Lupo e rischio di aggressione all’uomo: verità, bugie e mistificazioni
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Franco Zunino, Segretario Generale dell’Associazione Italiana Wilderness, con il seguente documento informativo, interviene sulle recenti notizie di cronaca che riportano aggressioni all’uomo da parte di lupi e sul problema della loro riduzione numerica.
LUPO SUL RISCHIO DI AGGRESSIONI ALL’UOMO: Se ne parla da sempre, e da sempre si è cercato di sminuire un fatto tanto reale da aver creato una mitologia antica quanto antico è l’uomo: il lupo può aggredire l’uomo, lo ha fatto e lo farà ancora. Certo, non sarà mai una sua abitudine, ma potrà sempre succedere. Come non si può dire che il fuori pista sempre crei rovina e morte sotto le valanghe, o l’andare in barca o alla spiaggia costituiscano rischio di annegamento, o l’alpinismo rischio di cadute in crepacci e precipizi, così si deve dire che generalmente il lupo, come il leone, la tigre, il leopardo o l’elefante o il grizzly, per l’uomo non rappresenta un pericolo certo. Ma, come per tutte le citate attività, CERTO è che il rischio occasionale esiste. Se poi nell’immaginario collettivo tale rischio susciti paura, la colpa non la si deve dare al Lupo. Caso mai, al fatto che l’uomo sempre meno accetta l’idea che si possa ancora morire per cause ancestrali. Negare quindi che tale possibilità esista o che possa esistere è, nell’ordine: stupido, da ignoranti, da incoscienti e da… mistificatori! Perché la possibilità che il lupo possa aggredire ed anche cibarsi dell’uomo è un dato di fatto che è stato accertato inconfutabilmente in innumerevoli documenti storici e/o comunque ufficiali e/o scientifici, anche recenti. Ad esempio, negli anni ’70 del secolo scorso ricordo benissimo quando a noi naturalisti giunse la notizia che in Spagna un lupo aveva aggredito ed ucciso un bambino; aggressione poi subito smentita e per anni negata (era l’epoca del “Progetto San Francesco”!), ma che in seguito sembrò risultare non solo veritiera ma anche ripetutasi una seconda volta: tenuta però nascosta solo perché non la si voleva (o la si doveva!) diffondere perché smentiva quanto andavamo “predicando”. Solo di recente la studiosa Francesca Marrucco, in un suo lavoro ha riesumato questi fatti, svelando il segreto (forse involontariamente!), traendo i dati da altri autori che li avevano registrati e pubblicati; e quindi non più negabili! Gli ultimi casi noti di aggressioni all’uomo da parte del lupo, almeno in Italia, seppure in tutti i casi smentiti nonostante i molti crismi di credibilità (quindi smentiti piuttosto per principio che non per prove certe che non siano avvenuti) sono i seguenti (solo per motivi di privacy non si citano i nomi delle persone coinvolte, benché siano noti ed anche già apparsi sui media): Commento In tutti questi casi si sosterrà (come si è sostenuto subito dopo gli eventi) che si tratta molto più probabilmente di cani. Ma nessuno ha ancora saputo spiegare come mai tali frequenti fatti non si siano mai verificati prima che nelle zone dove sono avvenuti apparissero i lupi o che la loro presenza si facesse notare più di quanto non avveniva prima. Difatti, si sono tutti verificati a mano a mano che è stata segnalata la presenza di lupi e, soprattutto, segnalata la loro crescita numerica. Non per nulla le aggressioni da parte di cani sempre si sono verificate (o avvengono) nelle abitazioni o nei loro pressi, e sempre certificate con certezza essere di cani, perché, questi, mai allontanatisi dai luoghi di aggressione, sono sempre stati catturati dalle autorità. Mentre i casi sopra elencati sono avvenuti tutti in natura o all’aperto e sempre gli animali aggressori si sono allontanati nella natura! Ma si deve sapere che anche gli stessi studiosi di biologia animale hanno riportato fatti eclatanti e veri di aggressioni all’uomo (di antropofagia, essi hanno scritto) avvenute, sia nei secoli passati sia negli ultimi decenni. Certo, hanno scritto queste cose quando il problema lupo non era ancora tale, e c’è da chiedersi se mai le scriverebbero oggi (non per nulla l’importante pubblicazione che citerò viene quasi tenuta nascosta dagli attuali studiosi, che si guardano bene dal citarla nei loro interventi pubblici e che forse loro non avrebbero mai scritto – ma è nota ai naturalisti la serietà del suo coordinatore, il fu Prof. Luigi Cagnolaro del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, per il quale la scienza era scienza e non già… politica, seppure ecologica!). Vediamo in breve cosa hanno scritto: Stralci tratti da: “Dati storici sulla presenza e su casi di antropofagia del Lupo nella Padania centrale” Saggio pubblicato negli Atti del convegno nazionale “Dalla parte del lupo”, Parma 9-10 ottobre 1992, Atti & Studi del WWF Italia, n ° 10, 1-160, F. Cecere (a cura di), 1996, Cogecstre Edizioni. Lavoro svolto nell’ambito del Centro Studi Storico-Naturalistici della Società Italiana di Scienze Naturali La documentazione specifica sulle aggressioni ad esseri umani risulta numerosa nel primo decennio dell’800 per poi diminuire fino a scomparire del tutto dopo il giugno 1825 quando a Gattinara viene “dilaniato e divorato” un fanciullo di 10 anni. Questa risulta essere l’ultima vittima del lupo nella Padania da noi accertata sulla base di documenti civili. Dei citati 58 casi di fanciulli uccisi dai lupi nel quarto di secolo analizzato circa la metà risultano, dalla documentazione esaminata, “sbranati” o “divorati”. Abbiamo inoltre rilevato coma “sbranati” anche un uomo adulto (1812, Masserano) e due giovani rispettivamente di 17 e 18 anni (1807, Morengo e 1815, Balocco). Nei casi in cui i resti della vittima “rapita” vengono rintracciati in breve tempo, la visita giudiziale del medico constata che sono stati divorati solo í visceri (1801, Cagno e Villacortese, 1812, Brusnengo); in casi limite non vengono recuperati che il cranio e gli arti della vittima (l812, Arluno e Masserano, 1815, Arborio). Nella realtà indiana, dove la pericolosità del lupo giustificava, ancora nel 1915, una taglia sull’abbattimento doppia rispetto a quella per l’uccisione della tigre, il fenomeno è documentato per il periodo dal 1824 al 1981. I dati indiani più recenti sono relativi all’Andhra Pradesh, nell’India meridionale, dove, tra l’ottobre 1980 ed il marzo 1981, un gruppo di lupi, composto da un maschio adulto, due femmine adulte, due subadulti e tre cuccioli, ha aggredito 21 bambini, uccidendone 9 di età compresa tra gli 8 ed i 12 anni. Sempre in India, ma questa volta nel nord, tra il febbraio e l’agosto del 1981 nel Bihar un gruppo di 5 o 6 lupi ha aggredito 26 fanciulli, uccidendone 13 di età compresa tra i 4 ed i 10 anni. In ambedue le situazioni non si sono mai verificati attacchi a bambini accompagnati da adulti e si è rilevato che i bambini predati venivano abbandonati nel caso di intervento degli adulti (Shahi, 1982). Dall’analisi comparata delle realtà europee ed indiane abbiamo rilevato alcune costanti comuni: l’aggressione avviene nella quasi totalità dei casi in ambienti marginali e, a dispetto delle aspettative, gli attacchi in zone scarsamente antropizzate sono molto rari; la predazione è rivolta generalmente su fanciulli. Qualora la vittima casuale dell’attacco sia un fanciullo, il predatore ne riporta una esperienza gratificante che può ingenerare, un comportamento predatorio nei confronti dei bambini. La preda-fanciullo è inoltre idonea ad essere trascinata altrove ed è sufficiente ai bisogni alimentari di un piccolo gruppo familiare. Il lupo divenuto antropofago, se non viene rapidamente eliminato, può facilmente trasmettere culturalmente questo comportamento predatorio agli altri componenti del gruppo. È stato verificato che tutti i membri adulti del gruppo di lupi dell’Andhra Pradesh, responsabile delle aggressioni ai fanciulli, erano antropofagi. Il radicarsi del comportamento antropofagico può, all’interno di un gruppo, evolversi con l’elaborazione di particolari tattiche di predazione nei confronti dei fanciulli. L’antropofagia nel lupo è un comportamento acquisito per esperienza individuale o per apprendimento sociale, comunque fuori dalla norma. L’accidentalità del comportamento antropofagico, escludendo quello derivato da apprendimento, è convalidata anche dalla sua distribuzione spaziale e temporale del tutto casuale. Sulla base delle situazioni comparate, quando il Lupo risulta presente con popolazioni numerose, con ampi territori disponibili ad alta concentrazione ovi-caprina, anche nel caso in cui le prede selvatiche siano particolarmente scarse, difficilmente si verificano aggressioni ai danni di persone. In zone con caratteristiche opposte non si può escludere che insorga questo comportamento atipico. In conclusione riteniamo che il Lupo possa acquisire comportamenti antropofagi quando contemporaneamente si verificano i seguenti problemi: In quanto agli anni più recenti ed in Europa, è il caso di riprendere quanto ci riporta la studiosa Francesca Marrucco traendola da una ricerca storica di altri autori (2002 – Linnel ed altri ricercatori stranieri, tra i quali, però, stranamente, anche il nostro Luigi Boitani per anni negazionista su questi fatti!): “… in Europa 5 bambini ucci in Polonia nel 1937 e 4 in Spagna tra il 1957 e il 1974”. Sta il fatto che la verità è che: Esiste quindi solo un modo per ridurre questo pur raro rischio: L’atavica paura del lupo che l’uomo ha sempre avuto non nasce dal nulla, ma da fatti come quelli succitati: sono essi che hanno creato “la bestia” nell’immaginario collettivo, ed esiste un unico modo per far sì che cambi la visione e la mentalità: riconoscerne la possibilità e quindi la necessità di mantenere basso la presenza del lupo. Non negandola, come da cinquant’anni si sta facendo e, soprattutto, oggi fanno gli studiosi del lupo in tutti i loro incontri e convegni, nei quali hanno sempre negato in assoluto questa possibilità facendo passare per fantasiosa ogni notizia pur vera – o veritiera – di aggressione; ovvero, mentendo e mistificando i fatti; fatti che in quanto tali, finiscono sempre per venire alla luce e quindi facendo (giustamente) perdere credibilità a queste versioni ufficiali del lupo non aggressivo verso l’uomo. Perché queste negazioni fanno ancora di più crescere la paura del lupo, anziché farla passare. Ovvero, ottengono esattamente l’effetto contrario che essi vorrebbero! Come se in India, a fronte dei tanti fatti palesi e documentati di aggressione all’uomo e conseguente antropofagia da parte di lupi, tigri e leopardi, si volesse far credere al popolo che tutto ciò non sia vero! D’altronde, è notorio come siano più pericolosi per l’uomo i cani che non il lupo; e difatti a dimostrarlo stanno le numerose aggressioni di cani all’uomo. Ma bisogna chiedersi il perché ciò avvenga: avviene a causa del fatto che i cani hanno da tempo perso la paura e la diffidenza verso l’uomo, ridandogli quel coraggio aggressivo di predatore superiore che un tempo avevano. Ecco perché i lupi più aggressivi sono quelli delle Alpi, essendo essi stati, con altissima probabilità, liberati dall’uomo, ovvero con esemplari che erano stati tenuti a lungo in cattività e quindi assuefatti al fatto che l’uomo gli portava il cibo, ed all’apprendimento che il cibo sta dove sta l’uomo. Un comportamento che non è solo degli esemplari originari, ma viene tramandato per generazioni ai cuccioli che seguono le femmine e poi i branchi. Ed è altrettanto notorio il fatto che mai – o molto raramente – un ragazzino troverebbe il coraggio di aggredire un uomo adulto, ma se il ragazzino si intruppa in una banda, questa banda giunge finanche ad uccidere uomini adulti: e vi sono i tanti fatti di cronaca a dimostrarlo. Atteggiamento che se vale per l’uomo vale anche per il lupo. Ecco perché la crescita numera dell’animale e quindi dei branchi in cui si intruppa, aumentano il rischio di aggressioni. Ed ecco perché è il caso di mantenere basso il numero dei lupi: il che non significa volere lo sterminio della specie, ma far sì che non si favorisca la sua aggressività da predatore superiore. Solo così sì si potrà fare in modo che l’uomo non debba più avere paura del lupo! PER CONCLUDERE Il rischio di aggressione avviene soprattutto quando il padrone cerca di difendere i propri animali aggrediti (cani o altri animali domestici). In tali casi, il rischio va ritenuto molto alto; infatti molti dei casi sopra citati sono avvenuti in queste condizioni. Che italianamente si aspetti la fuga dei buoi, prima che si provveda alla chiusura della stalla? Murialdo, 21 Marzo 2016
verità, bugie e mistificazioni.
Come si fomenta la paura (e l’odio) per il Lupo
nell’illusione di non farla crescere!
di Luigi Cagnolaro – Mario Comincini – Adriano Martinoli – Aldo Oriani
Mentendo o mistificando si ottiene l’esatto effetto contrario!
In quanto alla giustificazione che già tanti lupi sono uccisi da bracconieri, per cui non è necessario l’intervento dello Stato, è questa una posizione ipocrita ed anche antidemocratica. Perché di fatto significa fomentare il bracconaggio o la “libera giustizia”; che si hanno quando l’autorità non interviene per ridurre un problema sociale o non paga come si deve – o addirittura per niente – i danni che lupi ed orsi arrecano ad allevatori, cacciatori e semplici cittadini con la motivazione della scarsità di prove. E, difatti, anche questo argomento raramente si affronta nei convegni e negli articoli in difesa del lupo, o viene fatto passare come problema risolto solo perché in qualche caso qualche danno si paga sebbene quasi mai quantitativamente completo (perché è vero, esistono leggi che lo prevedono, ma talmente burocratiche e farraginose da essere quasi inapplicabili): quindi, non solo si mistifica, ma si nasconde anche il problema! Eppure è uno dei principali motivi per cui sta sempre più crescendo l’odio verso il lupo ed aumentano gli atti di bracconaggio; atti di bracconaggio che, come già detto, vengono poi presi con la motivazione che le autorità non provvedono alla riduzione del numero dei lupi; in pratica, legalizzando di fatto l’illegalità come autonoma forma di giustizia e/o difesa personale o di propri interessi. Così come si adduce l’assurdo fatto che la riduzione dei branchi, sempre secondo gli studiosi, anziché ridurre il numero dei lupi li farebbe aumentare per motivi di comportamento biologico. Una verità “da manuale”, ma che viene gonfiata, come a dire che per far diminuire la presenza dei lupi, bisogna lasciare che la specie cresca all’infinito senza controlli alcuni da parte dell’uomo; quando è notorio che al mondo non esiste specie animale che si autoriduca, ma sempre avviene per intervento dell’uomo, o per azioni illegali (quindi a rischio estinzione) o per legittimo controllo delle popolazioni.
Franco Zunino
Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness
Ciao, Franco. Piacere di leggerti. Grazie. Un caro saluto.
Le aggressioni dei lupi agli umani saranno sempre inferiori di quelle degli umani ai lupi.
Haha. Ovviamente tutto questo per voler fare solo una cosa. Cacciare i lupi. In America sono avvenute uccisioni e che fanno ammazzano i lupi? Se un lupo cresce di prole vuol dire che può farlo, altirmenti se non ha il territorio necessario non crea altri figli.
Premessa: la reintroduzione del lupo è voluta da pochi a detrimento di tanti solo per inventare fonti di guadagno per i pochi, senza produrre niente di utile.
Estendendo i ragionamenti dell’articolo ai parassiti dovremo dedurre che se vi trovate una pulce addosso non uccidetela perchè danneggiate le altre e per equilibrare il tutto mettetevi in testa una piccola dose di pidocchi ( come gli orsi) che contribuirà all’arricchimento della wilderness personale. Se poi dovete eliminare qualche parassita, non fatelo mai personalmente. Fatelo fare da specialisti pagati dallo Stato, e , quindi altri posti di lavoro inutili.
Studiati qualcosa sul nostro Canis lupus italicus, rimane l’ultima sottorazza di lupo con il dna simili a quello del lupo preistorico, visto che il “Canis lupus hodophilax” e il “Canis lupus hattai” le due sottorazze di lupi giapponesi, anch’esse con un dna similie al “Canis lupus italicus” nostrano, sono estinte ai primi del 1900, pensare che queste due sottorazze giapponesi, ma sopratutto il primo erano considerati nel Giapponse feudale degli dei, erano chiamati “dei ululanti”.
In italia non parliamone neanche visto che tra gli etruschi e anche i romani i lupi erano considerati animali totem, ma che vuoi farci con tutti questi cacciatori che abbiamo in italia, il problema sono i lupi che da sempre vivono con l’uomo.
Il problema sono i cani randagi molto più pericolosi del lupo e sopratutto i cani ferali, che sono un vero pericolo, per non parlare degli ibridi cane-lupo, che tra l’altro mettono a rischio il patrimonio genetico preziosissimo del “”Canis lupus italicus”
ma certo reintroduciamo i lupi. e chi se ne frega di quei pochi sfigati che verranno aggrediti in omaggio alle forze della natura. l’importante è appagare il fanatismo degli animalisti da salotto
Quindi se dopo l’aggressione l’animale resta lì a scodinzolare è un cane, se si imbosca è matematicamente un lupo. Ma che logica è? Poi questo complottismo da un soldo… Abbastanza comica la citazione dello studio “scomodo” del prof. Cagnolari. Come se non comparisse sui motori di ricerca subito prima di questo articolo, in siti decisamente pro-lupo. Ma “casualmente” qui se ne riportano solo i passaggi più cruenti e ignorando le conclusioni del tutto opposte. Ah, poi “numero” non è un aggettivo! Il bracconaggio ai danni della lingua italiana è parimenti dannoso.
Secondo me è un po’ debole la teoria per la quale ci sarebbe una correlazione o addirittura un rapporto causa- effetto tra la quantità di lupi in un’area e l’aggressività dei cani in quell’area. Tale teoria implicherebbe che i cani fossero estremamente aggressivi in tutt’Italia nell’antichità (c’era pieno zeppo di lupi ovunque), per poi diventare sempre più mansueti dagli inizi del ‘900, raggiungendo un picco di mansuetudine tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni ’70. Da allora cani sempre più aggressivi un po’ dappertutto. Questa teoria predice anche che in Estonia i cani sono molto più aggressivi che in Italia. È veramente confermata da ricerche o è una speculazione dell’autore?