La tecnologia a caccia: il punto di vista di un giovane cacciatore
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Se fino a dieci anni fa l’unico sistema per localizzare un cane a lungo raggio erano delle arcaiche antenne collegate a dei primitivi radio collari, adesso con i moderni palmari, è possibile tracciare e visualizzare in tempo reale posizione e velocità del vostro ausiliare, sia esso un cane da seguita impegnato in una canizza oppure uno da ferma intento ad esplorare un bosco. I dispositivi satellitari magari abbinati ai sempre più moderni e funzionali beepers (ovviamente per i cani da ferma), ci consentono una molteplice possibilità di azione sui nostri amici a quattro zampe, e diciamocela tutta, facilitano e non di poco “il lavoro” del Cacciatore.
C’è a chi piace e a chi non piace
Questo incremento esponenziale dell’utilizzo della tecnologia a caccia è causa di diverbi ed accese discussioni tra i Cacciatori di tutte le categorie, si trovino essi al bar, a caccia o comodamente seduti dietro lo schermo del computer.
Le posizioni su questo tema sono tra le più svariate senza distinzioni di categoria, dal cinghialaio al beccacciaio, dal lepraiolo al cacciatore di montagna, tutti hanno un’opinione in merito ed utilizzano chi più chi meno (qualcuno proprio per niente) la tecnologia durante lo svolgersi dell’attività venatoria. Il range di opinioni è veramente molto ampio: andiamo dalle posizioni più conservatrici (delle volte quasi radicali aggiungerei…) che vedono l’utilizzo della tecnologia a caccia come un male, uno snaturamento della poesia venatoria inaccettabile all’esatto opposto; cacciatori forniti di gps dall’orologio ai cani, muniti di telecamere dallo smartphone agli occhiali, cacciatori la cui pelle non viene sfiorata da un rovo grazie ai più moderni e tecnologici capi d’abbigliamento.
Ma in tutto questo, “la ragione” (se così vogliamo chiamarla) dove sta’?
Al solito (come d’altro canto in quasi tutte le questioni della vita e della caccia) dal mio punto di vista “il giusto” sta’ nella fatidica via di mezzo, cioè quella soluzione moderata che ci consente di vivere serenamente la nostra passione, pur stando al passo con i tempi. I sostenitori di entrambe le linee di pensiero dovrebbero fermarsi a riflettere e ragionare sul perché viene fatto o meno un determinato utilizzo della tecnologia in ambito venatorio, e perché un cacciatore decide di dotarsi di un determinato dispositivo durante la caccia.
Scendiamo nel pratico: se è vero ad esempio che oggigiorno acquistare un beeper per chi caccia con i cani da ferma rientra nella normalità, non corrispondendo necessariamente ad un accanito desiderio di voler incarnierare a tutti i costi, è altresì realtà che con i moderni satellitari che da qualche anno calcano i mercati il discorso è più articolato e dà spazio a più interpretazioni.
Per i cinghialai
La prima cosa da tenere in considerazione è il tipo di caccia che viene praticata, per un canaio che caccia il cinghiale con i cani da seguita il palmare a mio avviso diventa un mezzo preziosissimo e delle volte riuscire a raggiungere il proprio ausiliare in tempo può evitarne il ferimento oppure l’uccisione. Quindi se con l’aiuto della tecnologia riusciamo a toglierlo da situazioni potenzialmente pericolose se non fatali, perché negarci l’utilizzo di questi dispositivi? E’ forse poco etico salvare la vita al nostro cane? (ovviamente ho voluto estremizzare per meglio rendere l’idea del concetto).
Per i pennaioli
Se per il cinghialaio la questione si può dire risolta, ben diverso è per il pennaiolo, cacci esso il fagiano, la pernice o la beccaccia. Sappiamo bene che la tendenza dei cani d’oggi (e mi riferisco alle razza che vanno per la maggiore tra i cacciatori “da ferma” italiani) sempre più spinti e veloci dalla selezione cinofila, è quella di allungare molto per andare a reperire il selvatico, sia che ci si trovi in un campo che nel fitto di un bosco. Oggigiorno sono ben pochi i beccacciai che cacciano come una volta (forse un po’ anche perché spesso basta comprare un cane, un collare, andare per boschi e subito sentirsi tali…), cioè con il cane ad un tiro di schioppo, munito di un bel campano legato al collo oppure in vita e con andatura rigorosamente lenta… Ovviamente il purista del campano (strumento oggettivamente utile ed affascinante) non avrà mai un cane che nella ricerca si spinga a centocinquanta o duecento metri, cosa che di fatto lo renderebbe il più delle volte inservibile una volta andato in ferma.
Secondo voi un cane con un range di ricerca ampio (che badate bene non è necessariamente sinonimo di scollegamento dal padrone, ci sono cani cha aprono 400mt ma sanno benissimo dove si trova il proprio conduttore) munito di beepers e satellitare deve essere per forza sintomo di bramosia di abbattimento? Oppure semplicemente è il mezzo più adatto a reperire quel determinato tipo di cane senza nulla togliere al piacere della caccia?
La mia esperienza
Come avrete letto nei miei precedenti racconti riguardanti il percorso che mi ha formato come cacciatore, la mia Diva non è certo cane di corto raggio, quindi dopo il primo anno mi munii subito di un beeper (un po’ per ovviare alla mia incapacità di dressaggio, un po’ perché come giovane è difficile rinunciare a qualcosa di nuovo), che in principio utilizzai per la caccia al fagiano e tutt’oggi utilizzo nel bosco alla ricerca della Beccaccia. La cosa che ebbi subito modo di constatare e che forse sfaterà una delle credenze che va’ per la maggiore tra i puristi della caccia con il solo campano, fu quella che se un cane è scorretto, scollegato e non rispetta il padrone, beeper o non beeper non si riuscirà comunque a cacciare adeguatamente.
Iniziai a cacciare bene e con discreti risultati il fagiano quando (con il cane dressato e rispettoso nei miei confronti) del beeper ne facevo un utilizzo minimo, magari solo un tono di tanto in tanto per orientarsi e sapere al caso se richiamare il cane o meno. Il mio cane ideale deve sì spingere ma con intelligenza, che poi parliamoci chiaro, con i fagiani di oggi che si sono dovuti adattare ad una condizione predatoria estrema, prendendo abitudini furtive ed estremamente sospettose, (che forse stanno prendendo anche le nostre amate arciere…) con il campano ad avvisare del nostro arrivo dopo l’avvio di stagione se ne farebbero ben pochi.
Concludendo la differenza a caccia la fanno il cane più che il collare, e il cacciatore più che il palmare; consapevoli che un utilizzo moderato e consapevole della tecnologia ci consente di cacciare tranquilli, ma un eccesso snatura invece l’atto venatorio che nella sua primordialità ci riporta alle origini allontanandoci dal tram tram quotidiano e da un mondo che troppo spesso dimentica da dove viene.
La mia, Matteo, è “la posizione più conservatrice, radicale direi” e su questo tema, infatti, anch’io ho scritto un articolo su Iocaccio , “Campano Vs. Beeper, ossia tradizione contro tecnologia nella caccia alla Beccaccia.” La Caccia è poesia, tradizione, rispetto.