Piemonte

Piemonte, il Consiglio dei Ministri impugna la nuova legge regionale sulla caccia

Alla fine è successo quello che tutto il mondo venatorio italiano, e sopratutto piemontese, si auspicava: la nuova legge regionale sulla caccia del Piemonte, con cui la Giunta Chiamparino ha imposto pesanti limitazioni all’attività venatoria, è stata impugnata dal Consiglio dei Ministri.

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Come si legge nel comunicato diffuso ieri del Governo, la legge della Regione Piemonte n. 5 del 19 giugno 2018 è stata impugnata “in quanto alcune norme, riguardanti l’esercizio dell’attività venatoria nei fondi privati e il calendario venatorio, eccedono dalle competenze regionali invadendo le materie dell’ordinamento civile e della tutela dell’ambiente, riservate alla legislazione statale dall’articolo 117, secondo comma, lettere l) e s), della Costituzione”.

Agli occhi dei cacciatori piemontesi i profili d’incostituzionalità erano palesi da tempo ed erano stati fatti notare sia all’Assessore Ferrero che a tutta la Giunta piemontese in più occasioni, in ultimo anche durante la manifestazione di protesta dello scorso 8 giugno. Nonostante questo la Regione ha preferito continuare sulla propria strada arrivando ad approvare una legge che è già stata riconosciuta come la peggiore d’europa in materia di gestione faunistica-venatoria e che ora sarà anche sottoposta al giudizio della Corte Costituzionale.

Cosa succede ora

Ora, infatti, l’ultima parola spetta alla Corte Costituzionale che dovrà esprimersi e decidere se alcune norme della nuova legge piemontese eccedono le competenze regionale. Se così fosse, tali norme verrebbero abrogate e perderebbero immediatamente d’efficacia. Purtroppo i tempi non saranno brevi, ci vorranno mesi prima che la Corte si esprima e fino ad allora la legge resterà valida.

Ci sarebbe anche una strada più veloce: la Regione potrebbe redimersi e modificare i passaggi della legge sui cui il Governo ha sollevato dubbi d’incostituzionalità. E’ però difficile pensare che la Giunta regionale possa decidere di percorre questa strada.

Il commento di Gianluca Vignale

Gian Luca Vignale, Consigliere regionale del Piemonte che ha da sempre combattuto contro questa legge, ha commentato così la decisione del Consiglio dei Ministri:  “Come avevo avuto modo di dire in decine di occasioni la legge oltrechè essere stata costruita con un evidente pregiudizio anticaccia aveva alcuni aspetti evidentemente anticostituzionali. Non era necessario essere giuristi per comprendere che chiudere la domenica, trasformare 15 specie cacciabili in non cacciabili e molto altro faceva della legge piemontese una norma chiaramente “NO CACCIA”.

Vignale si auspica che il Consiglio regionale alla riapertura di settembre modifichi immediatamente la legge per consentire che in Piemonte la prossima stagione venatoria sia come quella delle altre regioni italiane”.

Il commento di Francesco Bruzzone

Anche il senatore Francesco Bruzzone, che ha da sempre sostenuto i cacciatori piemontesi, ha commentato l’impugnazione. “Prendo atto che il Consiglio dei Ministri, nella seduta di ieri sera, ha deliberato l’impugnativa della legge regionale piemontese sulla caccia, licenziata a giugno. Erano a mio avviso palesi alcuni motivi di incostituzionalità della legge, peraltro ripresi dal Governo stesso”.

“La manifestazione che si era tenuta nei mesi scorsi a Torino davanti alla sede della Regione – continua il senatore – aveva duplice significato: da una parte, segnalare la grave insoddisfazione del mondo venatorio, dall’altra evidenziare al presidente Chiamparino che il Consiglio Regionale stava andando su una strada che travalicava i confini delle sue competenze. Erano palesi le contraddizioni con il Codice Civile per quanto riguarda l’accesso ai fondi da parte dei cacciatori, da più parti in contrasto con la Legge nazionale 157/92 per quanto riguarda l’elenco delle specie cacciabili e le giornate di caccia.”

“In attesa della sentenza della Corte Costituzionale – conclude Bruzzone – appare logico che la Regione Piemonte sospenda ogni velleità applicativa di questa norma e si attenga alla legge 157 mantenendo la lineare applicazione del Codice Civile per la parte relativa all’accesso ai fondi e mantenendo giornate e specie cacciabili così come previsto dalla legge nazionale. Non sarebbero gradite a nessuno restrizioni pretestuose che potrebbero successivamente portare anche a una richiesta di risarcimento danni da parte delle categorie interessate – cacciatori, agricoltori ma anche ambientalisti – considerato che la legge nazionale per la quale si chiede il rispetto prevede in primis la tutela della fauna selvatica”.

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