L’apertura della stagione di caccia secondo me
Un modo schietto di presentare la mia personale interpretazione della caccia
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Ecco l’alba di una nuova stagione, per quanto mi riguarda è la numero 26. Mi vien da sorridere pensando che fra pochi giorni mi troverò nuovamente insonne a fissare il soffitto di camera mia la notte prima della terza Domenica di Settembre… Lo so, a 44 anni suonati è abbastanza infantile per un cacciatore ormai attempato, ma le emozioni che vivo in momenti come questi sono una droga potente che mi ha stregato tanto tempo fa e a cui non voglio rinunciare mai.
Un anno particolare
Riflettevo anche sul fatto che sarà una stagione anomala, diversa sicuramente dalle precedenti e tutta da vivere e scoprire, perché quest’anno, il 2020, è stato un anno particolare, sotto certi versi tribolato e difficile un po’ per tutti.
Molte cose sono cambiate al sopraggiungere della recessione economica in cui la globalizzazione ci ha trascinato e uno degli effetti di questa globalizzazione selvaggia si traduce nel Covid-19. Molte nostre abitudini sono state infatti modificate o perse per poter convivere con questo virus che sta mettendo a soqquadro il mondo intero e non credo che i cambiamenti siano ancora finiti, per questo sostengo che la nuova stagione sia tutta da scoprire.
Come vivremo quindi le nostre attività venatorie?
Questa è la domanda che spesso mi vien fatta da amici, al bar del paese, in armeria e che spesso mi ritrovo scritta tra le righe di un post pubblicato in uno dei tanti gruppi virtuali di cacciatori che si trovano sui social media.
Facile rispondere: “Per noi non cambia assolutamente niente“, ed è facile intuire perché. Non entro nel merito medico o scientifico della materia virus, perché non sono un virologo ne un ricercatore, tanto meno voglio cedere alla tentazione del negazionismo che va tanto di moda in queste ultime settimane. Ma come tanti ho voluto informarmi, per quanto mi sia stato possibile, sui reali pericoli di questa malattia. Come ormai è noto a tutti il Covid-19 è un virus che si trasmette attraverso gli aerosol emessi dall’essere umano durante la respirazione e permane per lungo tempo nell’aria e sugli oggetti, tenersi lontano da luoghi affollati aiuta quindi a ridurre notevolmente le possibilità di contrarre il virus.
Sulla base di questa logica, il 90% dei cacciatori ha scarsissime possibilità d’infettarsi durante il normale svolgimento delle sue funzioni, eccezion fatta per le attività venatorie che si praticano per regolamento in gruppo, vedi le braccate al cinghiale.
Molti di noi infatti praticano la caccia in solitudine o con l’ausilio di 1 o 2 compari che spesso sono anche famigliari, i famosi “Congiunti” per intenderci, ergo, con l’aiuto della mascherina e della pratica del distanziamento sociale ci si mette più o meno al sicuro dal virus che si spera, scompaia il prima possibile o che venga in qualche modo debellato attraverso la scienza.
Il giorno in cui mi sento rinascere
Fatta questa premessa, esposizione in breve della mia personale opinione sul problema Covid-19 in relazione alle attività venatorie, voglio raccontarvi come sarà la mia apertura di stagione. Voglio farlo perché scrivere della caccia mi aiuta a mitigare l’attesa del gran giorno in cui da sempre mi sento rinascere, perché in fondo per me si tratta di questo.
Traggo un immenso piacere dal sentirmi pervaso da un senso di rinnovamento. Una nuova stagiona per me significa nuove avventure, nuove situazioni, nuovi selvatici con cui confrontarmi e un nuovo me stesso che ogni anno guarda la caccia con occhi sempre diversi, occhi che un tempo sono stati pieni di gioventù, di arroganza, di felicità e perché no di amore per la vita e che oggi sono il frutto di tutto il mio vissuto, occhi che guardano il mondo con un poco di saggezza in più, giunta con la prima brizzolatura della barba e che conferisce una certa maturità, ma che lascia ancora tanto credito all’apprendimento di lezioni di vita importanti che nel nostro piccolo universo ci rendono migliori.
Una notte di Natale
Sarà, come sempre, una notte in bianco quella che precederà l’apertura, “una notte di Natale” come la chiama mia moglie in cui non troverò pace, caratterizzata da continui su e giù dal letto per correre a controllare se tutti i preparativi siano stati fatti per bene, nonostante li abbia fatti io il giorno prima. Una notte nella quale lei non troverà pace se non nel momento in cui, finalmente per entrambi, giungerà la sveglia tanto agognata.
Inizierò il mio personale rito di preparazione che consiste in una vestizione lenta e sentita, fatta di piccoli gesti che ogni anno ripeto meccanicamente e che ritengo fondamentali per la buona riuscita della giornata. Ma trattandosi già della prima, sarà propiziatoria per tutta la stagione.
Una volta compiuto il mio rituale con sentita sacralità non resta che mettere sul fuoco la caffettiera, e mentre lo farò so già che mia moglie mi guarderà divertita. Ormai dopo 15 aperture vissute nello stesso modo si è rassegnata e non insiste più col volermi far usare la macchinetta del caffè a tutti i costi, sostenendo per giunta che si tratti di un modo più sbrigativo di adempiere a questa impellenza, perché ormai sa che la “prima alba” è della caffettiera e non si discute.
Mentre sorseggio la mia tazza di meritato caffè guardo la sedia vicino al camino che ravvivato scoppietta romantico, ci sono appese cacciatora e cartucciera, appoggiato al muro a pochi passi c’è il mio fucile, uno dei tanti che ho scelto dopo mille ragionamenti fatti considerando tutti i pro e i contro. Indipendentemente che si tratti di un semiautomatico, di un sovrapposto o più facilmente di una doppietta, il calibro sarà sempre il calibro 12, il mio calibro, e a ben pensarci, osservandolo, come quadretto tutto sommato potrebbe essere dipinto su tela e intitolato “Il Senso, Il Perché”.
Una festa
Esco finalmente di casa, carico l’attrezzatura sul mio fuoristrada e vado a prendere le mie due Setter. Non sono uno “stanzialista” e tanto meno esco per far carniere il primo giorno. Esco perché è una festa, una tradizione! Quindi, i fagiani che gli ambiti hanno introdotto attraverso le associazioni comunali come ripopolamento non mi interessano, ci sono altri cacciatori che li ambiscono, ma per i cani sono uno spasso e se deve essere una festa per me e quei 2 amici che mi accompagnano, deve esserlo anche per loro.
Altri saranno i giorni di battaglia, lungo il Grande Fiume cercando le anatre, o in risaia a beccaccini o sui monti in cerca di beccacce, non c’è fretta. Ogni cosa arriverà a suo tempo come tutte le volte e saranno giorni di gioia o di rabbia, di felicità o di tristezza, è cosi da sempre e sarà cosi per sempre, ma oggi, oggi si va dove si deve andare.
Arriverò nel luogo che ho scelto per fare apertura, lo stesso da 20 anni, lo stesso in cui mi hanno portato coloro che non sono più. Mi pesa cambiare meta, non lo faccio mai perché mi piace pensare che in quel posto, mentre caccio, li ho tutti vicini a me. Mi sembra di cacciare ancora tutti insieme. Per questo quando berrò dalla fiaschetta un sorso di liquore a mezza mattina con i miei due amici, un goccio lo verserò a terra, ricordandoli tutti in cuor mio, senza escludere nessuno, perché se oggi mi pregio del titolo di Cacciatore lo devo sopratutto a loro, che mi hanno insegnato la caccia giorno per giorno finché non ci siamo salutati per l’ultima volta.
La caccia è questo
Vada come vada non sarà un giorno eclatante, fatto di carnieri cospicui, di grandi mangiate tra amici e di luoghi epici in cui ambientare le favole che si sentono al circolino a stagione chiusa o che si sentono raccontare 1000 volte dagli anziani… No non sarà nulla di tutto ciò, sarà un giorno… Il primo di una lunga serie tutta da vivere minuto per minuto, da discutere con i compari, da raccontare in armeria il venerdì sera dopo il lavoro, da ricordare quando ci si mette in poltrona davanti al camino acceso, perché alla fine la caccia è questo, è ciò che vogliamo che sia, non è un codice prestabilito o una matrice, ma è l’interpretazione di noi stessi e della nostra libertà.
Così sarà il mio primo giorno di caccia della stagione venatoria 2020/2021 o almeno io voglio che sia così, perché si tratta della mia personale interpretazione di me stesso e della mia indiscutibile e imprescindibile libertà, perdonatemi orsù l’imperativo ma è fondamentale: “Voglio” che sia la stessa cosa anche per voi.
Ciao Stefano, Buongiorno, ho 78 anni e sono stato cacciatore fino a 10 anni fa, quando ho deciso di lasciare il fucile e usare il cavallo per continuare a vivere nella natura.Leggendo la verità della notte trascorsa in attesa della tanto desiderata apertura, hai risvegliato in me quella malattia che colpisce ogni vero cacciatore, mentre ti leggevo i tanti ricordi passati si sono susseguiti nella mia mente, specialmente le figure dei miei amici che più grandi di me non ci sono più e che mi hanno introdotto in questo mondo meraviglioso che solo pochi hanno l’opportunità di conoscere.Ti auguro cento di queste albe, per gli anni a venire. Un Grande e Sincero In bocca al Lupo.
Enzo
Caro Enzo, mai augurio sarà più gradito del suo, con le sue parole mi ha dato conferma che il messaggio che volevo giungesse a tutte le persone che mi hanno onorato leggendo il mio racconto, è stato compreso ed è arrivato come desideravo, lei ha prontamente carpito la malinconia che mi pervade l’animo quando ritorno con la mente a tutte quelle persone che mi hanno accompagnato nei primi anni della mia esistenza, persone che reputo insostituibili per ciò che sono stati e per ciò che mi hanno dato. Non tutti riescono a leggere tra le righe. Sono felice di averla deliziata col mio scritto e le prometto che cercherò di raccontare nel migliore dei modi il nostro mondo, in modo che chi non lo conosce possa farsi opinione diversa da quella che spesso la propaganda politica le affibbia. Con Stima Stefano Casella