemmeno riconosciuta l’inadempienza dei Comuni, che resta, di fatto, ed ingiustamente a carico del Comitato Promotore”.
Ma tant’è, la Corte si è espressa, le lamentele resteranno tali e il referendum per abolire la caccia non si farà. Questo è quello che conta di più per i cacciatori italiani. Lasciatemi però fare alcune considerazioni sull’esito di questa proposta referendaria.
Un buon segnale per il mondo venatorio, che va analizzato in modo razionale
Il fallimento della raccolta firme è sicuramente un buon segnale per il mondo venatorio italiano. Nonostante i tempi lunghi che i promotori hanno avuto a disposizione (oltre ai 3 mesi previsti dalla costituzione il Consiglio dei Ministri ha aggiunto altri 30 giorni a causa dell’emergenza Covid) e il nuovo meccanismo della firma digitale che avrebbe dovuto rendere più agevole la raccolta, le tesi anticaccia non hanno avuta una gran presa sull’opinione pubblica.
Segno evidente che l’attività venatoria non è così odiata come qualche animalista vorrebbe farci credere e che la sua abolizione non suscita grande interesse. Lo rende evidente il confronto con le tematiche affrontate dalle altre proposte referendarie che hanno, invece, agevolmente superato la soglia della 500 mila firme raccolte.
È meglio però non farsi prendere da facili entusiasmi e analizzare in un modo più razionale e profondo il risultato. Va sottolineato che questo referendum anticaccia è stato promosso da un piccolo gruppo di animalisti, perlopiù sconosciuti all’opinione pubblica, che non avevano particolari agganci né fra i media nazionali né fra le forze politiche (tranne qualche esponente del Movimento 5 Stelle). E nonostante questo sono riusciti ad avvicinarsi pericolosamente alla soglia utile per portare il referendum al voto.
E va anche considerato che le più importanti associazioni animaliste, quelle che hanno un certo impatto mediatico e possono realmente influenzare l’opinione di centinaia di migliaia d’italiani, hanno di fatto boicottato il referendum non appoggiandolo. Se queste associazioni fossero scese in campo, probabilmente ora starei commentando un risultato diverso.
Quanto è conosciuta la caccia in Italia?
In totale onestà, credo che la raccolta firme sia fallita perché alla grande maggioranza degli italiani poco importa della caccia. Non la conoscono quasi per nulla e non hanno una solida opinione su di essa, né favorevole né contraria. Hanno solo una vaga idea di che cosa sia, di come si pratica e di come è regolamentata. Un’idea debole, il più delle volte sviluppata per “sentito dire”. Un’idea che può essere facilmente cambiata da una comunicazione efficace e persuasiva.
E per questa volta ci è andata bene. Perché i promotori del referendum, non avendo né la forza economica né quella mediatica per diffondere le loro compagne promozionali, non sono riusciti a manipolare su larga scala questa vaga idea che gli italiani hanno della caccia, portando di fatto a firmare solo chi già aveva una profonda avversione per questa attività, e pochi altri.
Ma la prossima volta che qualcuno si presenterà con la proposta di abolire la caccia, e state pure certi che prima o poi accadrà, con forze diverse in campo il risultato potrebbe essere differente.
È tempo di lavorare sodo
Per questo ora, come cacciatori, non dobbiamo commettere l’errore di adagiarsi sul risultato. Dobbiamo lavorare sodo, fin da subito, per trasformare quella vaga idea che gli italiani hanno della caccia in un’opinione ben formata e favorevole all’attività venatoria.
E questo lo possiamo fare in un solo modo: parlando con la società civile, mostrando chi siamo, spiegandogli che cosa vuol dire cacciare nel 2021, migliorando il modo cui ci relazioniamo con loro, ascoltando le critiche che ci vengono mosse, accettandole e cercando soluzioni per superarle, ponendoci come interlocutori pronti a risolvere i problemi ambientali e faunistici che affliggono i nostri territori.
Solo così, lavorando sodo e andando tutti assieme nella stessa direzione, potremo migliore l’immagine del cacciatore, scrollarci di dosso quell’alone negativo con cui le associazioni animaliste ci dipingono e farci trovare pronti per il prossimo referendum con cui qualcuno cercherà di far sparire la nostra passione.
Purtroppo questi cacciatori hanno molta gente che prende soldi da loro e non è stato difficile truccare tutti i referendum anche perché contrariamente ad altri paesi anche più poveri dell’ Italia, qui gli animali non hanno nessun diritto.
Io abito in un Umbria e una settimana fa i cinghialisti hanno lasciato due scrofe gravide, io non dico di abolire la caccia ma di mettere al gabbio certi cacciatori
Sono molto soddisfatto della decisione presa dalla Corte di Cassazione nel ritenere nullo il Referendum.
Ora è necessario migliorare l’immagine del cacciatore.
E’ bene incominciare subito dare una corretta informazione nelle scuole tutte, dalle elementari alle università spiegando che l’essere umano ha praticato la caccia da quando è esistito, indispensabile per il proprio sostentamento e poi ha continuato a tutt’oggi a praticarla per passione. Una passione appunto che deriva da un primordiale, ancestrale bisogno umano.
Potrei continuare all’infinito, ma penso sia chiaro il mio pensiero sperando sia condiviso da tutti , specialmente ai detti ai lavori.
AUGURO ALLA DIRIGENZA DELLA FEDERAZIONE DELLA CACCIA DI IMPEGNARSI AL MASSIMO NELLA DIVULGAZIONE DI UNA CORRETTA INFORMAZIONE . Cordiali Saluti Nanni Rabbò
Salve.
Concordo quasi pienamente col commento.
Mi permetto di fare qualche osservazione.
Probabilmente ne passerà di tempo prima che ci riprovino, perchè stavolta hanno perso un treno storico: ovvero il fatto che se il referendum fosse passato, si sarebbe votato insieme ad altri quesiti referendari che hanno raccolto firme a furor di popolo ed allora addio mancanza di quorum.
Adesso altre cose del genere all’orizzonte non si profilano e poi i referendum continui, come dimostrano le esperienze passate, alla fine “stancano”, come è successo ai radicali passati da grandi quesiti civili a proposte bislacche disertate dalla maggior parte degli elettori.
Inoltre, e forse pecco di ottimismo, forse le storiche associazioni ambientaliste hanno snobbbato il referendum perchè non ci sono più tanto ostili come in passato.
Premesso questo, nell’ intervallo di tempo che ci è concesso, bisogna lavorare sodo.
Come?
Anzitutto smettendo di litigare fra noi e unendoci in un unica associazione venatoria.
Eppoi, e dico un’eresia, cercando di gettare un ponte con le associazioni animaliste meno radicali.
Inoltre promuovendo la ns immagine presso la gente, facendo loro capire che è peggio di un cacciatore che va a far la spesa dal macellaio. Che non è migliore di un cacciatore un pescatore, io lo sono, solo perchè non fa bum.
E la gente non ha certo voglia di diventare tutta vegana.
E impegnandoci a livello ecologico con iniziative ampiamente da pubblicizzare come pulizia dei boschi ecc
Io stesso anni fa andai ad un’iniziativa di pulizia dei boschi del WWF dicendo a tutti che ero un cacciatore: ma se ci fossi andato con altri cacciatori dopo un adesione ufficiale dell’associazione venatoria in cui milito l’effetto sarebbe stato senz’altro maggiore.