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Peste Suina Africana, com’è stata eradicata in Repubblica Ceca

Coinvolgimento dei cacciatori e misure chiare, prese in tempi rapidi, la cui attuazione è stata incentivata con compensi economici. Così la Repubblica Ceca ha eradicato la PSA

Fra i vari stati europei che in tempi recenti sono stati colpiti dalla peste suina africana, la Repubblica Ceca è uno dei pochi che è riuscito a contenere il focolaio d’infezione e a eradicare il virus in tempi brevi. Ci è riuscita grazie a misure chiare applicate in modo tempestivo e coinvolgendo i cacciatori locali. Qui vi raccontiamo quali misure sono state messe in atto.

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Il focolaio di PSA in Repubblica Ceca

I primi due cinghiali infetti sono stati trovati morti il 21 e 22 giugno 2017 nei pressi della cittadina di Příluky, nel distretto di Zlín. Come abbia fatto il virus della PSA ad arrivare lì non è ancora stato esattamente chiarito, ma è quasi certo che sia stato trasportato da attività umane (probabilmente nel terminal di un deposito logistico che dista circa 3km dal punto di ritrovamento delle carcasse), considerato che i focolai attivi più vicini, in Ucraina e Polonia, distavano più 400 km.

L’emergenza è durata pochi mesi: l’ultimo caso di positività è stato registrato il 15 aprile 2018, in una carcassa di cinghiale ormai decomposta, la cui morte risaliva almeno a tre mesi prima. L’ultimo caso in un cinghiale abbattuto, invece, è stato registrato l’8 febbraio 2018.

In otto mesi, quindi, il focolaio è stato contenuto e il virus debellato. In tutto sono stati confermati 230 casi di positività, di cui 212 in cinghiali ritrovati morti e 18 in cinghiali abbattuti. Tutti i casi sono stati registrati in un’area ristretta, di 89 km quadrati, e il contagio non si è diffuso agli allevamenti di suini.

L’emergenza sanitaria è stata gestita dallo State Veterinary Administration (SVA) che in questo report del 2019 ha rendicontato tutte le misure messe in atto.

La veloce zonizzazione dell’area infetta

La positività al virus delle prime due carcasse è stata confermata 5 giorni dopo il ritrovamento. Il giorno successivo, il 27 giugno, era già stata definita l‘area infetta, che comprendeva tutto il distretto di Zlin, un’area di circa 1000 km quadrati.

Circa due settimane dopo, il 13 luglio, è stata delimitata un’area più ampia che circondava l’area infetta, chiamata “Intensive hunting area”, ossia una grande zona a caccia intensiva di circa 8500 km quadrati, in cui si puntava a ridurre drasticamente la presenza di cinghiali per evitare l’allargamento del focolaio.

Il 18 luglio, sulla base dei risultati della sorveglianza passiva e dell’home range del cinghiale, l’area infetta è stata suddivisa in una zona ad alto rischio, di circa 159 km quadrati, e una a basso rischio.

Dopo poco più di un mese dall’inizio del contagio, la zonizzazione era quella che vedete nella mappa qui sotto.

Mappa delle zone ad alto e basso rischio, e della zona a caccia estensiva al 31 luglio 2017. Tutti i casi di PSA sono stati registrati nella zona rossa.

Le misure prese inizialmente

A partire dal 27 giungo in tutta la zona infetta è stata immediatamente vietata ogni forma di caccia ed è stato imposto il divieto di foraggiamento.

Fin da subito è stata avviata anche la ricerca attiva delle carcasse, condotta dai cacciatori locali seguendo rigide misure di biosicurezza. La ricerca è stata supportata con degli incentivi economici: per ogni carcassa ritrovata era prevista una ricompensa di 5000 corone ceche (circa 200 €).

Contestualmente, sono state prese tutte le misure per isolare gli allevamenti presenti in zona e prevenire la diffusione del virus ai suini.

Core Zone, recinzioni e campi a perdere

Successivamente, a fine luglio, nella zona ad alto rischio è stata delimitata una zona più piccola, di circa 57 km quadrati, definita “Core Zone”. Questa era stata identificata come la zona a più alto rischio di contagio, in cui erano state ritrovate la maggior parte delle carcasse infette. Qui è stato imposto il divieto di acceso a tutte le persone non autorizzate.

Mappa della Core Zone che è stata recintata e in cui è state ritrovate le maggior parte delle carcasse infette.

Nella Core Zone sono stati lasciati dei raccolti a perdere, principalmente mais, grano e colza. Circa 115 ettari di colture che fornendo riparo e cibo prevenivano la dispersione dei cinghiali presenti nell’area

La Core Zone è stata interamente recintata con reti elettrificate e con un particolare repellente odoroso, l’acido isovalerico. Questo composto naturale ha un odore pungente che ricorda la puzza di sudore ed è stato usato per imitare l’odore dei predatori così da non far avvicinare i cinghiali alle reti elettrificate.

Gli abbattimenti effettuati dai cacciatori nella zona infetta

Il divieto di caccia nell’area infetta è durato poco più di un mese, il 21 luglio sono stati autorizzati i primi abbattimenti nella zona a basso rischio. A eseguirli sono stati i cacciatori locali che erano stati preventivamente formati dallo SVA, sia sulle misure di biosicurezza da applicare durante la caccia sia per il trasporto in sicurezza dei cinghiali cacciati.

In tutto sono stati formati 1300 cacciatori ed è stata impiegata solo la caccia in forma individuale. Considerata la necessità di abbattere il maggior numero possibile di cinghiali sono stati consentiti anche dei metodi di caccia normalmente proibiti: potevano essere abbattute tutte le classi senza limitazione di sesso ed età, era consentito l’utilizzo di sistemi per la visione notturna e la caccia dai veicoli, ed era possibile effettuare gli abbattimenti anche durante il raccolto delle colture.

Nella zona ad alto rischio, invece, sono prima state attivate le catture, a partire dal 24 agosto. Sono state utilizzate 32 trappole metalliche, con sensori e fotocamere. Gli abbattimenti sono stati autorizzati solo in seguito, a partire dall’11 settembre, e con le stesse modalità della zona a basso rischio.

Tutti i cinghiali cacciati nell’area infetta dovevano essere portati in sicurezza negli impianti preposti e testati per la PSA. Le carcasse venivano marcate con una fascetta, chiuse in una sacca di plastica e trasportate sulla strada più vicina, dove veicoli dedicati le trasportavano ai centri di smaltimento. Qui un veterinario li testava per la PSA.

Come per il ritrovamento delle carcasse, anche per gli abbattimenti era prevista una ricompensa economica: circa 150 € per i cinghiali giovani (sotto i 50 kg) e circa 300 € per gli adulti. Questi capi, anche se non risultavano affetti da PSA venivano smaltiti, motivo per cui era prevista un’ulteriore compensazione economica che arrivava fino a 120 € per i cinghiali adulti.

La situazione fuori dalla zona infetta

Nel frattempo, fuori dalla zona infetta nell’area a caccia intensiva, gli abbattimenti procedevano a ritmo serrato per depopolare l’area e creare una zona buffer che prevenisse l’allargamento del contagio.

Anche in questa zona sono stati consentiti gli stessi metodi di caccia applicati nella zona ad alto rischio e anche qui è stato previsto un compenso economico di 40 euro a capo, per incentivare gli abbattimenti.

Nel resto del territorio della Repubblica Ceca sono state intensificate sia le attività di caccia, consentendo l’abbattimento di tutte le classi senza limitazioni di sesso e di età e l’utilizzo di visori notturni e luci artificiali, sia la ricerca delle carcasse, incentivata da un contributo economico di 1000 corone (circa 40€) per ogni cinghiale ritrovato morto.

Il coinvolgimento dei tiratori scelti

Per ridurre il più velocemente possibile il numero di cinghiali nella Core Zone le autorità locali hanno deciso di coinvolgere negli abbattimenti i tiratori scelti delle forze dell’ordine, in particolare l’Elite Squad, la Police Special Unit e gli Airport Snipers.

Tutti i tiratori sono stati formati sulle misure di biosicurezza e sulla caccia al cinghiale, e sono stati coordinati con i cacciatori locali. Hanno iniziato ad operare il 16 ottobre e hanno effettuato abbattimenti per 10 settimane, 3 giorni a settimana, cacciando di notte dalle 18.00 alle 6.00, con visori termici e silenziatori.

I numeri degli abbattimenti e delle carcasse recuperate

Nell’area infetta, dall’inizio del contagio al 31 gennaio 2018, sono stati abbattuti in tutto 3.758 cinghiali, di cui 18 sono risultati positivi al virus della PSA (lo 0,5%). Di questi, 157 sono stati abbattuti dai tiratori scelti delle forze dell’ordine, di cui 8 sono risultati positivi. Con le trappole sono stati catturati in tutto 106 cinghiali, di cui 4 positivi.

Fuori dall’area infetta, nella zona a caccia intensiva, sono stati abbattuti in tutto 22.215 cinghiali, tutti sono stati testati e nessuno è risultato positivo.

Le carcasse recuperate fino al 31 gennaio 2018 nella zona infetta sono state 444 e 212 sono risultate positive, circa il 47%. In tutta il resto del territorio della Repubblica Ceca sono state ritrovate e testate 2.299 carcasse, nessuna di queste è risultata positiva.

La ricerca delle ultime carcasse

Dopo aver depopolato l’area infetta, le autorità locali hanno organizzato un’intensa attività di ricerca per rimuovere le ultime carcasse rimaste.

Ancora una volta sono stati coinvolti i cacciatori locali: la ricerca si è svolta dal 22 marzo al 22 aprile 2018 e sono state recuperate in tutto 56 carcasse, di cui 10 sono risultate positive. Tutte erano ormai in avanzato stato di decomposizione, ed è stato stimato che l’infezione e la morte di questi cinghiali era avvenuta tra la fine del 2017 e il gennaio 2018. Successive analisi di laboratorio hanno dimostrato che il virus presente in queste carcasse non era più attivo, quindi, non rappresentava più un rischio per la diffusione del contagio.

Le recinzioni sono state rimosse il 1° ottobre 2018. La zona ad alto rischio è stata abolita il 26 novembre 2018. La Repubblica Ceca è stata ufficialmente dichiarata libera dalla Peste Suina Africana il 19 aprile 2019.
In Italia riusciremo a fare altrettanto?

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Giovanni Francesco Foddis
Giovanni Francesco Foddis
1 anno fa

Uccidere 20000 cinghiali in Italia è pura utopia… Non lo farebbero neanche se risultassero tutti ammalati… Anche se la malattia risulterebbe dannosa per l’uomo.

Alberto
Alberto
2 anni fa

C’è poco da commentare. Chiedere a l’onorevole Michela Vittoria Brambilla e a tutti quei parlamentari (tutti meno 1), che hanno votato circa un mese fa che nella Costituzione venissero modificati gli articoli 9 e 117……Questa è l’Italia.

Francesco sutto
Francesco sutto
2 anni fa

Non credo che sarà attuabile un piano di gestione dato che la presenza di organizzazioni amaliste creano conflitto con il mondo venatorio, e il governo a mio avviso non ha interesse specifico in materia, vedi la diffusione dei cinghiali nelle aree urbane, dove gli stessi trovano foraggianenti tramite scarti urbani.

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