“Posso venire anch’io?” Come ammalarsi della malattia più bella al mondo
Nella maggior parte dei casi la passione per la caccia nasce così, nel modo più naturale possibile, cercando di imitare chi si ammira e stima realmente
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Avevo sei anni. Era agosto, la caccia era chiusa e mio papà decise, finalmente, di portarmi con lui ad addestrare lo Spinone Orso. Io ero al settimo cielo. Fino a qualche giorno prima giocavo a fare il cacciatore, con tanto di doppietta giocattolo e gilet mimetico.
Di colpo venni catapultato nel mondo che tutt’ora adoro: quello della caccia col cane da ferma. A sei anni non riuscii realmente a capire cosa ci trovasse di così tanto emozionante mio papà nel vedere trottare quel gigante buono alla ricerca di un selvatico da fermare. Lo capii quattro anni dopo quando, durante una cacciata in golena, vidi un’azione da pelle d’oca di un altro Orso, ma questa è un’altra storia…
Come si diventa cacciatore?
Alcuni sostengono che cacciatori si nasce, altri ritengono che lo si possa diventare. Io propendo per la prima opzione. Difficilmente chi nasce in una famiglia di città ha come sogno nel cassetto quello di diventare un cacciatore.
Con i tempi che corrono e con la mentalità perbenista della maggior parte dei genitori, dai quali i cacciatori vengono etichettati come il male in persona, i giovani fin da piccoli, preferiscono passare i pomeriggi dietro a uno schermo luminoso piuttosto che a rincorrere il proprio ausiliare in campagna. Scelta ineccepibile e pienamente comprensibile, visto che i genitori fanno lo stesso…
Cacciatori fin da bambini
La maggior parte dei cacciatori che hanno dai quaranta anni in su hanno tutti cominciato da giovanissimi a cacciare (ai tempi la licenza si poteva prendere a sedici anni, con la firma di un adulto responsabile). Molti di loro anteponevano la caccia alla scuola. Andando ancora più indietro negli anni, si cacciava soprattutto per fame.
Ricordo i racconti di Franco, un amico di famiglia e cacciatore da più di 60 licenze, che accompagnava, da neanche diciottenne, mio pro-zio a caccia sul Po con la spingarda. Emozioni uniche e indimenticabili che ancora oggi lo fanno commuovere e gli fanno tornare quella passione che aveva fin da giovanissimo. Erano altri tempi, la passione era tanta, la selvaggina abbondava ovunque e i genitori non mangiavano tofu per cena.
Oggi la storia è radicalmente cambiata. I giovani coltivano altre passioni e altri interessi. La globalizzazione, i social e la mentalità perbenista dei genitori li porta a fare scelte tra le più disparate, molte volte anche poco salutari.
Invece per quanto riguarda la selvaggina e l’ambiente era molto meglio in quegli anni rispetto a ora. Il cacciatore cacciava tranquillo, senza social sui quale fare lo spavaldo, senza animalisti che lo disturbavano, senza la rivalità del dover fare un capo in più degli altri. In poche parole, era più facile appassionarsi alla caccia.
La caccia a scuola
Sono zio di 2 bambini, Mattia di 8 anni e Michele di quasi 5 mesi, e, se tutto andrà avanti così, con grandi probabilità andranno anche loro a caccia. Spesso capita che Mattia, di rientro da scuola, mi racconti che la maestra ha parlato male dei cacciatori. Allora io e mio papà gli spieghiamo che ognuno ha le sue idee e che la maestra non avrà mai parlato con un cacciatore. Infatti lei si schiera per partito preso, come l’80% degli anticaccia mondiali, senza sapere di ciò che parla, basandosi su una visione disneyana delle cose.
Fino a dieci anni fa, nella stessa scuola elementare frequentata da mio nipote, i cacciatori e i pescatori locali venivano a scuola a spiegare cos’era la caccia, com’era fatto il territorio e da chi era abitato. Nessuna visione di parte ma la realtà dei fatti messa davanti agli occhi dei bambini, che apprezzavano (specialmente il pane e salame del dopo lezione) e facevano domande e osservazioni interessanti.
Oggi una cosa del genere non è attuabile facilmente. Tra genitori tuttologi, mamme vegane e bambini influencer, queste lezioni non possono essere più fatte. Recentemente l’assessore all’istruzione e al lavoro della regione Veneto Elena Donazzan ha proposto di imparare a conoscere l’arte venatoria a scuola, come un patrimonio umanitario da difendere e tutelare. Immediata la replica delle associazioni anticaccia e delle mamme prevenute che, con pregiudizi grossi come una casa, si sono indigniate e hanno indetto petizioni per bloccare sul nascere questa proposta. Come al solito vincono i pregiudizi e il perbenismo.
Sarà meglio un figlio dipendente dai videogiochi, dallo smartphone, dal tablet o un figlio appassionato di caccia, di cinofilia, di pesca? A voi la risposta.
Una questione di famiglia
Avere un familiare cacciatore facilità sicuramente il processo d’iniziazione alla caccia. Da bambini, vedendo il papà tornare da caccia, veniva spontanea la domanda: ”hai preso qualcosa?”. E da lì comincia tutto. I viaggi mentali, gli interrogatori, il toccare con mano il selvatico e apprezzarne i colori, l’aspetto e soprattutto il sapore a tavola.
Quindi, molto spesso è una questione di famiglia. Ma le storie che più mi affascinano sono quelle di persone con famiglie e amicizie totalmente estranee alla caccia che si appassionano al mondo venatorio. Sono molto pochi questi casi ma quei pochi hanno tutta la mia stima, perché posseggono una passione e una forza di volontà invidiabile. Nel marzo 2019 ho incominciato a frequentare il corso per l’abilitazione all’esercizio venatorio e tra i 10 frequentanti c’era qualcuno che con la caccia non centrava nulla ma che, grazie ad amici cacciatori, è riuscito a capire i reali valori che ci sono dietro all’arte venatoria e li ha apprezzati talmente tanto da convincersi a fare anche lui la licenza.
La cosa importante, sia che la caccia sia una tradizione di famiglia sia che non lo sia, è viverla con passione e rispetto per gli altri cacciatori, per gli ausiliari, per il territorio e i selvatici da abbattere e abbattuti.
Io sono un cacciatore del1985 nell.1989 o preso il porto d.armi uso caccia e ci sono andato per 6 anni dopo non sono più andato per incidente sul lavoro ora è da circa un anno che ci sono andato con i miei amici forse ritornerò come allora vi assicuro che è 1 sport bellissimo sto convongento pure mio figlio
Bravo Vincenzo!
Sembra che questo ragazzo abbia letto il mio libro dal titolo “Ammalarsi di naturalità e beccaccite”, ove descrivo come sono malattie dalle quali non si guarisce mai, anzi ….
Francesco Materasso WWW. farncescomaterasso.com
Quanta verità nel tuo racconto, condivido pienamente e mi sembra di tornare indietro nel tempo e a quando piccolissimo (5 anni + o meno) aspettavo con ansia al mattino in dormiveglia il mio papà che venisse in camera a chiamarmi per andare a caccia e quante volte nel silenzio della notte acutizzavo l’udito per sentire mio padre che si svegliava. Il cuore batteva forte e l’emozione per la giornata di caccia ormai prossima era troppo forte. Ricordo che solitamente i preparativi iniziavano già la sera prima quando si caricavano le cartucce e si preparava l’occorrente per la mattina dopo. Emozioni indescrivibili e indimenticabili. È una passione unica, non per tutti, solo chi c’è l’ha può permettersi il lusso di condividere alcuni particolari.
Sicuramente qualcosa viene da dentro dal profondo del Nostro DNA, dopo tutto se il genere umano si trova dove è ora è anche merito dei primi uomini che con la caccia hanno posato i primi tasselli nel progredire della vita di ognuno di Noi, aimé ora la nostra civiltà sta degenerando in molti campi, condivido pienamente quanto scritto dal mio Amico Cacciatore, un era difficile per Noi Appassionati, dobbiamo vivere la Nostra Passione interiormente solo questo ci dà modo di trasmettere la vera passione, non rincorriamo le mode, viviamo la Vita.
Cinque stelle sono poche per premiare le verità espresse da Alessio Albanese
La caccia è fantastica nessuno tranne noi cacciatori possono capire le emozioni che si provano altro che animalisti violenti e ipocriti viva la CACCIA ora e sempre
Questo si chiama vivere le emozioni…. Ammirazione x l’arte venatoria e rispetto x l’animale da morto più che da vivo
Grande