Cani da Caccia

A caccia con Il Segugio Italiano

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Si dice che poche razze al pari del segugio italiano siano così intrinsecamente portate per la caccia ed è senz’altro vero! Basti pensare che mute di segugi italiani “al lavoro” sono raffigurate addirittura in pitture rupestri del Paleolitico. Conosciamolo meglio!

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Vedere una muta di segugi italiani in cerca, oppure lanciatissimi all’inseguimento di una preda, significa assistere alla massima espressione di felicità e realizzazione per un cane che solo nella caccia riesce veramente a esprimere il meglio delle sue potenzialità e della sua indole. Si dice che un segugio a cui venga impedito di cacciare non potrà mai essere un cane pienamente felice e chi ha avuto la fortuna di conoscere questa splendida razza non può che concordare, perché il segugio italiano, ancor più di altri cani, è veramente “cacciatore dentro”.

Le origini del segugio italiano

Come si diceva in apertura, il segugio italiano ha dietro di sé radici davvero antichissime, tant’è vero che i suoi antenati vengono fatti risalire ai cani delle pitture rupestri che già affiancavano l’uomo primitivo e presentavano caratteristiche comportamentali e fisiche molto somiglianti a quelle che possiamo ritrovare nei segugi odierni. Derivante probabilmente da incroci con cani da corsa selezionati nell’antico Egitto e importati successivamente in Italia dalla Fenicia, il segugio era chiamato dai Romani “sagaces” ossia “dotato di gran fiuto”.

Nonostante la sua presenza sul nostro territorio risalga quindi a molto prima della nascita di Cristo, esistono scarse testimonianze sul segugio italiano, una razza che nei secoli ha subito rimaneggiamenti e una selezione sempre più mirata ma che, al contrario di altri cani da caccia (come il Cirneco dell’Etna o il Bracco Italiano) non ha lasciato dietro di sé “tracce” nella storia cinofila del nostro Paese. Si sa per certo che nel Rinascimento l’uso di mute numerose, specializzate nella caccia alla lepre, era particolarmente in voga e che proprio a quel periodo risalgono nuove infusioni con linee di sangue straniere e soprattutto francesi, le quali hanno contribuito alla selezione e allo sviluppo del segugio italiano.

Successivamente, però, il segugio italiano conobbe un periodo “buio” in cui la razza venne quasi completamente abbandonata. Sopravviveva solamente nel lavoro di alcuni appassionati e degli occasionali cacciatori di campagna. Occorrerà aspettare l’insorgere del Novecento perché di questa razza si torni a parlare. Solo nel 1920, infatti, viene ufficialmente riconosciuto come razza, con la stesura del primo standard “moderno” stilato dalla Società Amatori del Segugio, e che viene approvato dal Kennel Club Italiano quasi un decennio più tardi, nel 1929.

Una curiosità particolare nella storia del segugio riguarda le due varianti – a pelo raso e a pelo forte – che sono state accorpate in un unico standard fino a tempi davvero recentissimi. Almeno fino al 1989, data in cui l’ENCI finalmente acconsentì a riconoscere a ciascuna varietà la classificazione di “razza” a sé stante, a fronte delle differenze non tanto morfologiche quanto caratteriali che esistono fra il segugio italiano a pelo raso e il “cugino” a pelo forte.

Caratteristiche distintive

Abbiamo detto che di segugi italiani, in realtà, ne esistono due (senza considerare i segugi Maremmani e dell’Appennino, che sono invece razze a parte). Le caratteristiche morfologiche in realtà non variano molto fra le due razze, tanto il segugio a pelo raso quanto quello a pelo forte sono cani longilinei, dalla corporatura atletica e solo apparentemente sottile. Infatti, questo cane è molto più “rustico” di quanto sembri, essendo stato concepito per la caccia alla lepre e al cinghiale su qualunque tipo di terreno.

In entrambe le varietà il mantello può essere fulvo  oppure nero focato. Più raro il tricolore, con stella bianca sul petto. La principale differenza estetica fra le due razze è la tessitura del manto, che nel segugio a pelo forte deve essere più lungo (fino a cinque centimetri) e presentare un accenno di barbetta e baffi. Il segugio italiano non è un cane di piccole dimensioni (i maschi possono arrivare tranquillamente ai 60 centimetri al garrese), anche se la corporatura asciutta e nevrile spesso lo fa sembrare più minuto di quanto in realtà non sia.

E’ un cane estremamente socievole che per questa sua caratteristica ben si presta a cacciare in muta. Soprattutto il segugio italiano a pelo raso tende ad essere molto più esuberante, con un vero e proprio fenomeno di “one track mind”. Per questo motivo bisogna lavorare tantissimo sul richiamo, altrimenti questa razza tende a essere molto indipendente e può smarrirsi durante la battuta. Al contrario, il segugio italiano a pelo forte è più riflessivo e pacato, il che si traduce in prestazioni forse meno “clamorose” rispetto al cugino a pelo raso ma anche in un carattere certamente più facile con cui entrare in sintonia. Con il padrone il segugio italiano è generalmente affettuoso, ma mantiene comunque un atteggiamento di grande nobiltà.

Il segugio italiano può trascorrere intere giornate all’inseguimento di una traccia e coprire un terreno anche molto ampio perché si muove con agilità sia in pianura che in territori di montagna. Particolarmente indicato per la caccia alla lepre e al cinghiale, si riconosce dalle altre razze anche per la sua particolarissima vocalità: lo scagno di un segugio italiano è infatti molto diverso dalla voce di un griffone francese o di qualunque altro cane da caccia e può variare molto da soggetto a soggetto, tant’è vero che i cacciatori riescono facilmente a distinguere la propria muta solamente dai diversi timbri di voce.

In realtà, quanto detto finora sulla caccia in muta non deve far pensare che il segugio italiano non sia in grado di cacciare anche individualmente. Infatti per le esposizioni di bellezza l’ENCI ha aggiunto anche la prova del singolo, in cui il “nostro”, se selezionato nel modo più corretto, non potrà far a meno di eccellere. Estremamente metodico in tutte le fasi della caccia, è un cane dotato di gran tempra, olfatto finissimo e di una predisposizione così spiccata da renderlo una delle razze più amate per l’attività venatoria, non solo in Italia ma nel resto del mondo.

Una razza veramente da scoprire, che nel nostro territorio è tutelata dalla SIPS Società Italiana Prosegugio “Luigi Zacchetti” (che nello specifico si occupa di tutte le tipologie di segugio, non solo italiane). L’associazione fornisce ai suoi iscritti anche una rivista dedicata, “I segugi”, su cui è possibile trovare informazioni e notizie su questa e altre razze da caccia.

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