Lombardia, il Governo impugna le modifiche alla legge sulla caccia
Caccia al cinghiale tutto l'anno e utilizzo del visore notturno sarebbero incostituzionali, così come i periodi di prelievo definiti per legge e i criteri di ammissioni ad ATC e CA. Deciderà la Corte Costituzionale
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Continuano a far discutere le recenti modifiche alla legge sulla caccia introdotte da Regione Lombardia. Alcune di queste per il Governo sarebbero costituzionalmente illegittime, motivo per cui ha deciso d’impugnarle davanti alla Corte costituzionale.
Esultano i gli esponenti lombardi del Movimento 5 Stelle e gli animalisti, sbotta l’Assessore alla caccia Rolfi: “Il Governo è distante anni luce dalla realtà. Ha deciso d’impugnare la nuova Legge regionale lombarda per il contenimento del cinghiale. I ministri romani hanno gettato la maschera: per loro non esiste il problema in Lombardia. Del resto non hanno mai messo piede in un campo o in una azienda agricola“.
Cosa contesta il Governo
L’Esecutivo, però, non ha contestato solo le modifiche riguardanti il prelievo del cinghiale ma anche altre importanti novità introdotte, come il posticipo della data di chiusura per la caccia alla Beccaccia e le nuove modalità di accesso ad Ambiti e Comprensori.
Come sempre accade in questi casi per il Governo “talune disposizioni appaiono costituzionalmente illegittime, in quanto contrastanti con gli standard di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” definiti dalla legge nazionale 157/92. In sintesi, la legge nazionale definisce degli standard minimi di tutela che le regioni possono solo innalzare, mentre l’amministrazione lombarda li avrebbe ridotti. Di seguito vediamo nel dettaglio cos’è stato contestato e perché.
Periodi di caccia agli ungulati e visore notturno
Le due novità principali messe in campo da Regione Lombardia per contrastare il continuo incremento di cinghiali, ossia il periodo di caccia in selezione estesa a tutto l’anno e la possibilità di utilizzare il visore notturno, sarebbero incostituzionali. Così come sarebbero illegittimi anche i nuovi periodi di prelievo in selezione per Camoscio, Cervo, Muflone e Capriolo.
Nello specifico, per il visore notturno il Governo contesta che tale strumento non è incluso fra i mezzi di caccia consentiti dall’art. 13 della legge nazionale 157/92 e che il suo utilizzo è espressamente vietato dalla Direttiva Europea 92/43/CEE “Habitat”.
Per i periodi di caccia in selezione, invece, il problema sembra essere più di forma che di sostanza. Per il Governo, infatti, i nuovi termini stabiliti dal Consiglio Lombardo (camoscio, cervo e muflone: dal 1° agosto al 31 dicembre; capriolo: dal 1° giugno sino alla seconda domenica di dicembre in zona Alpi; dal 1° giugno al 30 settembre e dal 1° gennaio al 15 marzo al di fuori della zona Alpi; cinghiale: tutto l’anno) non dovrebbero essere definiti per legge ma da un apposito provvedimento amministrativo su cui è vincolante l’acquisizione del parere ISPRA.
Sempre in tema contenimento cinghiali, l’Esecutivo contesta anche il nuovo comma 8 dell’art. 28 della l.r. Lombardia 26/93, che consente ai comitati di gestione di ammettere, per le sole cacce in forma collettiva, un numero di cacciatori superiore a quello fissato dall’indice di densità venatoria, purché si siano “accertate modifiche positive della popolazione faunistica stanziale ovvero per esigenze di gestione faunistica del cinghiale”. Per il Governo il rispetto dell’indice di densità venatoria, fissato dall’art. art. 14 della legge n. 157 del 1992 sarebbe inderogabile.
Chiusura Beccaccia e limiti di carniere per la migratoria
Con la stessa motivazione utilizzata per i periodi di caccia in selezione è stato contesto anche il nuovo termine di chiusura per la caccia alla Beccaccia, che è stato posticipato al 31 gennaio. Anche questo per il Governo non può essere definito per legge ma dovrebbe essere approvato con atto amministrativo sottoposto a parere ISPRA.
Allo stesso modo è stato contestato il nuovo comma 3 dell’art. 24 della l.r. 26/1993 che consentirebbe alla Regione di ampliare con una specifica disposizione i carnieri per la selvaggina migratoria, fissati a 30 capi a giornata con il limite di due sole beccacce e di dieci capi tra palmipedi e trampolieri.
Per il Governo il nuovo comma “cristallizza in forma di legge i contenuti invece propri del calendario venatorio”, attribuendo la facoltà alla Regione di modificare i limiti di carniere, anche in assenza del parere obbligatorio di ISPRA. Secondo l’Esecutivo “demandare alla legge regionale anziché all’atto amministrativo questi contenuti impedisce al Presidente del Consiglio dei ministri di esercitare il potere di annullamento di tali provvedimenti, adottati dalle Regioni, attribuitogli dalla norma statale”.
Accesso a ATC e CA
Contestato anche il nuovo comma 7 dell’articolo 28 che regolamenta l’accesso a ATC e CA. Il comma, che è stato totalmente riscritto nelle recenti modifiche, stabilisce che:
“Ogni cacciatore ha diritto di essere socio dell’ambito territoriale di caccia o del comprensorio alpino di caccia in cui ha la residenza anagrafica, con specifico riferimento all’indirizzo civico in cui risiede; gli Ambiti e Comprensori, nel rispetto delle priorità previste dall’art. 33, ammettono come soci anche cacciatori non residenti nei loro territori sino al raggiungimento degli indici di densità di cui al comma precedente. Le domande di ammissione devono essere presentate tra l’1 e il 31 marzo; i cacciatori già soci nella stagione precedente confermano la loro iscrizione attraverso il pagamento della quota di ammissione entro il 31 di marzo. Il mancato pagamento entro il termine fa decadere dalla qualità di socio. I cacciatori residenti che non confermino l’iscrizione entro il 31 di marzo possono ripresentare domanda di ammissione fuori termine ed essere ammessi con il pagamento di una quota maggiorata del 20% se la reiscrizione avviene entro il 31 maggio, del 40% se avviene successivamente. Ogni cacciatore residente in Regione Lombardia può essere socio di altri ambiti o comprensori alpini di caccia della regione, oltre a quello di residenza, previa accettazione della domanda da parte degli stessi e nel rispetto delle priorità individuate dall’art. 33. Il dirigente competente stabilisce con proprio provvedimento i casi nei quali i termini di cui al presente comma possono essere prorogati per cause indipendenti dalla volontà del cacciatore.”
Per il Governo tale modifica “trasforma la caccia programmata in caccia libera, legittimando il nomadismo venatorio e violando i principi della legge quadro nazionale che impongono la programmazione della densità venatoria e l’ancoraggio del cacciatore al territorio di residenza”.
Parte dei motivi che hanno portato il Governo a contestare questa norma risiedono nella mancanza di un Piano Faunistico Regionale che definisca l’indice di densità venatoria e nelle dimensioni provinciali (e non sub-provinciali come imposto dalla 157/92) di alcuni ATC. Secondo il Consiglio dei Ministri, infatti, tale modifica renderebbe “un diritto l’ammissione del cacciatore ad altri ambiti, svincolando l’ammissione dai requisiti di densità e sostenibilità che sono alla base della “caccia programmata” di cui all’art. 14 della legge n. 157 del 1992, al fine di consentire lo spostamento del cacciatore da un capo all’altro del territorio regionale, date le dimensioni spesso provinciali degli ambiti di caccia”.
Esercizio venatorio da appostamento fisso e temporaneo
Infine, sono state contestate anche le modifiche apportate al comma 5 dell’articolo 25 della l.r. 26/1993, con cui è stato stabilito che un appostamento fisso non possa essere rimosso nei 2 anni successi la morte del titolare e nel caso in cui, per cause di forza maggiore, il titolare non possa procedere al rinnovo dell’autorizzazione.
Per il Governo tale modifica “viola i principi generali del diritto amministrativo, snaturando i criteri normativamente sanciti di durata, rinnovo, scadenza e decadenza del provvedimento amministrativo al solo scopo di eludere il disposto della legge quadro nazionale (n. 157 del 1992) che dispone la temporaneità dell’appostamento fisso, imponendone la rimozione indefettibile alla scadenza dell’autorizzazione, in assenza di rinnovo tempestivo (è noto, infatti, che il rinnovo deve essere chiesto prima della scadenza) o di subentro tempestivo”.
Cosa succede ora
Per il momento le modifiche apportate alla legge regionale sulla caccia resteranno in vigore. Nei prossimi mesi la Corte costituzionale si esprimerà sulla loro legittimità e nel caso in cui le ritenesse incostituzionali la Regione le dovrà rettificare.
In merito l’assessore Rolfi ha dichiarato: “Siamo convinti che la legge regionale rientri perfettamente nei limiti disegnati dal quadro normativo nazionale e che in sede di Corte costituzionale sarà riconosciuta la legittimità della nostra azione. Sotto il profilo politico tuttavia non possiamo far altro che constatare come il governo continui a preferire l’ideologia al pragmatismo. Del resto, l’assenza di ministri provenienti dal territorio lombardo pesa come un macigno in scelte come questa.”
Qui trovate il dettaglio dell’impugnativa.