Canna rigata, una panoramica dei calibri da caccia più diffusi ed efficaci
Dal piccolo .223 Remington al poderoso 9,3x62. Qui abbiamo raccolto 14 calibri che per storicità, diffusione e performance, a nostro avviso meritano di essere annoverati fra i più interessanti per la caccia con armi a canna rigata.
🔥 Entra nel nuovo Canale WhatsApp di IoCaccio.it 🔥
Un neofita della canna rigata che si appresta a seguire una battuta al cinghiale sentirà parlare spesso di calibri come 30-06, 308 W, qualche volta di 9,3×62, e se invece, dovesse accompagnare qualche amico in una battuta in selezione, sentirà nominare il 7mm Rem Mag, il 300WM, ancora il 308 Winchester e sicuramente anche altri… molti altri… così tanti che potrebbe trovarsi disorientato.
Infatti, quando ci si approccia per la prima vota ai calibri della canna rigata non è facile orientarsi di fronte allo sterminato panorama di numeri, sigle, nomi, abbreviazioni e simboli che ne compongono e caratterizzano le diciture. E in effetti la cosa è normale, data l’enorme varietà dell’argomento e il fatto che la classificazione dei calibri non è univoca: non si segue, cioè, una sola via di classificazione, ma nomi e numeri si mischiano a seconda della storia, dell’epoca e della provenienza geografica delle munizioni.
Detto ciò, in questo articolo intendiamo introdurre con quanta più chiarezza e semplicità possibile, anche e soprattutto per chi non ha alcuna confidenza con l’argomento, nomi e caratteristiche dei più diffusi e, a nostro avviso, efficaci calibri utilizzabili nella caccia con armi a canna rigata.
Tre premesse indispensabili
Prima d’iniziare a parlare dei singoli calibri è utile fare alcune premesse. Per chi ha già una certa familiarità con questi argomenti saranno banalità, ma per chi si sta avvicinando ora alla canna rigata sono informazioni indispensabili per orientarsi nella nomenclatura.
- Com’è strutturata una munizione per canna rigata
Le munizioni per armi a canna rigata sono sempre e completamente costituite in lega metallica, con un bossolo in acciaio (o altre leghe resistenti) contenente una certa quantità di polvere. Il bossolo ha al suo apice un restringimento chiamato colletto nel quale è alloggiata in modo saldo l’ogiva, anch’essa composta da leghe metalliche varie. Non c’è altro a costituire la munizione, solo un bossolo metallico contenente polvere e sovrastato dal proiettile. - L’unità di misura, il Grano
Il peso sia dell’ogiva che della carica di polvere si esprime sempre in grani (identificato dal simbolo gr, da non confondere con la semplice g che sta ad indicare i grammi), dove il grano è un’unità di misura di massa corrispondente a 0,065 grammi (approssimato). - Calibri anglosassoni/americani vs Calibri europei
Possiamo ricondurre i calibri per canna rigata a due grandi famiglie, quella anglosassone/americana e quella europea. Queste differiscono, ovviamente, per molti aspetti ma nella quasi totalità dei casi l’origine è ben distinguibile osservando la nomenclatura con cui è identificato il calibro. Nei calibri americani i numeri sono generalmente preceduti da un punto (ad esempio .308) che sta a indicare l’abbreviazione in decimali di pollice della misura del diametro del proiettile, a cui spesso segue un nome che può richiamare la casa costruttrice che ha inventato il calibro (ad esempio, .308 Winchester) oppure il nome specifico di un ingegnere o un militare a cui si attribuisce l’introduzione della munizione. Nei calibri europei, invece, la numerazione è spesso di questo tipo 7×64 Brenneke: il primo numero indica in millimetri il diametro del proiettile montato, il secondo, invece, fa riferimento alla lunghezza del bossolo senza ogiva (espressa sempre in millimetri). Anche in questo talvolta si trova a seguire un nome che fa riferimento all’inventore, alla casa costruttrice o, come nel caso del 6,5×55 Swedish, alla nazione che militarmente lo ha utilizzato per prima.
I calibri per canna rigata più diffusi ed efficaci
Detto tutto questo, siamo pronti ad affrontare la nostra panoramica sui calibri più diffusi ed efficaci per la caccia con armi a canna rigata. Ne abbiamo selezionati 14, a nostro avviso fra i più interessanti per storicità, diffusione o performance, e abbiamo scelto di presentarveli in ordine di grandezza, dal più piccolo al più grande, dividendoli tra calibri anglosassoni/americani e calibri europei.
CALIBRI ANGLOSASSONI/AMERICANI
.223 Remington
Nato nel 1962 e presentato, come si evince dal nome, dalla Remington Arms, il .223 del suo nome sta a indicare la misura in pollici (inch) del diametro del proiettile che monta, ossia 0,223 inch pari a 5,56 mm. Il bossolo misura 45 mm e la sua capacità di dosaggio va dai 20 ai 28 grani di polvere che spingono ogive di un peso compreso tra i 45 e i 70 grani, con grande prevalenza dei 55 grani.
Un calibro molto piccolo per la caccia, ma che da sempre annovera schiere di fedelissimi, entusiasti delle sue capacità uniche, date da caratteristiche intrinseche molto particolari. Piccolo e terribile il .223 Remington, infatti, è in grado di spingere il proiettile a velocità altissime, prossime anche ai 950-1000 m/s, con traiettorie che restano incredibilmente tese e radenti per i primi 200 metri, sebbene le ogive che monta, data la leggerezza, siano facilmente soggette a deviare se colpite da vento trasversale (aspetto che ogni tiratore deve tenere in conto con calibri così leggeri e veloci).
La facilità e maneggevolezza delle armi che lo calibrano consentono di sopperire alla scarsa potenza espressa, che si attesta attorno ai 1600-1800 Joules, con la grande precisione del tiro, da alcuni definito “chirurgico”.
Oltre che per il tiro sportivo e il varmint (cioè il contenimento di specie dannose), con il .223 si possono insidiare caprioli, daini e anche cinghiali, a patto di non esagerare con le distanze (entro i 200 metri) e di essere in ottimo feeling con l’arma (per questo giocano a favore il bassissimo costo delle munizioni e il rinculo praticamente assente che consentono lunghe sessioni di allenamento davvero poco impegnative).
Detto questo, è evidente che le armi da caccia che lo adottano sono solo ed esclusivamente le bolt-action, non è infatti un calibro adatto a carabine semiautomatiche da caccia.
.243 Winchester
Il calibro .243 nasce nel 1955 dalla volontà di adattare un proiettile di 6mm, cioè 0.243 inch, al bossolo del 308W. Così, la sola modifica che fu apportata fu il restringimento del collo (in realtà fu anche allungato di 1mm, per un totale di 51,2mm per evitare eventuali confusioni tra i due calibri) in modo che fosse ospitata un’ogiva più piccola e leggera rispetto a quella del 308, in grado di viaggiare con traiettorie molto tese e lunghe a velocità di 900-1000 m/s e scaricare attraverso i suoi 80-100 grani di peso una potenza che si attesta sui 2500-2800 Joules.
È un calibro che grazie alla grande varietà di palle disponibili si adatta perfettamente a vari tipi di caccia, dai leggeri nocivi in campo aperto (non risente troppo del vento in spazi aperti) alla caccia a caprioli, daini e cinghiali, fino ai tiri a lunga distanza sulle pendici montane, essendo assolutamente risolutivo e rispettoso delle carni che colpisce.
Il costo delle munizioni e la gestione generale delle armi che lo camerano sono poco impegnativi, così come poco impegnativi sono rumore e rinculo dopo lo sparo. La reperibilità di armi e munizioni in questo calibro è ampia e conveniente. Il .243 è quindi, sebbene non diffusissimo, un calibro adattissimo per la caccia in selezione e per il contenimento danni. Non si addice, invece, ad armi semiautomatiche da caccia.
6,5 Creedmoor
Il calibro 6,5 CREEDMOOR (6,5 di diametro palla e 48,8 mm di lunghezza del bossolo) è arrivato sul mercato in tempi molto recenti, nel 2007, sviluppato dallo scienziato balistico Dave Emary e prodotto negli stabilimenti della CREEDMOOR Sports, da cui il nome.
Stringe al colletto palle dai 120 a 145 gr spinte da 40/45 gr di polvere, generando velocità comprese tra gli 820 e gli 890 m/s e sviluppando potenze che si attestano intorno ai 3000/3200 j. Nato espressamente per eccellere nelle competizioni di tiro long-range ha prestazioni balistiche elevate, in grado di assicurare stabilità e precisione anche oltre i 1000 metri. In poco tempo, le carabine bolt action che lo camerano hanno riscosso grande successo tra i tiratori sportivi. Recentemente, però, si è assistito a un ingresso abbastanza marcato anche nel mondo venatorio dove molti cacciatori ne stanno apprezzando le doti di gestibilità, equilibrio tra peso della palla, traiettoria e balistica terminale.
In termini teorici, per il nostro contesto potrebbe rappresentare un’ottima soluzione praticamente per tutti gli ungulati da cacciare alla cerca o all’aspetto, con un calibro in grado di esprimere traiettorie distese e regolari anche fino alle molte centinaia di metri, non distruttivo alle corte e medie distanze, con una capacità di energia e di arresto che con proiettili adatti può tranquillamente garantire stop power anche su cinghiali, daini e camosci molto lontani.
Ovviamente, la recente introduzione in questo ambiente non consente di avere molta storicità rispetto alla sua efficacia assoluta (non ci sono così tanti riscontri che provengono dai più disparati contesti e sulle più disparate prede in giro per il mondo), ma le premesse ci sono tutte e se la sua evoluzione continuerà come in questi primi anni potrebbe essere un astro nascente per la caccia di selezione in Italia di cui sentiremo molto parlare in futuro.
.270 Winchester
Immesso sul mercato nel lontano 1925 dalla Winchester, e derivato dalla struttura del .30-06, il .270 è un calibro non diffusissimo ma con una storia importante. Con un bossolo di 64,5mm e un proiettile di 7,06 mm (sebbene 0.270 inch equivalgano a 6,86mm), si immette nel segmento dei medi calibri per caccia a 360′. Può essere impiegato su armi bolt action per la caccia in montagna, per il tiro in spazi aperti su caprioli, mufloni, daini e persino cervi, così come può essere impiegato per cacciare il cinghiale sia in armi semiautomatiche che a ripetizione manuale.
Generalmente le munizioni utilizzate ospitano proiettili da 130-160 grani spinte da 45-60 grani di polvere a 900-950 m/s e riescono a sviluppare potenze in Joules pari a circa 3500-3800 in grado di garantire tiri tesi e stabili fino anche ai 300 metri che risultano determinanti una volta colpito l’obiettivo. A quasi un secolo dal suo arrivo tra le mani di cacciatori di tutto il mondo il .270 Winchester non teme l’obsolescenza, rendendosi adatto anche ad essere l’unico calibro in mano al cacciatore di canna rigata, abbastanza potente per tutto, ma equilibrato e gestibile per tutti.
7 mm Remington Magnum
Calibro che ha visto la luce nel 1962 negli USA ad opera della Remington che lo introdusse sul mercato assieme al famoso fucile a canna rigata Model 700. Derivante dai poderosi 300 HeH e 375 HeH, Remington cercò di offrire una cartuccia molto prestazionale che avesse un bossolo di lunghezza 64mm ma che contenesse molta polvere (siamo attorno a ben 80/82 grani) e ospitasse un proiettile non troppo grosso, così da conferirgli solidità e grande penetrazione. Ne risultò il 7 mm Rem Mag, con colletto molto accentuato per avere una certa sicurezza in fase di riarmo anche di fronte ad animali pericolosi come gli orsi americani.
Con proiettili che possono spaziare tra i 140 e i 175 grani e velocità molto alte, tra i 900 e i 950 m/s, una potenza espressa tra i 4000 e i 4500 Joule questo calibro è in grado, con scelte adeguate, di abbattere anche animali di grossa mole nei 300/400 metri. Distanze che il 7mm Rem Mag raggiunge con traiettorie stabili e molto tese date le caratteristiche strutturali, di peso di palla e velocità espresse.
È un calibro molto diffuso in ogni parte del mondo, camerato per la quasi totalità da armi bolt action, che da noi può essere utilizzato con successo come potente (perchè rimane sempre un magnum con 80 grani e più di polvere) all round nei contesti più disparati, dai caprioli nelle praterie fino ai cervi sui crinali montani. Potremmo dire che si piazza tra il 308W e il 300WM come prestazioni, ma si deve specificare che rispetto a questi due storicamente paga qualcosa per gestibilità, rinculo e stabilità dei tiri specialmente long range. È un calibro efficace, riuscito e di successo ma certamente non facilissimo.
.308 Winchester
Il .308, uscito sul mercato nel 1952, è probabilmente il must dei must della canna rigata. Il suo nome è dato dall’unione della misura del proiettile che monta, pari a 7,85mm, che espresso in pollici equivale a 0.308 inch, e la casa costruttrice che lo ha creato, la Winchester Repeating Arms Company. Parlarne in poche righe è difficile perché da sempre è impiegato ovunque, sia nel tiro sportivo dove detiene un’infinità di record, sia nella caccia, che come calibro scelto per molte armi in dotazione a eserciti di mezzo mondo (nella sua dicitura in mm 7,62×51 NATO).
Il .308, della famiglia dei proiettili 0.30 di pollice e con una lunghezza del bossolo pari a 51,1 mm, ha una capacità di caricamento indicativamente compreso tra i 35 e i 47 grani di polvere, con proiettili generalmente compresi nel range 145-180 grani con grande prevalenza delle 150-165 grani, che escono a una velocità compresa tra gli 800 e gli 850 m/s generando potenze prossime ai 3500 Joule.
Le sue caratteristiche di grande gestibilità, rinculo ridotto, potenza equilibrata e affidabilità assoluta lo rendono adatto a ogni tipo d’impiego sia per armi semiautomatiche da battuta (dove però non ha la massima diffusione) sia e sopratutto in armi bolt-action per la caccia di selezione, dove un’infinità di cacciatori lo considerano il calibro universale, preferibile ad altri più potenti perché in grado di garantire grande stabilità delle prestazioni, prevedibilità, precisione, risolutivo anche a lunga distanza se nelle mani giuste, tutto questo senza eccedere nella violenza del colpo o nel risultato sulla spoglia dell’animale. Alcuni lo considerano perciò più adatto a un tiro studiato a media e lunga distanza che non a un tiro poco preciso in battuta dove la capacità di arresto data dall’energia del proiettile può fare la differenza in presenza di un colpo piazzato in un punto non vitale.
.30-06 Springfield
Spesso semplicemente chiamato .30-06, è il calibro più diffuso tra tutti i cacciatori di cinghiale in battuta. Il .30 del suo nome si riferisce al diametro del proiettile che è pari a 0.308 pollici (identica dotazione di .308W e .300WM) motivo per il quale come altri calibri c’è il punto prima del 30, mentre lo 06 in questo caso indica l’anno della sua creazione, il 1906. Springfield deriva, invece, dal nome del primo fucile che fu modificato per camerare il nuovo calibro, lo Springfield M1903.
Il bossolo del .30-06 misura 63,3mm e la munizione monta proiettili generalmente compresi in un range di peso tra 150 e 180 grani, con alcune che si spingono fino ai 220 grani. La polvere è di solito dosata in 45-60 grani a seconda del tipo, del proiettile utilizzato e dell’utilizzo richiesto.
Il .30-06 è un calibro diffusissimo tra i cacciatori perché ha caratteristiche adatte a molti impieghi. Con i suoi 830-900 m/s di velocità ed i circa 3800/4000 Joule di potenza espressa, il .30-06 è potente quanto basta per fronteggiare qualunque animale si muova sul territorio italiano, ha caratteristiche di balistica terminale ottime, non è esuberante alla spalla come calibri più prestazionali ma più difficili da gestire, ci sono un’infinità di ricariche in commercio adatte a ogni esigenza e il costo è relativamente contenuto.
Va sicuramente per la maggiore nelle carabine semiautomatiche riservate alla posta al cinghiale dove esprime il meglio del suo compromesso potenza-gestibilità, ma lo si trova camerato anche in molte bolt-action dedicate alla selezione dove sicuramente sa farsi valere su ogni tipo di selvatico, su distanze anche medio-lunghe, pur non rappresentando l’eccellenza per questo tipo di caccia.
.300 Winchester Magnum
Siamo sulla vetta dei calibri con proiettile .30 fra i quali è il più giovane (1963 l’anno di presentazione). Come si deduce bene dalla dicitura è un calibro magnum ed è il più potente tra quelli elencati. Con un bossolo lungo ben 66,5mm e una capacità di 60-80 grani di polvere riesce a spingere proiettili da 150-165-180 e persino 200 grani a velocità prossime ai 950 m/s esprimendo potenze che si aggirano sui 5500 Joule.
Fin dal suo arrivo sul mercato è stato scelto come calibro per i tiri a lunga distanza e ancora oggi è utilizzato dai reparti speciali di molte forze armate per il cecchinaggio a lunga distanza. Esprime il meglio di sè camerato in armi bolt action, dove se maneggiato da esperti tiratori può permettere di abbattere alci, grossi cinghiali, cervi e daini anche a distanze prossime o superiori ai 500 metri. Il rinculo è importante e spesso le armi che lo camerano sono dotate di un rompifiamma per mitigarne gli effetti. Con l’ampia varietà di munizionamenti può essere considerato un calibro molto potente ma adatto a ogni tipo di caccia di selezione, dal capriolo al cervo. E molti lo utilizzano anche nelle semiautomatiche alla posta per il cinghiale, dove senza dubbio è risolutivo a patto, però, di convivere con l’importanza del calibro dato da peso, costo delle munizioni, possibilità di replicare il colpo ed effetti sulla spoglia.
.35 Whelen
Certamente non il più conosciuto tra i calibri di cui diamo conto in questo articolo, ma a dispetto della sua scarsa popolarità in Italia è uno dei calibri più longevi e accreditati per la caccia a medi e grandi ungulati. Nasce nel 1922 dall’idea di poter inserire palle più pesanti e di calibro maggiore (0,358 in che significa 9,1mm) nel colletto allargato di una munizione per calibro .30-06, senza esasperarne pressioni e velocità, perché rimanesse gestibile nelle armi comunemente diffuse e non camerate magnum.
Il bossolo misura quindi 63,3mm e accoglie tra i 45 ai 60 grani di polvere in grado di spingere proiettili di 200-250 grani a velocità comprese tra gli 800 e i 900 metri al secondo. Le potenze sviluppate da questo calibro sono nell’ordine dei 4500-4800 Joules, il che rende questo tipo di munizione devastante su animali grossi e tenaci.
Benché camerato in molte carabine bolt action, per la caccia italiana si configura sicuramente come calibro adatto alle semiautomatiche: affidabile e risolutivo specialmente per la battuta e quindi per tiri non esasperati come distanze ma che necessitano di grande potere d’arresto e regolarità.
Due curiosità: nonostante sia stato progettato nel 1922, la sua commercializzazione avvenne solo 66 anni più tardi, nel 1988 quando la Remington iniziò a distribuire armi calibrate in .35 Whelen; il .35 del nome fa riferimento all’approssimazione del calibro espresso in pollici (0.358 Inch), Whelen, invece, fa riferimento al colonnello statunitense Townsend Whelen che contribuì molto allo sviluppo del calibro e che fu omaggiato con l’inserimento del nome nella dicitura ufficiale dall’ingegner James V. Howe, che ne ha la vera paternità tecnica.
EUROPEI
6,5×55 Swedish Mauser
Con questo calibro andiamo a scavare fino alle origini delle munizioni moderne per canna rigata, trovandoci di fronte alla progenitrice di tutte le straordinarie evoluzioni del 6,5 mm. Il 6,5×55 mm (che nella classica nomenclatura europea rappresenta con il primo numero i millimetri di diametro del colletto che accoglie il proiettile e con il secondo la lunghezza del bossolo) nasce nel 1891 da una collaborazione del tra Svezia e Norvegia. Entrò in servizio nel 1894, prima tra le armi militari svedesi (da qui il suffisso Swedish Mauser), camerando entrambe le carabine d’ordinanza KRUG-JORGESEN e MAUSER dei rispettivi eserciti.
Al suo colletto il 6,5×55 Swedish Mauser stringe proiettili da 100gr a 160gr, la polvere contenuta nel bossolo può variare a seconda degli assetti tra i 35 e i 50 gr, la velocità che ne deriva è compresa tra gli 800 e gli 890 m/s per un’energia sviluppata che si attesta tra i 2900 e i 3400 Joule. La massima espressione di questo calibro la si incontra con palle da 140 grani.
Ben oltre cento anni d’impiego di questo calibro portano con sé innumerevoli successi in campo militare, sportivo e venatorio, tanto che al 6,5×55 armieri di tutto il mondo si sono ispirati per generare nuove munizioni e nuovi sistemi che, però, raramente sono riusciti a superare l’originale per precisione assoluta, radenza, gestibilità del rinculo e modulabilità. Caratteristiche che lo rendono un calibro straordinario per insidiare la maggior parte degli animali cacciabili alla cerca o all’aspetto anche in quegli ambienti, ad esempio montani, dove i tiri possono risultare particolarmente lunghi e impegnativi.
7×57 Mauser
Nato nel 1892 dal genio di Peter Paul Mauser con il 7×57 si entra nel mito dei calibri da canna rigata. Si può dire che questo calibro rappresenti qualcosa di più di una pietra miliare, è probabilmente il progenitore di tutto ciò che ancora oggi costituisce il tiro da caccia e sportivo con le carabine.
Bossolo da 7 mm di colletto e 57 di altezza, stringe proiettili che possono andare dai 120 ai 175 grani, spinti a velocità non estreme (dai 700 agli 850 m/s) da 40/50 grani di polvere e in grado di generare potenze che si attestano tra i 2700 e i 3200 Joule.
Il 7×57 Mauser ha caratteristiche intrinseche straordinarie e malgrado abbia ormai compiuto il secolo di età, grazie all’enorme diffusione venatoria e militare in tutto il mondo e la straordinaria varietà di munizioni in commercio, rimane un punto di riferimento eccezionale in termini di balistica. Le caratteristiche di bassa velocità unite a proiettili importanti con densità sezionale e capacità balistiche elevatissime, conferiscono a questo calibro potenzialità enormi in termini di efficacia a caccia in abbinamento a estrema gestibilità, possibilità di customizzazione e ricarica, costi di gestione, reperibilità di armi e munizioni.
Sebbene molti calibri siano stati creati in tempi più recenti, trovare per la caccia in Italia, data la mole delle nostre prede e il tipo di ambiente in cui normalmente ci muoviamo, un calibro più equilibrato, efficace, preciso del 7×57, rimane impresa ardua. Il fascino e il blasone della sua storia lo fanno preferire in armi bolt action da impiegare alla cerca o all’aspetto, e praticamente ogni costruttore ha un’ampia offerta in merito.
7×64 Brenneke
Il 7×64 Brenneke è un calibro Europeo creato dal geniale armiere di Berlino Wilhelm Brenneke e presentato nel 1917. Questa munizione, che ha dunque più di cento anni di vita, fu creata per scopi sportivi e venatori per competere con il simile americano 30-06. Il risultato che ne scaturì fu eccellente e oggi questo calibro, sebbene non sia fra i più diffusi, rientra tra le leggende venatorie di ogni tempo e di ogni continente.
Il 7×64, dove 7 sono i mm del proiettile e 64 sono quelli della lunghezza del bossolo, stringe al suo colletto palle con un ampio range di peso, compreso tra i 120 e i 177 grani, che raggiungono, con 45/56 grani di polvere, velocità vicine ai 900m/s ed esprimono una potenza prossima ai 4200j.
Le prestazioni, specialmente se viste nella prospettiva dei tempi in cui fu creato, sono straordinarie e rendono questo calibro adatto a ogni tipo di caccia con bolt action, in grado di fermare qualsiasi animale europeo e non solo, di permettere tiri lunghi e precisi, di garantire stabilità del volo e balistica terminale assolutamente di rilievo. Ancora oggi, infatti, sono molte le aziende che producono carabine a ripetizione manuale camerando il 7×64 Brenneke, che rimane una scelta classica, affascinante, efficacissima e perfettamente adatta alla maggior parte dei contesti e delle prede della caccia moderna continentale. Il reperimento di armi in questo calibro, così come delle munizioni, è piuttosto semplice e il costo è in linea con gli altri “tuttofare” disponibili sul mercato.
8×57 JS
Si tratta di uno dei calibri europei più importanti e longevi, nonché tra i più efficaci e azzeccati di sempre anche se la sua pur ampia diffusione, specialmente nel nord Europa, non è così estesa come le sue prestazioni potrebbero far supporre.
8 millimetri di colletto e 57 di lunghezza del bossolo in grado di dare il meglio di sé con palle comprese tra i 180 e i 200 grani. Si tratta di una munizione con un’ampia storia militare, le cui doti di grande stop power, lunghezza del tiro utile e regolarità nelle prestazioni ha però da sempre rapito l’attenzione di molti cacciatori, specialmente di quelli impegnati con animali grossi e resistenti come i grandi cinghiali dell’est, gli orsi e i cervi maschi adulti. Le velocità raggiunte con i 40/55 grani di polvere non sono altissime, nell’ordine dei 750 m/s, ma le caratteristiche intrinseche del proiettile, la loro robustezza e resistenza al vento, prevedibilità e costanza di rendimento, portano l’efficacia venatoria dei circa 4000 Joule prodotti alla bocca fino a distanze siderali, con possibilità di grossi abbattimenti sul posto anche alla soglia dei 500 metri, senza peraltro patire grossi fastidi per il rinculo.
Le armi che lo camerano sono tantissime, dalle classiche ex ordinanza fino alle moderne bolt action della maggior parte dei produttori. Non è da disdegnare neppure se camerato in armi semiautomatiche data la grande capacità risolutiva, ma il suo campo di predilezione rimane senza dubbio la grande caccia a mammiferi importanti da insidiare anche a distanze ragguardevoli, dove l’affidabilità e l’efficacia del colpo hanno la priorità su tutti gli altri fattori di leggerezza.
9,3×62
Creato in Germania nel 1905 da Otto Bock, tra quelli che elenchiamo in questo articolo è il calibro più grande, almeno nella classificazione che tiene conto del diametro del proiettile montato.
9,3mm di palla che raggiungono pesi compresi tra i 220 e 300 grani con grande preponderanza per la fascia 250-290 montati su un bossolo di 62mm di lunghezza che contiene da 45 a 60 grani di polvere. Le velocità che raggiunge questo calibro non sono elevatissime, siamo nell’ordine dei 720-800 m/s con potenze che raggiungono i 4800-5000 Joules. È un calibro poderoso, adatto a grandi animali cacciati non a grandissima distanza.
Il 9,3×62 nel corso dei suoi oltre cento anni di storia ha scritto pagine indelebili della caccia in ogni ambito, alci nel nord Europa, cervi e grossi cinghiali nell’area mediterranea, e poi il Big Game in Africa e Nord America. In Italia, benché vi sia un’ampia gamma di carabine bolt action che lo camerano, oggi questo calibro è sopratutto impiegato in armi semiautomatiche da battuta per il cinghiale dove i tiri non sono lontanissimi e la balistica terminale risulta devastante in termini di capacità di arresto. Una munizione così pesante può lasciare segni importanti sulla spoglia, è evidente, ma le velocità relativamente ridotte e l’ampia scelta sulle ogive disponibili mitigano discretamente questa eventualità. Da evitare in ogni caso come carabina da tutta caccia: su caprioli, daini e animali di media taglia in genere i danni prodotti possono essere davvero notevoli.
Hai fatto una bella carrellata di calibri indicandone anche l’utilizzo, però vorrei far notare che tutti i calibri inferiori al 7mm, (quindi anche il .270) per la caccia al cinghiale e al cervo sono praticamente inutilizzabili perchè nei calendari venatori di quasi tutte le regioni sono vietati per tali cacce (sebbene siano perfettamente in grado di abbattere quegli animali).