Dalle AssociazioniPiemonte

Piemonte. Stagione venatoria 2015-16: Cronaca di un anno incredibile

Vi riportiamo di seguito la lettera di Federcaccia Piemonte ai suoi associati in cui si ripercorre il travagliato anno dei cacciatori piemontesi.

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Amici Federcacciatori tra poche settimane terminerà la stagione venatoria piemontese 2015/16 e doppiette e carabine verranno riposte negli armadietti blindati, i cani se ne staranno quieti in box e serragli e le domeniche di tanti appassionati torneranno ad essere un giorno di riposo da vivere in tranquillità, non quelle della sana passione che agita i sonni della vigilia d’un giorno di caccia, accompagnandoci per quasi tre mesi all’anno.

Succede così ad ogni dicembre e per Federcaccia Piemonte diventa occasione propizia per fare bilanci, raccontarvi tutto quanto avvenuto di buono o quello che invece non ha funzionato bene, cosa ci si aspetta per il futuro; ciò vale per tutti noi e per quegli avvenimenti importanti che normalmente incrociano la vita, come la famiglia e gli affetti, il lavoro o la salute, ma vale anche per le cose più lievi come la caccia, che, già l’abbiamo detto, in fondo non è che una passione e come tale dovrebbe essere sempre vissuta.

Per questa ragione avremmo voluto scriverne con pacatezza, quel senso di dolce-amaro che accompagna gli ultimi giorni di un viaggio appassionante o di una vacanza che si conclude; avremmo voluto farlo con l’entusiasmo di chi vuol rendere partecipi gli altri dell’esperienze vissute; avremmo voluto raccontarvelo con l’occhio rivolto al futuro, alla stagione che verrà, prospettandovi miglioramenti per la nostra attività; avremmo voluto farlo in termini positivi, perché è quanto v’aspettate da noi; avremmo voluto ma, davvero, non ci è stato possibile.

Lo scrivemmo dodici mesi fa, nella nostra circolare informativa “il nuovo Cacciatore Piemontese”, lanciando l’allarme per le prime assurde decisioni di giunta e assessore insediati da poco, ma subito capaci di distinguersi per il loro vigoroso appoggio alle istanze animal-ambientaliste che in Piemonte sembrerebbero sempre trovare terreno fertile, e un qualche politico pronto a cavalcarle per interessi di bottega, o per pagare pregressi debiti elettorali.

Fu con la chiusura della caccia a pernice bianca e lepre variabile che amaramente capimmo quale aria tirasse in Piazza Castello: quella di nuovi divieti. Reagimmo e vincemmo di fronte al TAR, ma ciò fu del tutto inutile.

Replicammo all’incredibile cocciutaggine degli amministratori subalpini, facendo un nuovo ricorso e in primavera rivincemmo: due a zero dunque, e con la Regione costretta a pagare parte delle spese legali, ma nuovamente palla al centro e tempi supplementari perché nemmeno quel risultato venne accettato.

Infatti era appena uscito il calendario venatorio 2015-16 che a quelle specie non consentiva più il prelievo, altro che riapertura come prospettava il Tribunale Amministrativo Regionale; ovviamente le sorprese per noi non si erano limitate al dimezzamento di specie cacciabili della tipica fauna alpina (attività, occorre qui ricordare, da sempre nelle tradizioni venatorie piemontesi) perché l’assessore ci aveva riservato un trattamento davvero…di riguardo: apertura ad ottobre, e non alla terza di settembre come previsto dalla legge 157/92, nessuna preapertura, chiusure anticipate, carnieri ancora ridotti quando erano già i più scarsi d’Italia.

A ciò s’aggiungeva un fatto incredibile, da raccontare ai posteri, mai avvenuto prima in oltre quarant’anni di storia della Regione Piemonte, un vulnus destinato a creare una frattura insanabile nei rapporti tra le parti: la mancata concertazione del calendario venatorio con le associazioni venatorie riconosciute, quelle che rappresentano il mondo venatorio secondo la legge italiana, vigente ed applicata ovunque fuorché da noi, la Regione che ha… unito l’Italia!

Fummo subito rassicurati che prima dell’apertura della stagione esso sarebbe stato modificato, migliorato, ma noi, ancora scottati dalla vicenda “pernice bianca”, chiedemmo certezze, un impegno scritto da parte dell’assessore e non solo vuote parole. In risposta ricevemmo le solite promesse, dei forse, qualche chissà.

Qualcuno delle associazioni venatorie volle credergli, mettendosi di traverso e boicottando le nostre iniziative, sfasciando infine l’unità faticosamente costruita l’anno prima con la nascita del Coordinamento AAVV piemontese.

Com’era prevedibile non si giunse a nulla, e così a giugno passammo nuovamente all’azione, presentando ricorso anche sul calendario e scatenando le ire di corso Stati Uniti, che replicò con altre incredibili scorrettezze.

Stesso copione, ma anche in quell’occasione vincemmo… con ampio margine, anche se questa volta la Regione non poté ignorarlo e fu costretta a prenderne atto, a causa dell’ordinanza del Tribunale Amministrativo Regionale che imponeva la modifica del documento votato il 13 aprile. La lezione era molta dura, si sperava bastasse. Non fu così!

Credevamo d’aver già visto di tutto, ma quello non era che l’antipasto d’un pranzo indigesto perché da quel giorno iniziò un “ballon d’essai” di iniziative, con incontri che coinvolgevano le associazioni agricole, quelle ambientaliste ed un’unica associazione venatoria, guarda caso quella stessa che per “vicinanza politica”, la famosa tessera di partito in tasca preferita al tesserino venatorio, s’era sentita in dovere di non lasciar solo l’assessore, ma in questo modo tradendo i cacciatori, tanto da meritarsi l’espulsione dal già citato Coordinamento AAVV.

Il calendario venatorio cambiò più volte, non ricordiamo nemmeno più quante, con una frequenza impressionante e addirittura ridicola, quasi che ogni volta si volesse metterci sopra la classica pezza, sempre…peggiore del buco che avrebbe dovuto invece coprire. Sfortuna? Incapacità? Cattiveria nostra? Decidete un po’ voi.

Finalmente iniziò la stagione, e per un po’ di tempo tutti noi dimenticammo che mentre i cacciatori esercitavamo la sana passione di sempre, chi cercando lepri e fagiani, chi cinghiali o caprioli, chi tordi o…badate bene…allodole, chi invece forcelli e persino pernici bianche, altrove, molto ben pagati e in confortevoli uffici pubblici, si lavorava alacremente, studiando come farla nuovamente pagare al mondo venatorio.

L’occasione c’era, ghiotta, da non farsi scappare: la nuova legge regionale!

Mutilati com’eravamo per la stolta decisione di abrogare la legge regionale 70/96 (cancellata per non disputare un referendum che avremmo vinto alla grande) senza subito sostituirla con un’altra nuova e moderna, tutti abbiamo vissuto per alcune stagioni nel limbo dell’inconsapevole speranza valessero anche per noi quelle stesse regole che altrove consentono un normale esercizio dell’attività venatoria; e poi, mancando lo strumento regionale, provvisoriamente s’applicava la 157/92, certamente più permissiva della defunta 70/96.

La festa ora è finita, e l’incombenza di produrre il nuovo impianto legislativo destinato a durare anni, ahimè, è proprio toccata ad un’amministrazione poco amica dei cacciatori, e forse anche impreparata ad affrontare una materia tanta delicata, che coniuga i nostri interessi con quelli del mondo agricolo e dell’ambiente.

Il documento che determinerà il futuro della caccia in Piemonte alla fine è stato prodotto, e il disegno di legge votato alcune settimane fa, ma non è quello cui abbiamo lavorato anche noi, chiamati a proporre e raramente ascoltati: noi l’avremmo voluto molto diverso.

Ora inizierà l’iter di legge, e la bozza potrà ancora essere corretta, emendata o modificata, ma già s’intravede quale sia la trama di fondo del tessuto, con articoli inseriti senza un preciso disegno organico, raffazzonati, quasi fossero un colorato patchwork, un copia-incolla realizzato usando materia altrui ed adattandola alle proprie esigenze politiche, poco chiare e certamente penalizzanti per il mondo venatorio. Alcune “polpette avvelenate” disseminate qua e là, capaci solo quelle di portare in pochi anni all’estinzione della specie…cacciatore piemontese, o quantomeno di trasformarlo in un nerboruto selecontrollore, con carabina sempre tarata e pronto a fulminare ogni cinghiale osi avvicinare campi e coltivi della nostra Regione. Solo ciò pare interessare lor signori!

Eh no cari amici, la caccia non è questo, è ben altro, e Federcaccia Piemonte vuole difendere i diritti di tutti i praticanti, non solo quelli che vanno a genio all’assessore o suoi amici, ma pure di quanti vogliono consumarsi le suole degli scarponi per cacciare a filo dei tremila metri, di altri che amano la migratoria e vorrebbero cimentarsi in quella, di coloro che godono anche solo a vedere le azioni del proprio cane.

Proprio mentre si presentava il disegno di legge, nello stesso edificio e con un micidiale e vergognoso colpo di mano (altri “cacciatori” l’hanno definito un blitz, e curiosamente sono proprio coloro che prima li avevano appoggiati, ed ora potrebbero essersi pentiti, anzi…arci-pentiti!), che sa pure di vigliaccata, passava un emendamento di legge votato a larghissima maggioranza (o, sempre come scrivono quegli altri, a…maggioranza allargata!)e che vieta la caccia a pernice bianca, lepre variabile e allodola. Questa non è che l’anticipazione di quanto potrebbe accadere in un prossimo futuro con una legge che, ora come ora, consegnerebbe delega in bianco ad assessore e giunta, mettendoli in condizione di vietare ad ogni nuova stagione una specie in più, regalandola agli animalisti e svuotando così l’attività venatoria rispetto a quella conosciuta e praticata da generazioni di piemontesi.

Un vero disastro, ma noi certo non staremo con le mani in mano, anche dovessimo presentare altri ricorsi, o portare in piazza i cacciatori piemontesi.

E non bisogna nemmeno tacere del tentativo, goffo anche se molto pericoloso, di accantonare i cacciatori dalla gestione di ATC e CA accorpandone subito, e prima che ciò avvenga con la nuova legge, i comitati di gestione.

Dicono sia per contenere i costi, risparmiando soldi in un momento di difficoltà per le finanze regionali, ma noi ci chiediamo quali, visto che la partecipazione ai “cdg” è a titolo gratuito.

Quello che però ancora ci sfugge, e dunque vorremmo fosse spiegato con chiarezza, è quanto abbia speso la Regione, denari pubblici sia ben inteso, per resistere inutilmente ai tre ricorsi al TAR che li hanno sempre visti soccombenti. Noi sappiamo solo quello che è costato a noi, ma erano soldi dei cacciatori, mica dei contribuenti, e pensiamo che quelle risorse avrebbero dovuto essere destinate ad altro di più utile, magari proprio per pagare quei danni agricoli che già rimborsiamo integralmente noi cacciatori; precisiamo: ciò avviene solo dopo che la Regione ha trasferito ad ATC e CA gli… eurini incassati con la tassa regionale prima dell’apertura dai quasi 25.000 appassionati subalpini.

La caccia è passione, l’abbiamo scritto all’inizio, ma di questo passo in Piemonte potrebbe svanire presto, insieme ad un bel pezzo di storia, cultura e tradizioni antiche di secoli. Vigileremo che non accada, anche il prossimo anno.

Buon 2016 a voi tutti e alle vostre famiglie, e che sia anche foriero di soddisfazioni venatorie. Malgrado loro!

Fonte: Federcaccia Piemonte

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