La lepre: ambiente, alimentazione e gestione dell’habitat
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Molte persone che si reputano grandi conoscitori della lepre europea, ritengono che per migliorare l’ambiente per questo lagomorfo la cosa da fare sia di fornire alcuni alimenti ritenuti particolarmente appetiti ed idonei. In tante riserve pertanto si vedono ampie superfici seminate con avena ed erba medica.
Benché non sia sbagliato, ciò dimostra una conoscenza molto parziale della biologia di questo mammifero e delle sue esigenze ambientali e nutrizionali.
I limiti dei cerali invernali e dell’erba medica
I cereali invernali come l’avena infatti sono utilizzati dalla lepre solo durante le prime fasi della loro crescita (quindi in inverno) ma sono tendenzialmente evitati negli altri periodo dell’anno. Il loro valore energetico infatti declina rapidamente man mano che aumenta la loro altezza e si avvicinano alla maturazione.
L’ingiallimento dei cereali come l’avena, il frumento e l’orzo è il segnale che la parete cellulare si è ormai quasi completamente ricoperta di lignina, sostanza indigeribile anche per gli erbivori.
L’erba medica è sicuramente un alimento altamente energetico, tuttavia anche il suo valore nutritivo non è costante. Ad esempio durante l’inverno va in “dormienza” cioè arresta la sua attività vegetativa e pertanto durante questa fase si riduce anche il suo valore nutritivo.
Inoltre l’erba medica, soprattutto nelle prime fasi vegetative, per l’elevata concentrazione di carboidrati altamente fermentescibili, può causare dei disturbi intestinali nelle giovani lepri, soprattutto se non ci sono altri alimenti disponibili.
Le piante più apprezzate dalla lepre per l’alimentazione
Da questo punto di vista la leguminosa da preferire è la lupinella che favorisce fermentazioni intestinali ben modulate.
Bisogna ricordare infatti che la lepre, come gli altri lagomorfi, è un erbivoro stretto che utilizza a fini energetici la cellulosa delle piante attraverso una processo di fermentazione reso possibile dalla ricca flora batterica che ospita nel suo intestino cieco. La lupinella inoltre contiene delle sostanze come i polifenoli che svolgono un’azione naturale di contrasto ai parassiti intestinali che nelle lepre sono molto comuni. Anche il trifoglio pratense è molto ricercato dalla lepre ed è preferito all’erba medica.
Inoltre, le ricerche condotte sulla lepre hanno messo in evidenza l’importanza delle piante spontanee nella sua alimentazione, come ad esempio la piantaggine, il papavero, la borsa del pastore e la carota selvatica. Fra le piante coltivate invece risultano particolarmente apprezzate la soia e la barbabietola da zucchero.
Un habitat a misura di lepre
Sarebbe però sbagliato considerare una gestione dell’habitat per la lepre solo considerando le sue preferenze e abitudini di alimentazione. Si tratta di una specie infatti che necessita di ambienti ben distinti per l’alimentazione ed il rifugio.
Durante le fasi di attività, infatti la lepre tende a selezionare ambienti con vegetazione bassa (non superiore a 20-25 cm) sia perché vi trova le piante con maggiore valore nutrizionale sia perché in questo modo può controllare meglio l’eventuale presenza dei predatori e fuggire alla massima velocità all’occorrenza. La vegetazione più alta e fitta è utilizzata invece solo come rifugio, a patto che sia a breve distanza da quella di alimentazione.
Strategie per le zone coltivate
Infatti, nelle zone coltivate, la densità della lepre aumenta dove è minore la distanza fra queste due aree. Dove gli appezzamenti sono di maggiori dimensioni e prevale la monocoltura la presenza della lepre è tendenzialmente ridotta. Occorre considerare inoltre che spesso le colture come i cereali invernali costituiscono delle barriere quasi impenetrabili che quindi ostacolano gli spostamenti degli animali da una zona all’altra.
In condizioni di agricoltura intensiva quindi, dove le dimensioni degli appezzamenti sono generalmente ampie e la varietà delle colture è ridotta, se vogliamo favorire questo lagomorfo dobbiamo agire con intelligenza. In questi contesti acquistano grande importanza gli spazi seminaturali (bordure, strisce incolte o con essenze fiorite, piccoli campetti a perdere) fra una coltura e un’altra perché consentono di rispondere alle esigenze di questa specie.
Un altro accorgimento è quello di lasciare fra una coltura e l’altra e fra la coltura ed il margine esterno, una striscia di vegetazione bassa. Queste fasce costituiranno non solo una importante possibilità alimentare per la lepre, ma anche le aree di movimento e di spostamento all’interno dell’ambiente.
Praterie naturali e pascoli
Nel caso di praterie naturali, semi-naturali o pascoli, il discorso ovviamente cambia. In questi casi, se la vegetazione non è né troppo fitta, né troppo alta, il luogo di rimessa e quello di alimentazione della lepre tendono quasi a coincidere.
Tale situazione è favorita dalla pascolo di bestiame vaccino od equino a basse densità, mentre invece il pascolo ovino tende ad avere un effetto negativo perché le pecore pascolano l’una accanto all’altra formando un ambiente caratterizzato da vegetazione molto bassa senza possibilità di rifugio.
Il pascolo che favorisce maggiormente la lepre è quello equino perché produce un ambiente con erba a diverse altezze e densità. La riduzione delle attività silvo-pastorali però causare una riduzione di questi ambienti che nel tempo si riempiono di vegetazione arbustiva alta e fitta.
In questi casi se si vuole mantenere una buona idoneità dell’habitat si deve ricorrere ad un sfalcio periodico della vegetazione. E’ preferibile farlo a strisce perché consente di ottenere una maggiore variabilità ambientale. Questo accorgimento è utile anche per la gestione di aree incolte di grandi dimensioni.