L’S5 Crow è il miglior richiamo per cornacchie? Recensione doppia
Mirco e Luca hanno messo alla prova l'S5 di Roberto Ardesi, nelle due versioni Crow e Croak. In questa recensione scritta a 4 mani ci raccontano tutto quello che c'è da sapere su uno dei più apprezzati richiami per cornacchia degli ultimi anni.
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C’era una volta un tiratore eccezionale che… no, aspetta, devo aver sbagliato storia! Sì, certo, Roberto Ardesi è stato anche un tiratore di piattello di elevata caratura ma oggi non sono qui per questo, sono qui per scrivere una recensione del suo richiamo per corvi, l‘S5 nelle due versioni Crow e Croak. Certamente questo non è il mio mestiere, scrivere recensioni ovvio, ma sono armiere, cacciatore e grande estimatore dei richiami a bocca, soprattutto di quelli artigianali italiani (e un po’ anche di quelli stranieri). Ho iniziato a organizzare corsi di richiamo nel lontano 2012 e da allora la passione per quest’arte mi ha portato a confrontarmi con tanti artigiani e a provare tantissimi prodotti. Oggi a casa mia si può trovare di tutto, dalla piccola allodola al bramito del cervo, ma diciamo che il mio terreno, dove mi sento di poter esprimere un giudizio migliore, è la caccia agli acquatici e ai corvidi.
Per questo, quando qualche settimana fa l’amico Luca mi ha chiesto se avessi voglia di scrivere assieme a lui una recensione a 4 mani sul richiamo di Ardesi, non ho esitato. Anche perché l’S5 è un prodotto che mi piace davvero e che trova applicazione in una caccia che ritengo super utile (mi raccomando, non disdegnate mai “due ciocchi” se passa una gazza, una ghiandaia o una cornacchia). Quindi, eccomi qui a raccontarvi la mia esperienza di utilizzo con questo richiamo, inizierò io, poi lascerò la parola a Luca e in chiusura cercheremo di dare una risposta comune alla domanda, l’S5 è il miglior richiamo per cornacchie? Iniziamo!
Le due versioni che abbiamo provato, S5 Crow e S5 Croak
Io sono possessore di un S5 Croak, uno dei nuovi modelli sviluppati da Ardesi a partire dal 2022 in cui il corpo è realizzato con la tecnica, piuttosto innovativa, della modellazione 3D. Quindi, niente tornitura dal pieno ma stampa diretta in ABS, per contenere costi e tempi di lavorazione. L’inserto, invece, è realizzato totalmente a mano, in Delrin, una resistente resina acetalica che permette di ottenere tolleranze di lavorazione molto ristrette. Sottolineo questo aspetto produttivo perché è cruciale. L’inserto è quella componente che da tono e voce al richiamo, bastano pochi decimi di mm in più o in meno per avere suoni diversi. E qui sta tutta la differenza tra un prodotto artigianale e uno industriale. Produrre artigianalmente l’inserto permette al costruttore di intonare ogni singolo richiamo con l’esatto suono desiderato. Una scelta produttiva che personalmente apprezzo molto.
Luca, invece, ha un S5 Crow, versione 2021, legno per il corpo (questo ancora fatto al tornio) e resina per l’inserto che è identico su entrambi i due modelli. Fra Crow e Croak a cambiare è soltanto il corpo: il primo ha una campana più stretta con un foro sul dorso, il secondo non è forato e ha una campana leggermente più larga. Queste differenze fanno sì che il Croak possa essere suonato agevolmente anche da chi ha mani non tanto piccole (come me!) e tenendolo in qualsiasi posizione (invece, nel Crow il foro deve sempre stare verso l’alto e deve essere chiuso dalla mano con cui si impugna il richiamo).
A corredo di ogni S5 Ardesi fornisce anche un tubino sagomato, in gomma morbida, da inserire sull’inserto. Una sorta di cappuccio che aiuta notevolmente il novizio a prendere confidenza con il richiamo, semplificando la tecnica di chiamata (e su questo aspetto ci torniamo dopo).
Fatte le dovute descrizioni dei modelli che abbiamo provato, ci tengo a precisare che Ardesi è uno di quegli artigiani che non sta mai fermo, sempre pronto a sperimentare e creare (se siete curiosi date un’occhiata al suo gruppo Facebook e vedrete che si diverte anche con corvi beccanti e oche dalla testa girevole) quindi, i modelli che vende attualmente potrebbero essere leggermente diversi da quelli descritti. Il bello, però, degli artigiani è che di solito sono molto disponibili a soddisfare le richieste dei clienti, quindi, potete tranquillamente contattarlo per richiedere modelli, materiali e finiture particolari. Io, ad esempio, sto facendo un pensierino sull’inquietante S5 a forma di testa di cornacchia.
Mirco e l’S5 Croak
DA NON CREDERCI, SBALORDITIVO!
Fine recensione.
Sì, non sto scherzando, parlo seriamente, potrei già chiuderla qui. Perché pochi richiami a bocca mi hanno lasciato così sbalordito fin dal primo utilizzo come l’S5.
Mai dimenticherò quando lo portai a casa. All’epoca avevo ancora “Caronte” la mia prima Scenic, arrivai davanti al vigneto a 300mt da casa mia e vidi ‘sto brancone di una ventina di cornacchie che pian piano prendono il volo verso il “Montazzo” (per chi è della zona, avete capito, per gli altri, un piccolo monte di fronte a casa mia). Il richiamo era ancora nella sua confezione, lo sfilo in fretta e con la macchina in moto, fari accesi e vetro abbassato, inizio a soffiare dentro ‘sto coso (per me all’epoca era ancora un coso). Guardavo in direzione del branco e mi aspettavo che, come al solito, si allontanasse per raggiungere le vette più alte, invece… iniziano ad acconsentire al richiamo! Allora con stupore, mi impegno al massimo (mai avuto lezioni da nessuno, ma come dico sempre la natura se la ascolti, beh ti dice lei cosa fare con il richiamo) e porca puzzola, queste tornano indietro…… si sono “fermate” lì, sopra di me, a una cinquantina di metri dalla macchina, volteggiando sul vigneto, ed è scoppiato l’amore.
Ok che i corvidi a prescindere sono animali territoriali (in una zona c’è un branco e comanda quello, fine) e che un verso non “conosciuto” porta gli animali a venire in loco a controllare chi è l’intruso (e beh… come va a finire potete immaginarvelo da soli…) ma già il fatto che erano tornate a controllare voleva dire che il suono era credibile, molto, nonostante io ancora non sapessi suonarlo a dovere!
“Fantastico”, dicevo tra me e me.
“Che figata! Non vedo l’ora di andare a provarlo a caccia”.
E così ho fatto.
Oggi, dopo due stagioni e mezzo di utilizzo, di ascolto e di studio delle reazioni alle chiamate dei vari branchi di cornacchie che pascolano nella mia zona, posso dire di essere arrivato a un buon livello di canto e di essere pienamente soddisfatto del lavoro dell’S5. Calcolate che all’apertura, quest’anno, le prime 3 le ho raccolte da seduto dentro al capanno… e io ero a colombi! Non avevo ne stampi, né altro, sono venute dritte sulla mia testa esclusivamente fidandosi del suono del S5 Croak.
Posso dirvi che è un richiamo potente il giusto e con un suono che rasenta la perfezione. Ma, sopratutto, lo ritengo strabiliante per la sua facilità d’utilizzo. E questa è una cosa di non poco conto. Già di per sé la caccia ai corvidi non è semplice e c’è il rischio che, se non si conosce bene la vita sociale e il comportamento di questo selvatico, alle prime uscite si ricevano degli “schiaffoni” che poi ve la fanno prendere a noia… e per questo è indispensabile che anche uno alle prime armi, quando soffia in un richiamo, beh… che almeno non esca un suono di un cormorano morente! Ed è in questo che per me l’S5 è strabiliante, anche quando non viene suonato con una tecnica perfetta (sopratutto grazie al tubino in gomma di cui vi parlavo prima) riesce a restituire un suono che è comunque credibile. Cosa che aiuta sicuramente l’autostima e fa sentire anche i novizi di essere sulla buona strada per imparare.
Luca e l’S5 Crow
Come vi ha già anticipato Mirco, io ho un S5 Crow comprato nel 2022, all’EOS di Verona, proprio con l’obbiettivo di testarlo e recensirlo. Come facciamo sempre qui su IoCaccio.it, prima di parlarvene ho voluto provarlo in molti contesti differenti portandolo con me a caccia per parecchio tempo, forse troppo (quasi 3 intere stagioni), perché nel frattempo Ardesi ha evoluto il modello presentando il Croak. Per questo motivo, e con l’obbiettivo di darvi una recensione più completa possibile, ho chiesto una mano a Mirco che, come avete letto, conosce a fondo anche il nuovo modello.
Tornando al Crow, se è vero che la prima volta non si scorda mai (ed è sicuramente vero quando quella prima volta ci lascia un ricordo o molto positivo o molto negativo) anch’io ho ben impresso in mente la prima volta che ho utilizzato l’S5.
Fine settembre 2022, mattina, saranno state le 9 e mezza. Giornata tersa con clima da fine estate. Allestisco il gioco in una risaia lunga e stretta tagliata da pochi giorni. Io son sul lato corto, capanno addossato alle cannette cresciute sull’argine che divide riso e canale di irrigazione. A destra ho un incolto, a sinistra un altro riso tagliato ma da più tempo, alle spalle tre alte querce che sovrastano riva, cannette e capanno. In fondo, il campo, lungo più o meno 200 metri, finisce su una grande distesa di risaie più basse, su cui non ho visuale. È una zona che conosco bene, quelle querce sono il punto d’appoggio che le cornacchie usano prima di andare in pastura e negli anni passati le ho cacciate qui più volte. Io conosco le loro abitudini, loro conoscono il mio gioco e i miei richiami e, infatti, non a caso ho scelto questo posto: quel giorno volevo proprio vedere come reagivano al nuovo richiamo. A terra ho una decina di stampi floccati, 3 oversize della Final Approch e una giostrina da passeggio con 3 corvi neri. Niente vedetta perché non volevo avere altro che potesse attrarle da lontano se non il richiamo. Montato tutto, entro nel capanno, carico il Benelli e ancora in piedi do il primissimo craaa con l’S5. Una sola chiamata e dalle risaie basse davanti a me si alza un volo di una quindicina di grigie, saranno stati a 400, forse 500 metri. Quasi incredulo mi butto giù dietro al telo del capanno prima che mi vedano. Un altro craaa e iniziano a puntare dritte verso di me. Un’ultima chiamata quando sono certo che abbiamo il gioco in vista e mi immobilizzo. So bene che non dovrei sparare al branco ma è la prima uscita dell’anno a cornacchie, stanno entrando perfette, sul gioco, come ipnotizzate, il richiamo ha fatto il suo dovere alla perfezione, oltre alle mie aspettative, e la voglia di sparare è tanta. Così, quando le ho quasi tutte sulla testa mi alzo, punto la prima, d’istinto, la più vicina, la chiudo in aria… veloce, con l’occhio ancora allineato sulla bindella, cerco la seconda, si è già girata di culo, affretto il colpo e la sbaglio ma con la terza riesco a pizzicarla. Viene giù ferita, gracchiando, sui 30 metri. Quel craaaaaa di lamento richiama le altre che rispondono ancora più forte. Allora mi butto giù di nuovo dentro al capanno, colpo in canna e riprendo a chiamare. Inizia un valzer sopra agli stampi, sette o otto son tornate indietro e roteano altissime sopra di me per capire cosa stia succedendo. Una decide di scendere più delle altre, la fermo con bel tiro da seduto. Passeranno altre due ore e mezza e chiuderò la giornata con 4 abbattimenti. Non avrei dovuto sparare al branco, ma va bene così.
Da quel giorno non ho più fatto un’uscita senza l’S5. Anche quando faccio caccia vagante con il cane ce l’ho sempre dietro e spesso mi capita, quando sento qualche gracchiata in lontananza e ho vicino qualche pianta ben frondata sotto cui nascondermi, di riuscire a portarmi le cornacchie sulla testa soltanto con qualche colpo di richiamo (sempre che Dea, la mia vizsla, collabori e decida di nascondersi con me!)
Quando sono in appostamento, dove mi piace avere almeno due voci, l’S5 lo alterno abitualmente all’FT3 (che ho recensito qui) che per me è un po’ il metro di paragone con cui si devono confrontare tutti i richiami per cornacchie. Rispetto a quest’ultimo l’S5 ha un tono più pieno, profondo, meno squillante, che a me ricorda quello di una cornacchia vecchia. È ugualmente potente e anche utilizzandolo a pieni polmoni si riesce a non distorcere il suono, effettuando delle chiamate che arrivano veramente lontano. L’aspetto che però mi piace di più, e in cui lo ritengo addirittura migliore dell’FT3, è che si riesce a suonare in modo molto credibile anche con pochissimo fiato e questo lo rende perfetto per tutte quelle chiamate a basso volume che sono fondamentali per lavorare le cornacchie quando entrano a gioco.
Venendo ai difetti, direi che non ne ha di significativi (forse è un po’ costoso, ma l’artigianalità oggi si paga). L’unica noia che ho riscontrato in anni di utilizzo è che tende leggermente ad intasarsi con la saliva, ma non è un grosso problema, basta una scrollata e una vigorosa soffiata all’incontrario per riprende a suonare come prima.
Come suonare l’S5
In generale i richiami per cornacchie non sono semplici da utilizzare perché si deve imparare a inserire il “gracchiato” nella chiamata. La tecnica di base è sempre quella: l’aria va spinta con il diaframma (come quando si vuole alitare su un vetro) e il gracchiato deve arrivare dal fondo della bocca (non dalla gola), come si fa quando ci si vuole “schiarire la voce”.
Detto questo, come già sottolineato da Mirco, il vantaggio dell’S5 è che restituisce un suono piuttosto credibile anche quando la tecnica di chiamata non è perfetta. Se siete agli inizi, usate il tubino in gomma e pian piano provate a chiamare togliendolo.
L’inserto va messo trai i denti, serrandogli le labbra attorno a circa metà lunghezza. Più si imbocca l’inserto più il suono diventa acuto, al contrario, meno si imbocca e più diventa profondo. Questo vi permette di giocare un po’ sul tono della chiamata riproducendo più voci, anche se la differenza non è poi molta.
Come già detto, il Crow ha il corpo forato: il buco va tenuto in alto e va chiuso con le dita della mano che dovranno avvolgere la campana formando una cassa di risonanza che va dal buco ad oltre la fine del richiamo. Aprendo e chiudendo le dita potrete modulare la chiamata. Il Croak, invece, è senza buco e può essere impugnato come si vuole. Per avere più dettagli su come utilizzarlo vi consigliamo di iscrivervi al gruppo Facebook di Ardesi dove trovate vari video.
Quanto costa l’S5 Crow/Croak e dove acquistarlo
Attualmente il prezzo dell’S5 ha una certa variabilità che dipende dalle tecniche di lavorazione, dai materiali e dalle finiture della versione scelta. Si va dai 50 euro del modello standard fino agli 85/90 € dei modelli in resina realizzati totalmente a mano e su richiesta. Le due versioni che abbiamo testato sono costate entrambe 60 euro.
Non è poco per un richiamo di cornacchia, anzi è uno fra i più costosi sul mercato, ma parliamo comunque di un prodotto artigianale, italiano, che potenzialmente dura una vita intera e che sicuramente, come abbiamo visto, fa davvero bene il suo lavoro.
Per acquistarlo potete scrivere direttamente su WhatsApp alla ditta ARCALLS da questo link.
Conclusioni
Quindi, concludendo, possiamo dire che l’S5 Crow/Croak è il miglior richiamo per cornacchie? Parlare di migliore in termini assoluti non ci piace, è quasi sempre sbagliato, perché le capacità, le esigenze, gli obbiettivi e la disponibilità economica di un cacciatore potrebbero essere molto diversi da quelli di un altro, quindi, ciò che è migliore per qualcuno potrebbe oggettivamente non esserlo per qualcun altro.
Possiamo dire, però, che l’S5 si guadagna di diritto l’ingresso nella lista dei migliori richiami per cornacchia presenti sul mercato non solo italiano ma internazionale. Sia nella versione Crow che Croak è un richiamo potente, credibile nel suono sia a bassi che ad alti volumi, e sopratutto abbastanza facile da suonare. Proprio in quest’ultimo aspetto sta la sua forza principale che ci permette di consigliarlo come il miglior acquisto possibile per una categoria ben precisa di cacciatori: se non avete problemi di budget, siete alle prime armi con la caccia alle cornacchie e state cercando un richiamo molto credibile e facile da suonare, allora l’S5 è il prodotto che fa per voi.
Recensione in breve
DESIGN - 9.5
MATERIALI - 9.5
QUALITA' SUONO - 10
POTENZA SUONO - 10
FACILITA' D'UTILIZZO - 9
COSTO - 6.5
9.1
MUST HAVE
L'S5 è un richiamo ben costruito, con ottimi materiali, potente, con un suono credibile sia a bassi che ad alti volumi e, sopratutto, abbastanza facile da suonare anche da chi non padroneggia alla perfezione tutte le tecniche di chiamata. Non è economico ma è pur sempre un prodotto artigianale che potenzialmente dura una vita intera e che fa egregiamente il suo lavoro.