A Caccia da ProtagonistiRubriche

La Fata

C’è una Beccaccia in particolare, quella “dell’anno”, la chiamerò la Fata...

Da che esercito solo la Caccia vagante con il cane da ferma ma non caccio il cinghiale, questa ormai alla fine è stata per me la stagione di caccia peggiore che abbia mai conosciuto in quarantadue anni di assidua attività venatoria nel nord-ovest della Sardegna.
Dopo la mazzata della sospensione per il secondo anno consecutivo alla nostra Nobile Stanziale, pernice e lepre sarda, anche poche quaglie e “dulcis in fundo” Beccacce con il contagocce!

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Ma non mollerò mai… sono nato Cacciatore e sapevo che poteva succedere anche questo, nonostante le premesse per la stagione sembravano migliori.
Mai illudersi…

Dicembre 2018, latitudine 40.50° longitudine 8.47 altitudine 615 mt.
Si esce, Io e Paco, si va a Beccacce, la giornata sarebbe anche ideale, è inverno, finalmente la temperatura giusta, stanotte è scesa addirittura la neve, le cime più alte all’orizzonte sono imbiancate, dove fermo la macchina invece, grande gelata e freddo, cielo plumbeo e vento sferzante.
Meglio tardi che mai, fino ad oggi non avevo messo guanti ne scaldacollo e cuffia.
Siamo tornati ancora una volta nella zona che quest’anno, nel suo piccolo, ha dato di più.
C’è una Beccaccia in particolare, quella “dell’anno”, la chiamerò la Fata, che mi ha rapito per la sua furbizia, leggiadra ma scaltra allo stesso tempo, le manca poco alla laurea “cum lode”.

Opera su legno del Maestro Filippo Bellavista

Ha trovato casa in un angolo di bosco fatato, protetto al punto che anche la luce del sole fatica ad entrare.
A terra un tappeto di foglie intrise di rugiada e pochi rovi radi e sparsi.
Dall’alto dei lecci cadono letteralmente “fili di rovo” che complicano oltremodo il passaggio per la caccia.
La Fata non è sempre dentro casa, dipende dal clima, dalla pioggia, dall’umidità, dal vento, tant’è che la giornata scorsa mi ha sorpreso nel bordo, al pulito….anticipando in un lampo me e il drahthaar… impennandosi maestosa rasentando il leccio in un volo a ritroso… chapeau!
Magari oggi è messa male, penso mentre con Paco affrontiamo la salita che ci porta sul piano, più faticosa del previsto con il gelo della notte che ha ghiacciato la vecchia mulattiera e reso il fondo pietroso molto scivoloso.

Finalmente siamo sopra e ripassiamo con attenzione le rimesse conosciute anche se quest’anno non hanno dato i frutti sperati… forse è piovuto troppo in primavera e in estate tanto che ha modificato l’habitat chiudendo vecchi passaggi, con tanto rovo che intralcia il camminare.
Anche la vegetazione è cresciuta oltremodo, tanto che fatico a riconoscere il posto.
Forse è mancato loro il clima giusto, la temperatura fino ai primi di dicembre era molto alta e il tasso di umidità esagerato.
Forse questo, forse quello… niente lì, niente là… e siamo arrivati al confine della prima tanca.
Richiamo il drahthaar in procinto di saltare il muretto a secco dal solito punto, ma oggi voglio entrare poco più giù e accedere direttamente all’interno del bosco fatato, evitando così sorprese dell’ultimo minuto.
Siamo dentro, il suono del campano è ovattato , la luce scarseggia che è quasi buio e Paco rallenta al punto da mettere una zampa davanti all’altra senza far rumore.

Opera su legno del Maestro Filippo Bellavista

Con la massima cautela ci districhiamo letteralmente tra i rovi fino ad uscire nella prima radura di cisto dove Paco si ferma un attimo a prendere il vento per poi scomparire sotto al primo avvallamento…
Tendo subito l’orecchio al campano e subito dopo mi è chiaro dal suono che il cane ha agganciato.
Conoscendo il movimento della Fata, non mi muovo, sono certo che Paco risale e infatti lo sento già avvicinarsi…ora lo intravedo tra la macchia, lento e teso, anche oggi la Fata cerca di prendere il largo andando via di pedina, ma Paco tiene banco, ferma prima a ridosso di un rovo, poi rompe e avanza con cautela verso una roccia spaccata per metà all’interno della quale è cresciuta una sughera, ed è di nuovo in ferma… rompe ancora e aggirando la roccia riparte più veloce verso il piano sopra la stessa tanca.
Nell’uscire dal sottobosco sento scampanellare nelle vicinanze, ma non è Paco, sono cani da seguita allargati dalla battuta più lontana e mentre ascolto mi distraggo un attimo, quell’attimo che basta per sentire il frullo ad una ventina di metri con il drahthaar in ferma.
Immediatamente dopo, la Beccaccia, un pelo sopra le vegetazione, mi passa davanti a pochi metri.
Sarebbe un bel tiro di traversone destro, ma non so cosa mi prende, sarà l’età, sarà la giornata… ma non imbraccio nemmeno il fucile seguendola con la sguardo fino a vederla scomparire ancora una volta verso… casa.
Paco è subito dietro e sparisce nel folto insieme a Lei, la cerca ripassando tutte le rimesse meticolosamente, un gran lavoro che non porta al risultato sperato.
Poi, imperterrito, taglia la tanca in diagonale fino ad arrivare sul lato opposto, fatico non poco a stargli dietro e mentre mi districo tra cisto, rovi, fronde di sughere e rocce scivolose, il campano mi allarma, il cane per fortuna rallenta e recupero terreno…rallenta ancora e ora gli sto addosso!
E’ in ferma, flesso sulle zampe in equilibrio precario, faccio giusto in tempo a piazzarmi che la fata sfonda il cisto fitto involandosi a colonna al di sotto di una grande quercia… che non riesce a scavalcare!
La mia stoccata questa volta è corta ma precisa…una nuvola di piume si adagia lentamente sul cespugliato, la Regina è poco più avanti, nel bel mezzo di un rovo.
Mi fermo e lascio fare al drahthaar, è sua la ricompensa del riporto.

Se fosse solo per quello che ho visto con i miei occhi, e non per l’esperienza, avrei potuto pensare che fossero tre beccacce, invece era sempre lei, la stessa Fata che sfido da qualche giornata.
Chapeau.

P.S. Ringrazio l’Amico e Maestro Filippo Bellavista per la gentile concessione delle sue opere su legno.

 

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