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Gestire il fagiano vuol dire migliorare o ricreare gli ambienti in cui vive

I miglioramenti ambientali sono uno strumento fondamentale per gestire la specie, spesso però negli ATC questi interventi non sono né decisi né studiati da tecnici faunistici, e neanche vengono pianificati con una visione a lungo termine. Così si perde gran parte del loro importante valore ambientale e gestionale.

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Nei precedenti articoli abbiamo cominciato a prendere in considerazione alcune alternative ai fagiani pronta caccia, in questo ci soffermeremo, invece, su un aspetto che in una gestione conservativa della specie dovrebbe ricoprire un’importanza fondamentale: i miglioramenti ambientali.

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Essi sono, a detta degli esperti del settore, studiosi e non, uno degli strumenti più utili e necessari per favorire le popolazioni di piccola selvaggina in difficoltà. Intervenire con dei miglioramenti ambientali su un territorio porta innumerevoli vantaggi, spesso anche per altre specie di interesse venatorio e non.

I vantaggi di questo strumento

Il nome stesso di questi interventi ne sottolinea la positività a livello ambientale; essi sono, in effetti, il modo migliore per aumentare le aree incolte e le aree di confine nelle zone occupate dall’agricoltura intensiva, e per incrementare le aree coltivate e le fonti di cibo nelle zone abbandonate e incolte.

Creare diversità nella vegetazione permette di fornire ai fagiani tutto ciò di cui hanno bisogno nelle varie stagioni. In molti ambiti la fine dell’estate coincide con la trasformazione in deserto di tutto il territorio. Gli animali affrontano la stagione venatoria completamente sprovvisti di ripari. Un fagiano che si invola in questo contesto non ha scampo perché non vi sono rifugi o barriere visive che gli permettano di nascondersi alla vista dei cacciatori; se poi è stato liberato pochi giorni prima questa conclusione si amplifica all’inverosimile.

Abbiamo già sottolineato l’importanza di liberare individui di qualità che siano abituati a volare sulle piante di giorno come di notte: è quindi altrettanto importante che negli ambienti dove vengono liberati vi siano siepi, filari e appezzamenti con alberi adatti allo scopo. Non sempre chi si occupa di gestione può intervenire e cambiare le cose, ma spesso sì.

Avere zone di riparo dai predatori con siepi, filari ed alberi ad alto fusto dove i fagiani possono appollaiarsi per sfuggire alla predazione è fondamentale per la loro sopravvivenza.

È ovvio che tutti questi discorsi non hanno alcun senso se si opera in un ambito che si basa sui pronta caccia, i miglioramenti ambientali, in questo caso, potranno rendere la caccia leggermente più divertente e portare la sopravvivenza da un giorno a due o tre, nulla che ne giustifichi la spesa insomma. Anche questo strumento, quindi, ha senso in un’ottica nuova in cui l’unico obiettivo sia la creazione di popolazioni autonome e durature che sopravvivano in natura.

Un importante investimento economico per il futuro

Prima di prendere in esame per sommi capi alcuni interventi utili per il fagiano dobbiamo fare il punto sulle tempistiche e sulle risorse.

Numerosi ambiti e comprensori spendono in miglioramenti ambientali cifre irrisorie che hanno il solo scopo di tranquillizzare le coscienze più sensibili e niente più. Primo punto da trattare infatti è proprio il costo, che dovrebbe aggirarsi nell’ordine delle poche centinaia di migliaia di euro. Numeri che ci appaiono certamente importanti, ma che non consideriamo tali quando vengono spesi per lanci di selvaggina dalle dubbie speranze di sopravvivenza, e qui dovremmo parlare di tutte le specie (come lepri, starne, ecc.) e non solo del fagiano, ma non è questo l’articolo adatto.

Abbiamo già trattato la questione economica e abbiamo già osservato come i soldi in realtà ci siano e altri se ne potrebbero trovare aumentando di poco le quote di iscrizione dei cacciatori che sarebbero ben disposti a investire nel futuro proprio e della propria passione. Un conto è spendere per dei polli che sostituiscono per pochi giorni il piattello, un altro è investire per avere, nel giro di qualche anno, popolazioni selvatiche come se ne vedevano una volta. Ovviamente, servirebbe molta più trasparenza e condivisione di quella mostrata fino a oggi dalla stragrande maggioranza degli organi di gestione.

La scienza come strumento fondamentale

Qui entra in gioco un altro fattore fondamentale: lo studio degli effetti. Per quanto si possa leggere e studiare, la maggior parte delle questioni riguardanti la gestione faunistica vanno provate, sperimentate e approvate o cambiate perché ogni territorio e ogni habitat ha la sua storia e il suo modo di reagire alle azioni messe in atto.

Per sperimentare è necessario allora raccogliere i dati in modo corretto e puntuale così da avere la possibilità di correggere il tiro ove necessario. Abbiamo già accennato alla necessità di acquistare i capi da immettere con una certa attenzione, ma è inutile sperimentare cinque allevamenti diversi in cinque anni se poi ci si basa solo sul malcontento o sui desideri dei cacciatori. Servono censimenti e studi accurati che aiutino una scelta razionale e motivata.

Le zone erbate ricche di entomofauna sono essenziali per i nuovi nati, la cui alimentazione è costituita quasi totalmente da insetti.

Questo aspetto dipende in larga parte da noi; ogni volta che ho vissuto in prima persona l’interfacciarsi del mondo venatorio con quello scientifico non ho potuto fare a meno di notare la diffidenza di quest’ultimo e il senso di superiorità del primo. Atteggiamenti che non aiutano la collaborazione e la produttività degli interventi. Il mondo venatorio ha bisogno della scienza perché, come ho già scritto troppe volte, solo attraverso di essa può motivare le sue scelte e le sue azioni difendendosi da chiunque, anche da coloro che, dall’interno, disapprovano l’abbandono di certe pratiche aberranti.

La pazienza come virtù fondamentale per il cambiamento

Parlando di tempi è importante sottolineare un aspetto scontato che, purtroppo, spesso scontato non è: non possiamo aspettarci di vedere i risultati di una simile gestione da un anno con l’altro. La natura è lenta e l’uomo non può far altro che seguirne i ritmi senza interferire.

Possiamo anche riempire un A.T.C. di miglioramenti ambientali, spendere trecentomila euro per farli al meglio, ma se in autunno i fagiani che ne hanno usufruito vengono falciati dai cacciatori l’anno dopo la popolazione sarà nelle medesime condizioni. Sarebbe perciò auspicabile diminuire la pressione venatoria almeno per un’annata riducendo il carniere individuale.

Un altro fondamentale accorgimento potrebbe essere cominciare a intervenire nelle aree di rifugio con un duplice effetto: consolidare le popolazioni ove già presenti avendo sott’occhio gli effetti degli interventi senza la variabile del prelievo venatorio e aumentare gli individui che potrebbero essere successivamente catturati e liberati nel territorio libero.

Miglioramenti ambientali pensati con lungimiranza

Nella maggior parte degli ambiti i miglioramenti ambientali non vengono né decisi né studiati dai tecnici faunistici, anzi, perlopiù vengono proposti dagli stessi agricoltori che si candidano partecipando a generici bandi. Gli interventi di questo tipo non hanno alcun valore in una gestione come quella qui proposta perché non tengono minimamente conto dell’insieme.

Come già accennato, questo strumento può essere di fondamentale importanza solo se ben organizzato, vediamo perciò quali sono i punti salienti di questa necessaria organizzazione.

Il territorio analizzato deve innanzitutto essere diviso in zone che corrispondano, come superficie, all’home range della specie nell’habitat oggetto di studio. In generale il fagiano non è un animale famoso per i suoi ampi spostamenti, perciò le zone dovranno essere piuttosto piccole. Così facendo sarebbe più semplice identificare le zone idonee a ospitare gli interventi, evitando quelle non vocate alla presenza della specie e selezionando quelle totalmente o in parte poste all’interno delle ZRC.

Ognuna di queste zone dovrà possedere al suo interno tutto il necessario per la vita annuale del fagiano. Innanzitutto, sarebbe utile provvedere a ricavare un appezzamento idoneo alla cova. Spesso le femmine, in mancanza di colture più idonee, depongono le uova nell’erba medica che viene immancabilmente falciata prima che i pulcini possano essere nati o essersi messi in salvo. Ricavare, perciò, delle strisce di erba magari nei pressi dei confini o delle siepi potrebbe servire allo scopo.

In secondo luogo, risultano preziosi gli appezzamenti che attirano la fauna entomologica che costituisce la totalità dell’alimentazione dei piccoli appena nati. Finalizzare un appezzamento di terreno a colture quali appositi miscugli di erbe o cereali primaverili potrebbe per esempio essere un’azione positiva in questa direzione; ma anche questo dipende dall’ambiente in cui ci si trova a intervenire.

Altro aspetto da tenere in considerazione è l’alimentazione degli adulti che varia durante il susseguirsi delle stagioni. Essa può essere sostenuta in tanti modi diversi che devono essere però preventivamente pianificati per evitare di ritrovarsi con stagioni scoperte che porterebbero gli individui a disperdersi alla ricerca di cibo con tutti i rischi e le conseguenze del caso.

Per la sopravvivenza nel periodo invernale è fondamentale che il fagiano trovi nel suo home range sia zone di riparo che campi adatti all’alimentazione.

In ultimo, come già accennato, saranno fondamentali le aree dove trovare riparo dai predatori sia nelle ore diurne che in quelle notturne con particolare attenzione alla vegetazione ad alto fusto e alle zone di incolto gestito.

Quanto scritto sopra è una generica linea guida, ma è ovvio che l’habitat di queste aree va preventivamente studiato perché in alcune di esse magari andranno fatti solo alcuni degli interventi citati e questo potrebbe ovviamente essere una discriminante per la scelta delle zone. L’importante sarà mettere le popolazioni di fagiani in condizioni di vivere in un habitat a loro congeniale per l’intero corso dell’anno favorendone la riproduzione oltre che la sopravvivenza.

Un aspetto ostico ma importante: il rapporto con il mondo agricolo

L’ultima questione che dobbiamo affrontare e su cui mi sento in dovere di spendere qualche riga è la necessità di interloquire in maniera collaborativa con il mondo agricolo. Creare dei miglioramenti ambientali richiede già un discreto investimento economico, ma svolgerli in collaborazione con agricoltori mal disposti potrebbe divenire quasi impossibile.

Ovviamente, in un mondo idilliaco, queste disposizioni dovrebbero venire dall’alto per il bene di quella fauna di cui l’opinione pubblica si riempie spesso e volentieri la bocca; che sia tutto in mano agli A.T.C. è piuttosto vergognoso, ma è la realtà attuale e quella con cui dobbiamo scontrarci per cominciare a cambiare le cose.

L’obiettivo deve quindi essere quello di mostrare a coloro che gestiscono le coltivazioni la bontà dei nostri tentativi e soprattutto i vantaggi che una gestione della fauna conservativa di questo tipo può portare anche al loro mondo. Un’impresa ardua, ma non impossibile, come quella di eliminare i lanci di fagiani pronta caccia.

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Giovanni
Giovanni
11 mesi fa

era il 1992 anno di nascita della legge 157 che ha istituito gli ambiti di caccia
anno in cui molti cacciatori sono stati contenti perché così nessuno da fuori poteva entrare e prendere ciò che ritenevano di loro possesso
nei primi anni di gestione in effetti le cose andavano molto bene i contadini previo il pagamento di piccole cifre lasciavano le sponde dei canali sporche e i selvatici vi si potevano nascondere e riprodurre e nelle casse degli ambiti restavano molti soldi non spesi fino a raggiungere le stesse cifre che ogni anno i cacciatori versavano nelle casse come quote di partecipazione
poi chi aveva in mano la gestione dell’ambito ha capito che poteva guadagnare di più lanciando come pronta caccia dei polli colorati e siamo giunti ai giorni odierni in cui il contadino immaginando una possibilità di maggior guadagno pretende più soldi per pratiche che non gli costano nulla e che non gli danno nessuno fastidio ai suoi guadagni

Pagliotti Renato
Pagliotti Renato
1 anno fa

anni fa i canpi erano circondati da file di piante basterebbe consigliare o obbligare gli agricoltori ad usare un pezzo di canpo poco utile come bosco

Vincent
Vincent
1 anno fa

Il “pronto caccia” che sostituisce il piattello è l’argomento contro noi stessi che offriamo all’opinione pubblica.
‘E l’opposto dell’argomento che usiamo volontieri per giustificare la nostra permanenza nel paesaggio: quello che il cacciatore serve da regolatore all’equilibrio del territorio.
Se siamo messi così male da non essere capaci di gestire la nostra propria fauna (il che dovrebbe essere il nostro compito di ‘appassionati’ della natura) vuol dire che siamo dei disequilibratori, non degli equilibratori.
La comunità venatoria deve impegnarsi a creare queste condizioni per ri-arricchire le nostre terre di vita selvatica. Ne va della sopravivenza della caccia in Italia!
Bell’articolo.

Mario Ferrai
Mario Ferrai
1 anno fa

sono cinquant’anni che caccio a Bs, pv, pr
in tutte le zone stesso problema, la selvaggina stanziale va scomparendo, anzi sono 5/6 anni che non vedo più una covata sia di fagiani, pernici e starne, si vede ancora qualche natività di lepre ma penso per poco.
Da quello che io, ho visto in questi anni, reputo la principale causa la mancanza del prato stabile, non più coltivato dopo avere incentivato gli agricoltori a togliere le mucche di coseguenza anche le stalle optando per la monocoltura.
Seconda causa i nocivi, non si può posare (almeno in Lombardia)una gabbia per la cattura delle volpi, corvi gazze, nutrie.
senza un adeguato controllo dei nocivi non si va da nessuna parte.

RICCHI ROBERTO
RICCHI ROBERTO
1 anno fa

Per gestire i fagiani non ci vogliono molti soldi ma idee ed esperienze. Per prima cosa CACCIA CHIUSA ALLE FEMMINE, poi razze specifiche per ogni ambiente. Colture a perdere, non occorre fare ettari ma basta fare dei micro appezzamenti ed una gestione dei terreni incolti prevedendo su di essi 2 sfalci all’anno per appezzamento, possibilmente a macchia di leopardo, facendo cosi gran parte del nutrimento occorrente lo trovano già li, sia i fagiani che lepri che le starne. Poi ci vuole che i cacciatori si dedichino un po a fare le cacce UTILI quando la caccia è aperta, per abbassare il numero di tutti gli animali opportunisti, cornacchie, gazze volpi ecc. se ci dedicassimo tutti a queste cacce anche solo 2 volte all’anno sarebbe sufficiente
TUTTI DOVREMMO DARE UNA MANO ,(per quello che uno può) E NON ASPETTARE SEMPRE LA PAPPA PRONTA “

Giacarlo Rezzara
Giacarlo Rezzara
1 anno fa

Condivido tutto ciò che ho letto e credo che siano in tanti ad esserlo perciò penso che sia il momento di agire se vogliamo continuare a coltivare la nostra bella passione.

Matteo Del Cesta
Matteo Del Cesta
1 anno fa

92 minuti di applausi!
Peccato che tutte queste parole resteranno lettera morta.

Luca Bartolucci
Luca Bartolucci
1 anno fa

Dipende solo da noi e dalla volontà di proporle a tutti i livelli, investendoci, quanto meno, il nostro tempo libero.

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