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Per FIdC il DDL caccia Piemonte è incostituzionale. E invita il nuovo Governo a vigilare

Con una dettagliata comunicazione inviata al Presidente della Giunta Regionale e al Presidente del Consiglio Regionale della Regione Piemonte, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, e al Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Federcaccia ha sottolineato i numerosi profili di incostituzionalità del Disegno di Legge regionale sulla caccia, in discussione in queste ore nel Consiglio regionale piemontese.

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Al termine del documento (che vi riportiamo di seguito), Federcaccia esprime l’auspicio che il Consiglio Regionale del Piemonte voglia modificare il disegno di legge in oggetto per ricondurlo al rispetto dei principi costituzionali cui si dovrebbe ispirare e invita formalmente il Governo a vigilare sull’operato del Consiglio Regionale del Piemonte in una materia che è rimessa in via esclusiva alla competenza legislativa dello Stato.

Questo il testo della lettera:

Regione Piemonte: Disegno di Legge regionale 1.12.2015 n. 182 “Tutela della fauna e gestione faunistico-venatoria”.

La Federazione Italiana della Caccia, (cod. fisc. 970153105810), con sede in Roma, Via Salaria n. 298/A, in persona del suo Presidente p.t. Avv. Gianluca Dall’Olio;

esaminato

il disegno di legge in oggetto che risulta essere in procinto di approvazione da parte del Consiglio Regionale del Piemonte;

sottolineato

– che, secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, la competenza legislativa residuale spettante alle Regioni in materia di caccia deve essere esercitata nel rispetto dei criteri fissati dalla L. n. 157/1992 a salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema giacché il legislatore nazionale ha stabilito il punto di equilibrio tra il primario obiettivo dell’adeguata salvaguardia del patrimonio faunistico nazionale e l’interesse all’esercizio dell’attività venatoria;

EVIDENZIA

i molteplici profili di illegittimità costituzionale del disegno di legge regionale in oggetto, denunciando in particolare:

  1. il quinto comma dell’art. 2 che esclude dal prelievo venatorio alcune specie (fischione, canapiglia, mestolone, codone, marzaiola, folaga, porciglione, frullino, pavoncella, combattente, moriglione, allodola, merlo, pernice bianca, lepre variabile) che invece l’art. 18 L. 157/1992 include fra le specie cacciabili, come del resto confermato per converso dall’art. 2 della stessa legge statale che non le ricomprende fra le specie a tutela assoluta. Trattasi pertanto di disposizione regionale non solo in contrasto con la normativa statale di riferimento ma altresì che si connota quale vera e propria “legge provvedimento” ed in quanto tale costituzionalmente illegittima per contrasto con l’art. 117, comma 2, lett. s), Cost. in riferimento all’art. 10, comma 1, L. 157/1992. Tanto l’individuazione dei contenuti minimi della sfera sottoposta a protezione (specie non cacciabili) quanto l’elencazione delle possibili eccezioni (specie cacciabili) investono un interesse unitario proprio della comunità nazionale, la cui valutazione e la cui salvaguardia restano affidate allo Stato ed ai poteri dell’Amministrazione centrale;
  2. il comma 7 dell’art. 6 che, nell’autorizzare il proprietario o il conduttore di un fondo di richiedere in ogni momento al Presidente della Provincia e al Sindaco della Città Metropolitana di vietarvi l’esercizio dell’attività venatoria, si pone in evidente contrasto con l’art. 842 Cod. Civ. e dunque inferisce all’ordinamento civile ponendosi così in contrasto con l’art. 117, comma 2, lett. l), Cost. trattandosi di materia rimessa alla competenza esclusiva dello Stato. Ma si pone altresì in contrasto con l’art. 15 L. 157/1992 giacché ai proprietari o conduttori di fondi che intendano vietarvi l’esercizio dell’attività venatoria è consentito di presentare apposita richiesta al Presidente della Giunta Regionale ma solo, a pena di decadenza, entro il termine di 30 giorni dalla pubblicazione del PFV regionale. Inoltre disciplina un procedimento di semplificazione amministrativa che l’art. 117, comma 2, lett. m), Cost. rimette alla competenza esclusiva dello Stato, per di più contemplando una nuova ipotesi di cd. “silenzio-assenso” inammissibile in materia di ambiente ex art. 20, comma 4, L. 241/1990;
  3. il comma 1 dell’art. 9 che consente l’adesione dei cacciatori a non più di due ATC o CA nel corso della medesima stagione venatoria, così ponendosi in aperto contrasto con l’art. 14, commi 3 e 5, L. 157/1992 che intende garantire ai cacciatori la libertà di esercizio venatorio e così ulteriormente ponendosi in contrasto con gli artt. 2 e 3 Cost.;
  4. il comma 1 dell’art. 11 che sottopone i Comitati di Gestione degli ATC e dei CA all’applicazione della L. 136/2010 e del D.lgs. n. 33/2013 costringendoli ad operare nei limiti stabiliti dalla legge e dagli atti programmatici ed amministrativi della Regione. La disposizione obbliga i Comitati di Gestione ad adempimenti di natura organizzativa e funzionale che alterano l’esigenza del rispetto di uniformità normativa nazionale rimessa alla competenza esclusiva dello Stato in ossequio all’art. 117, comma 2, lett. l), Cost.;
  5. il comma 8 dell’art. 11 che introduce un’ipotesi di incompatibilità per i componenti dei Comitati di Gestione degli ATC e dei CA, così invadendo la materia dell’ordinamento civile che, per costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, spetta in via esclusiva alla competenza del legislatore statale. In contrasto con l’art. 14, comma 10, L. 157/1992 la disposizione regionale limita, in modo assolutamente irragionevole, la possibilità per il mondo associazionistico di nominare i propri rappresentanti con i quali deve liberamente intercorrere un rapporto di personale fiducia che prescinde dal fatto che il soggetto prescelto eserciti o meno attività diverse e così impedendo la possibilità di scelta di rappresentanti dotati di particolari cognizioni tecnico-professionali in violazione degli artt. 3, 5, 18 e 114 Cost.;
  6. il comma 1 dell’art. 13 che demanda alla Giunta Regionale, sentiti l’Ispra e la Commissione Consultiva Regionale, l’adozione del calendario venatorio con cui determinare (i) le specie cacciabili ed i periodi di caccia; (ii) le giornate e gli orari di caccia; (iii) il carniere giornaliero e stagionale. Essendo riconosciuto l’obbligo del rispetto dell’art. 18 L. 157/1992, la disposizione intanto rivela la già denunciata illegittimità costituzionale della disposizione di cui all’art. 2 (cfr. sub a) ne’ è dato (pena la violazione dell’art. 23 Cost., secondo la costante giurisprudenza costituzionale) consentire all’autorità amministrativa un ampio margine nella delimitazione della fattispecie impositiva non essendo giustificato che la fonte primaria possa essere relegata “sullo sfondo” ne’ tantomeno che possa essere formulata una prescrizione normativa regionale “in bianco”, essendo invece necessario che questa stabilisca i contenuti e i modi dell’azione amministrativa eventualmente limitativa della sfera generale di libertà dei cittadini. Tali principi non sono rispettati dalla disposizione regionale che contiene la sola previsione del potere attribuito alla Giunta Regionale di stabilire, con proprio provvedimento, eventuali oneri e limitazioni a carico dei cacciatori senza dare la possibilità di desumere, anche implicitamente, i criteri direttivi che dovrebbero orientare la discrezionalità della Giunta Regionale nell’attuazione della disposizione qui denunciata. Il che assume particolare rilievo nella determinazione delle giornate di caccia settimanali che, ad eccezione dei giorni di martedì e venerdì, è rimessa alla scelta dei cacciatori i quali, attraverso l’attività venatoria, esercitano un diritto di libertà individuale posto che la caccia, secondo gli insegnamenti della Corte Costituzionale, è annoverata tra le libere manifestazioni sportive, senza dunque che sia dato alle Regioni di introdurre surrettiziamente un ulteriore giorno fisso di silenzio venatorio;
  7. il comma 1, lett. bb), dell’art. 21 che impone il divieto dell’uso dei richiami vivi nell’ambito della pratica venatoria ponendosi in contrasto con gli artt. 5 e 21, comma 1, lett. p) L. 157/1992 ed in quanto tale affetto da illegittimità costituzionale. Infatti il richiamato art. 5 consente l’utilizzazione a fini venatori di richiami vivi, come per converso è confermato dall’art. 21, comma 1, lett. p) della L. 157/1992 che ne vieta l’uso solo “al di fuori dei casi previsti dall’art. 5”;

CONFIDA

in conseguenza che il Consiglio Regionale del Piemonte voglia modificare il disegno di legge in oggetto per ricondurlo al rispetto dei principi costituzionali sopra evidenziati

INVITA

formalmente il Governo a vigilare sull’operato del Consiglio Regionale del Piemonte in una materia che è rimessa in via esclusiva alla competenza legislativa dello Stato.

Federazione Italiana della Caccia

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