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Il Moriglione: un improvviso declino da fermare

La distruzione degli habitat riproduttivi e di svernamento è la principale causa del declino del Moriglione. La gestione faunistica è possibile, ma bisogna intervenire in fretta

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Il Moriglione (Aythya ferina) è un’anatra tuffatrice lunga una quarantina di centimetri che si procura il cibo immergendosi completamente negli specchi d’acqua, preferibilmente dolce, aperti, profondi almeno uno o due metri, in cui può tranquillamente andare alla ricerca di cibo. Alla base della sua dieta vi sono specie vegetali acquatiche come il falasco e il quadrello accompagnate da molluschi, piccoli crostacei, insetti, vermi, anfibi e piccoli pesci.

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Il maschio della specie può facilmente distinguersi per i suoi colori, mentre la femmina è di colore bruno chiaro uniforme, con sottocoda bruno scuro.

Nonostante le coppie si formino già nei quartieri di svernamento, la sua stagione riproduttiva comincia in aprile. Il nido è posto sempre nelle vicinanze dell’acqua tra la fitta vegetazione. La femmina vi depone dalle 6 alle 12 uova e il periodo di cova dura una ventina di giorni, ma gli anatroccoli risultano indipendenti dopo circa due mesi.

Distribuzione nel mondo e in Italia

Questa specie di anatide è diffusa nel Nord America e nell’intera zona euroasiatica: in tutta l’Europa centrale, dalle regioni del Lago Baikal a oriente sino alla Penisola Iberica, dall’Islanda e dalle Isole Britanniche sino all’Africa del Nord. Nella nostra penisola nidifica soprattutto nelle zone umide dell’Alto Adriatico e della Pianura Padana, scegliendo per la riproduzione sia aree interne che costiere. Può anche stabilirsi all’interno di bacini artificiali, purché siano circondati da vegetazione emergente, ma evita il mare aperto.

Nonostante nel nostro Paese vi siano anche popolazioni sedentarie, esso è interessato soprattutto dalle migrazioni: piuttosto importanti sono infatti le popolazioni svernanti e quelle di passaggio. Nei periodi di ottobre-novembre e febbraio-marzo la nostra penisola vede i due picchi di presenza di questa specie. Gli individui presenti sul territorio nazionale provengono da una vasta area che si estende dalle coste dell’Andalusia al Regno Unito, dal Baltico al Mar Caspio e alla Russia continentale. Gli esemplari che non svernano nel nostro Paese trascorrono l’inverno nell’area mediterranea, nelle vicinanze del Mar Nero e in Europa centrale.

Stato della popolazione nel recente passato

Durante il secolo scorso il Moriglione ha incrementato costantemente il suo areale di nidificazione europeo, colonizzando prima i paesi scandinavi, e poi quelli dell’Europa mediterranea. Nel 2000 la popolazione europea si stimava tra le 230.000 e le 330.000 coppie nidificanti (Heath et al., 2000), con un netto incremento delle consistenze negli ultimi anni del secolo. Il contingente svernante in Italia, il quarto per dimensioni tra gli Anatidi, dopo un aumento dal 1991 al 1996, si era stabilizzato intorno ai 40.000 individui (Baccetti et al., 2002). La popolazione di Moriglioni nidificante sul territorio nazionale nel 2003 era stimata in 300-400 coppie (Brichetti & Fracasso, 2003).

Stato attuale

Attualmente, la specie è stata però inserita dalla Commissione europea nelle categorie 4 e 1b dell’accordo sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori dell’Africa-Eurasia (Aewa, allegato A).

Nel 2019 Longoni ha confermato, in una pubblicazione riguardante la regione Lombardia, il calo osservato negli anni precedenti, in linea con la tendenza statistica nazionale (in declino moderato secondo Longoni et al. 2014, Zenatello et al. 2014) ed internazionale (Wetlands International 2017) osservata per la specie. A livello internazionale, la mancanza di dati per alcune regioni geografiche rende difficile la valutazione dell’andamento delle popolazioni di Moriglione nell’ultimo periodo di analisi (2006-2015) che però risulta negativo nel complesso in tutte le aree sottoposte a rilievo.

Come sempre in questi casi è necessario indagare le possibili cause di un declino così esteso e improvviso. Sfortunatamente gli studi a riguardo sono pochi e nel nostro paese sono praticamente inesistenti e si tende a fare ipotesi senza fondamento scientifico e, quando è possibile, si riversa l’intera colpa sulla caccia, dimenticandosi che la pressione venatoria era presente anche negli ultimi decenni del secolo scorso (quando la popolazione di moriglione era in costante aumento), con la sola differenza che il numero di cacciatori era molto più elevato.

Le cause del declino del Moriglione e come fermarlo

Questo anatide sta rapidamente diminuendo a livello globale, in parte a causa della distruzione di habitat riproduttivi e di svernamento e dell’impatto antropico, in particolare per quanto riguarda la contaminazione da metalli pesanti (Andreani et al. 2000 in Brichetti & Fracasso 2003) e in parte a causa del cambiamento della qualità dell’acqua negli habitat di riproduzione.

In uno studio (Fox, 2018) svolto in Danimarca nel 2018 sono stati presi in considerazione tre laghi, in due dei quali è stato attuato un ripristino: riduzione del carico esterno di nutrienti, rimozione dell’Abramide comune (Abramis brama) e del Rutilo comune (Rutilus rutilus) e stoccaggio del Luccio (Esox lucius). Questi interventi hanno migliorato la limpidezza dell’acqua e la copertura delle macrofite sommerse. Il Moriglione nidificante sul primo lago è aumentato da 2,3 femmine all’anno a 13,9 e sul secondo da 22,7 femmine a 99,6; nel lago non trattato, invece, gli esemplari di sesso femminile sono scesi da 27,7 a 11,3. Anche il numero di riproduttori è risultato essere correlato positivamente con la copertura di macrofite sommerse in un lago ripristinato con dati adeguati.

Questi risultati permettono di ipotizzare che gli interventi finalizzati al miglioramento delle acque di un bacino lacustre risultino positivi anche per la popolazione di Moriglione.

Per quanto riguarda la nostra penisola, vi è un interessante studio sull’importanza di un impianto di fitodepurazione per l’avifauna acquatica nidificante e svernante che si focalizza sulla positiva influenza di una Cassa di colmata a Mira in provincia di Venezia che ha permesso un decisivo aumento degli esemplari di Moriglione nella zona (Scarton, 2017).

In conclusione, possiamo dire che il declino di questa specie di interesse venatorio è legato alle modalità con cui l’uomo si interfaccia con la natura e con l’ambiente e, se da un lato alcuni comportamenti e azioni sembrano ormai impossibili da eradicare, quantomeno in tempi brevi, dall’altro gli interventi di gestione faunistica possibili sono numerosi e ancora tutti da sperimentare e scoprire, ma bisogna agire in fretta, prima che i numeri diventino troppo bassi rendendo vano qualsiasi tentativo lungimirante di salvare le popolazioni di questo interessante Anatide.

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Marco Fasoli
Marco Fasoli
3 anni fa

Meglio aggiornare questo articolo. I dati recenti dimostrano che è in netta ripresa. Sono a disposizione per dare una mano a scriverne un’altro.

nanni Rabbò
nanni Rabbò
3 anni fa

…………siamo al 16 aprile 2021…….a breve il governo per nome del ministro dell’agricoltura caccia e pesca, e le regioni , gli
ATC ecc. dovranno stilare il calendario venatorio 2021/2022 sarà la volta buona di ottenere un calendario uguale per tutte le Regioni per quanto riguarda le aperture e chiusure, insomma una legge valida da nord a sud della nostra bella Italia ?
Ed ottenere finalmente un periodo più lungo cacciabile per es. : da settembre a marzo !?!? . uguale agli altri Paesi Europei!?!’ Sopratutto la Regione Piemonte come noto sempre la peggiore , confido nella nuova giunta rinnovata l’anno scorso dimostratasi più consone ai problemi dei cacciatori .

nanni Rabbò
nanni Rabbò
3 anni fa

Siamo alle solite falsità……rispondo a Eliana e ad altre persone incompetenti…….prima di dare giudizi dovrebbero informarsi meglio….La fauna non è tutta in diminuzione ( vedi cinghiali e in gran parte la migratoria ) sono solamente alcune specie di Uccelli Anseriformi ad essere leggermente in diminuzione, le cause non sono dovute alla caccia , ma sicuramente agli eventi climatici negativi che il nostro pianeta sta’ subendo. Colgo l’occasione per ribadire che se la gestione di tutto l’indotto caccia, fosse data ai cacciatori ( gli unici competenti ,) sicuramente tutto andrebbe molto meglio.

Eliana
Eliana
3 anni fa

È bene che anche l’attività venatoria eviti di indicare esclusivamente in altre cause la progressiva diminuzione di specie avifaunistiche protette e non.
Proprio perché si assiste da decenni al declino della biodiversità, è paradossale continuare a cacciare per il solo gusto di farlo, non essendovi necessità alcuna di farlo per alimentarsi.
Senza contare i bracconieri, anche con licenza di caccia in tasca.

Paolo F.
Paolo F.
3 anni fa
Reply to  Eliana

I cacciatori e loro associazioni fosse anche (ma così non è), solo per “interesse” sono tra i pochi che hanno a cuore il benessere dell’ambiente, lo conoscono e lo studiano. Facendo propaganda contro questa pratica (come paragonandoli ai bracconieri), si aiutano di fatto solo i “saccheggiatori ambientali”.

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