Camminando sulle frequenze della felicità
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Camminando fra i filari di pioppi alti e geometrici, distanti uno dall’altro giusto otto passi, otto passi di fatica e fango, fango chiaro, fango di pianura alluvionale, di limo, di terra e sabbia fertile… Camminando seguendo l’orizzonte uguale a se stesso per chissà quanti chilometri… Camminando con la foschia che ci avvolge, che ti costringe a pensare, una foschia di fantasie che si accumulano nelle ombre ancora lunghe dell’alba, una foschia che amplifica il suono del pettirosso che cadenzato, ritmico, incede nel canto quanto nel suo avanzare parallelo al mio e amplifica la paura del merlo, che alza la voce ed è come l’uomo solo che fischietta dal terrore e vuole nel silenzio udire un suono, e allora fa rumore…. Camminando giusto oltre le risaie, appena superato l’argine di protezione del grande fiume e del suo fratello Sesia, quel mattino inizio a sentirmi vivo….
Inizio a sentire la vibrazione, inizio a vibrare come un diapason cercando la giusta frequenza. Cancello la frenesia del lavoro, l’angoscia del quotidiano, la rincorsa costante a quello scorrere insignificante del tempo. Mi soffermo, come sempre mi capita, su insignificanti particolari, la zolla appena fresata, pulita, netta come fosse tagliata con il coltello, guardo la gazza in cima al pioppo che chiassosa annuncia la mia venuta, guardo la terra fredda e non contemplo la possibilità di una buona giornata di caccia, spesso immagino la stanchezza come unica preda.
Giotto e Saetta
Cammino e mi lascio leccare la mano da Giotto e Saetta. Prima di slacciarli mi siedo su un tronco vecchio, trasportato dalla piena, e gli parlo come fossero miei figli, gli parlo mentre loro a un centimetro dalla mia faccia mi scrutano gli occhi e navigano il mio io. Li stringo un po’ a me, li conosco troppo bene.
Conosco quanto Saetta correrà all’impazzata e quanto mi farà alzare la voce e quanto sarà ostinato e quanto mi farà godere con la sua eccessiva voglia di caccia… So anche quanto mi ama e come a fine battuta si sdraierà a fianco a me per le coccole… So anche quanto conosce i suoi errori e quanto se ne penta quando torna zuppo di fango con lo sguardo colpevole e la coda in mezzo alle gambe dopo tempi dilatati all’infinito passati a inseguire gallinelle d’acqua e porciglioni senza prestare ascolto al mio richiamo.
Conosco anche quanto sia ancora acerbo e ingenuo Giotto con il suo caracollare da Korthals in gita settimanale, quanto ogni cosa sia per lui nuova e sorprendente, quanto a sprazzi si accenda in fantastiche aperture e delicate ferme per poi far partire deciso e ingordo grossi scriccioli fra i rovi bassi. Conosco, però, anche il suo sguardo che cambia espressione se l’effluvio è diverso o troppo denso e forte, quanto a quel punto per entrambi non esista più ostacolo, nulla li frena, nulla li discosta da quel profumo di libertà.
Incontri
Cammino e in quel giorno incontro selvaggina, incontro bene. Prima da uno specchio d’acqua mi partono germani bassi fra il vapore che sale, li seguo mirando il più vicino, un colpo e cade. Saetta non lo vede, provo a indicarlo, si butta in acqua, si avvicina, ma va dritto verso un tronco e torna. Allora gambe in spalla, si fa il giro per avvicinarmi di più. Finalmente vede il maschio di germano e lo riporta con la sua grazia… ha una dote sopra la media… non gli basta portarlo, si appoggia con le zampe davanti e la consegna alla mano. Proseguo.
Saetta ferma nel mezzo di uno sporco impenetrabile. Io caccio solo perciò, per chi come ma è un po’ orso, è il momento della scelta, destra o sinistra? Il cane inizia a muoversi, devi scegliere, inizi a pensare …”Ok è un fagiano dato il luogo e come il cane lo guida… perfetto… ti guardi attorno e immagini la scena …parte così… sicuro… partirà così… lì lo incontro di prima fucilata, al limite ho quel chiaro fra i rampicanti per la seconda e la terza“… Poi arriva la realtà: parte basso, giusto dalla parte opposta, due fucilate buttate lì come sassi nei vetri, più per far rumore che per convinzione. Lo guardi andarsene, bellissimo, e cerchi di capire la rimessa, con l’intima certezza che vista la velocità, il volo, la piega tutta a sinistra che inizia a coprire il tuo sguardo, la rimessa sarà esattamente fuori dalla tua portata.
Vedo in successione: una femmina, che parte lunga…. una lepre, che ancora mi mordo le mani per il solito giochino scegli dove stare… ho pensato “mi metto davanti al cane questa volta” e lei è partita 20 metri dietro facendosi vedere per tutto il filare di pioppi… Cinghiale può mancare? Mai, parte un terzetto sotto i rovi… Capriolo? Presente. Rossa padellata da vero professionista? Fatto.
Sulle frequenze della felicità
Poi, arrivo su una ferma di entrambi e già sono teso, già sudo freddo. Non basta la stanchezza, il primo freddo, la sete che improvvisa si palesa alla gola… no, non basta… un maschio canta davanti ai cani con l’inconfondibile cocock di chi sta per salutarti, di chi s’incammina verso la libertà. Tu guardi i cani che pensano esattamente quello che pensi tu, “questo ci fotte” …forse ci ha già fottuti… ti fotte perché ti alza il tasso di adrenalina a livelli da tirare tre colpi in ripetizione prima di averlo in canna… e fotte i cani perché li carica a molla tanto da mollare la ferma e chiudere sta farsa accettando la sconfitta ma vedendolo almeno volare.
Con il poco di lucidità restante, penso: “Ok, questo sa cosa deve fare… e allora giochiamoci la mia sola e unica carta, le gambe e il fiato”. Lascio i cani e parto dritto verso la fine del bosco sporco e fitto. Lì mi metto in silenzio, i cani che rompono…. non parte… guidano… fino davanti a me… cazzo, passano oltre… “mi ha fottuto, mi è passato fra le gambe”… Saetta parte, molla i freni e galoppa incrociando nella macchia … sento il canto d’involo, lo vedo già ad ali stese passare sopra cespugli fitti, una fucilata d’incontro e lo vedo scomporsi… non lo vedo più…. i cani impazziti sotto i rovi… nulla, non riportano nulla… Giotto esce con lo sguardo e cerca conferme ma è giovane e demorde, ogni tanto si ributta e poi torna per due carezze… Saetta no!! Lui la sconfitta non l’accetta… giuro! Dopo averlo incitato mi siedo a bere e lo guardo fuori e dentro per 20 minuti. Poi mi dico “basta è andato…”
Ci allontaniamo ma lui non molla. Lo guinzaglio, lo porto cento metri oltre, slaccio e lui gira la testa per tornare spedito là dove lui sa che non può perdere. Grido il suo nome, fischio, richiamo a più non posso, mi innervosisco… fino a che lo vedo arrivare a passo lento e trionfale con il fagiano rotto d’ala. Bellissimo, di covata. Lo abbraccio, ormai è tardi, sono stanco e torno verso la macchina… 96 cm di fagiano… nel ritorno trovo un secondo fagiano, sfortunato, giusto mentre mangiava nelle stoppie…
Camminando verso la macchina chiudo la giornata con un’anatra e due fagiani… Camminando ero sulle frequenze della felicità! Grazie alla foschia, ai pioppi, grazie alle risaie, al grande fiume e a suo fratello, e soprattutto grazie a Saetta e Giotto.
Racconti molto vivi. Mi piacerebbe raccontare una mia avventura che a distanza di anni mi sembra ancora impossibile. Mi potreste dire come posso fare per scriverlo? Grazie
Buongiorno Egidio,
può inviare il suo racconto alla email redazione@iocaccio.it
Lo valuteremo volentieri per la pubblicazione
❤️
Augusto, sei un Grande, uomo e cacciatore. Bellissimo , entusiasmante, vero. Chapeau!
WlaCaccia ♥️
Grazie mille Efisio…un abbraccio e buona caccia!!
Racconto molto bello che rappresenta perfettamente il legame fra il cacciatore e il proprio cane. Mi ci ritrovo tantissimo in quelle parole
Bravo
Grazie Andrea lieto che ti sia piaciuto