La Caccia in Europa fra declino e opportunità
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Storicamente la caccia, come attività ricreativa per il tempo libero, è stata a lungo un fenomeno marginale e riservato alle classi abbienti e privilegiate. È solo con il miglioramento delle condizioni economiche generali che l’attività venatoria è diventata un fenomeno anche popolare. Il bisogno di “ritorno alla natura” dell’uomo contemporaneo, in un primo tempo, viene realizzato nel modo più diretto, cioè riscoprendo la sua natura di predatore.
Successivamente però, mano a mano che il fenomeno dell’urbanizzazione è avanzato, il rapporto con la natura è diventato sempre più indiretto e idealizzato e la caccia ha cominciato a perdere fascino e attrattiva fino a essere identificata spesso come un’attività violenta e in contrasto con la conservazione dell’ambiente.
Il declino del numero di Cacciatori
Il numero di cacciatori subisce in molti paesi un calo importante. In Italia in 25 anni il numero dei cacciatori si è ridotto del 43%. È il paese europeo in cui la pratica venatoria subisce il maggior declino, ma situazioni simili si registrano anche negli altri paesi del mediterraneo coma il Portogallo, la Spagna e la Francia. Tutti paesi che erano caratterizzati a da un elevato numero di praticanti.
In Francia all’inizio degli anni ’80 si contavano quasi due milione di cacciatori ed in Italia si superava ancora il milione e mezzo. Si tratta quindi, almeno in parte di un calo fisiologico che probabilmente ha consentito anche un certo riequilibrio con le risorse faunistiche disponibili.
Ma un ulteriore calo è ancora auspicabile? La caccia è destinata a diventare sempre di più un’attività marginale praticata da poche migliaia di appassionati residenti nelle aree rurali?
In alcuni paesi il numero di cacciatori cresce
Le statistiche europee, però, ci mostrano che in alcuni paesi (soprattutto di lingua tedesca o dell’Europa dell’est) la pratica venatoria è decisamente in controtendenza. In Ungheria dal 1992 a oggi il numero di licenze di caccia è quasi raddoppiato, ma aumenti importanti si sono registrati anche in Germania e in Austria.
In Germania se si considera il periodo dal 1968 a oggi l’aumento è addirittura del 68%. Sono paesi che partivano da una base di praticanti piuttosto bassa (in Germania attualmente si registrano circa 380.000 cacciatori) ma che tuttavia ci fanno capire che c’è una crescita d’interesse per questa attività e che si può guardare al futuro con un certo ottimismo.
Perché cresce?
Ogni paese ha una sua cultura e una sua storia ed è pertanto difficile fare paragoni. Ciononostante, in queste diverse tendenze gioca un ruolo importante la percezione che ha l’opinione pubblica della caccia e il ruolo sociale che le viene riconosciuto.
In Germania ed Austria le associazioni venatorie sono molto impegnate nella conservazione della fauna e partecipano a molte iniziative di carattere ambientale, mentre le immissioni di selvaggina di allevamento (soprattutto quelle pronta caccia) sono quasi sconosciute.
L’Associazione dei Cacciatori Tedesca (DJV) partecipa ad esempio al progetto WILD: un sistema informativo sugli animali selvatici della Germania basato sulla raccolta di dati da parte dei cacciatori volontari. I risultati vengono pubblicati ogni anno e rappresentano la base per la conservazione e l’uso sostenibile delle popolazioni selvatiche.
Partecipa inoltre a progetti per il mantenimento della biodiversità nelle aree agricole e per evitare la frammentazione degli habitat (progetto Corridoi dell’Habitat dell’Holstein). E molto interessante è anche il progetto per la messa a punto di tecniche di caccia finalizzate al controllo del cinghiale in aree agricole.
In Austria, la richiesta di un maggiore impegno per l’adozione di misure agro-ambientali per favorire la fauna e la biodiversità è partita proprio dall’Associazione dei Cacciatori Austriaci (Jagd Österreich).
Dal mondo venatorio una crescente attenzione ai problemi ambientali
Anche nei paesi in cui si è registrato una forte diminuzione dei cacciatori, tuttavia le associazioni venatorie stanno diventando sempre più attente ai problemi ambientali, soprattutto nelle aree agricole. In Francia le federazioni dipartimentali dei cacciatori promuovono molte iniziative di carattere agro-ambientale, soprattutto per la piantumazione di siepi e di strisce inerbite.
A titolo di esempio la Federazione dei Cacciatori di Pas-de-Calais ha piantumato dal 2011 al 2017 quasi 700 siepi per un totale di 87 km! Questo tipo di iniziative consente ai cacciatori francesi di vantarsi di essere i primi ecologisti di Francia.
In Spagna, stanno decollando iniziative simili grazie alla fondazione Artemisan espressione scientifica del mondo venatorio iberico. Da salutare con grande favore è anche la recente istituzione Dell’Ufficio Studi e Ricerche Faunistiche ed Agro-ambientali da parte delle Federazione Italiana della Caccia che si occuperà proprio di questi temi.
Occorre far comprendere all’opinione pubblica che la caccia è e sarà sempre di più un’attività volta ad un uso sostenibile delle risorse faunistiche basata su dati scientifici e a mantenere i migliori equilibri possibili anche in relazione alla salvaguardia delle attività agricole e silvo-pastorali oggi minacciate anche dalla sovrabbondanza delle specie ungulate. Allo stesso tempo la formazione ecologica del cacciatore dovrà diventare sempre più importante.