Unità del mondo venatorio: intervista a Francesco Rustici, Presidente ARCT
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Risale ai primi mesi dell’anno l’epilogo dello scontro avvenuto in Toscana tra l’Arci Caccia Nazionale e l’Arci Caccia Toscana, che ha portato alla fuoriuscita dall’Arci Caccia di una cospicua parte di dirigenti e soci dell’associazione, che hanno così fondato l’ARCT, Associazione Regionale Cacciatori Toscani.
Adesso, a stagione venatoria inoltrata, abbiamo incontrato Francesco Rustici, neo-Presidente regionale dell’ARCT e componente della presidenza regionale della Confederazione Cacciatori Toscani, per cercare di approfondire la questione e capire quali sono gli obiettivi che si prefigge la nuova associazione, nata al fine di continuare l’esperienza unitaria nella CCT.
Buongiorno Francesco,
Innanzitutto, ci aiuta a capire brevemente che cosa ha portato allo strappo? Perché avete scelto di lasciare Arci Caccia e fondare l’Associazione Regionale Cacciatori Toscani?
È stata una scelta dolorosa, molto sofferta e ponderata ma inevitabile. Inevitabile – s’intende – per tutti coloro che non erano disposti a mettere da parte le proprie idee, la propria coerenza e il proprio lavoro. Lo strappo si è consumato sul terreno della politica-venatoria: noi eravamo convinti della necessità di una svolta per la caccia ed abbiamo lavorato, per anni, alla realizzazione della Confederazione dei Cacciatori Toscani. Purtroppo, quando il progetto ha cominciato a farsi serio, richiedendo fisiologicamente un avanzamento tangibile – come la possibilità di un tesseramento CCT per gli apolidi – Arcicaccia nazionale ha messo il veto, imponendo, quale condizione per evitare il commissariamento del Regionale, l’abiura e la nostra uscita dalla Confederazione. A quel punto l’unico modo per salvare il progetto, mantenendo contemporaneamente la nostra identità, era quello di creare un altro soggetto. Mi faccia però fare una precisazione: l’ARCT nasce per far parte, assieme a FIdC ed ANUU, della CCT e per permettere alla CCT di continuare a vivere; nessuno di noi ha mai avuto l’idea di creare un’altra ed ennesima Associazione venatoria ed anzi abbiamo sempre lavorato per averne una sola.
E i cacciatori hanno scelto di seguirvi? Ha già delle indicazioni dal tesseramento?
Il tesseramento, che ancora non è del tutto chiuso, è andato molto bene e ha superato le aspettative. La cosa straordinaria è che pressoché la totalità dei tesserati è inserita attivamente nel progetto, secondo una dinamica partecipativa dal basso che fa ben comprendere quanto il tema dell’unità sia sentito dai cacciatori. La nostra categoria è stanca degli arroccamenti dietro alle bandiere e sente l’esigenza di un cambio di passo, di una svolta organizzativa che possa garantirle una rappresentanza nel futuro.
Prima precisava che il restare uniti agli altri cacciatori toscani attraverso la CCT è stato uno dei motivi principali che vi hanno portato a fondare l’ARCT, credete fortemente nella necessità di unire il mondo venatorio italiano, vero?
Realizzare l’unità del mondo venatorio è il nostro obiettivo. Ci muoviamo all’interno della dimensione regionale, con la CCT, ma è indubbio che la necessità dell’unità sia percepibile anche e soprattutto su scala nazionale. Purtroppo è vero anche che al livello nazionale le spinte unitarie trovino ostacoli maggiori. Tuttavia siamo convinti – dato il peso che ha la Toscana nel panorama nazionale – che realizzare compiutamente l’unità nella nostra regione possa rappresentare uno stimolo notevole anche per gli altri territori. Non abbiamo la presunzione che la CCT possa rappresentare l’unico modello unitario possibile, ma siamo convinti che almeno finora rappresenti l’esperienza unitaria più avanzata. Guardi, voglio essere franco, la questione di fondo è avere l’onestà intellettuale di comprendere che molti progetti unitari, nel nostro Paese, sono tali solo sulla carta. L’unità del mondo venatorio è una sfida seria, è frustrante pensare che si possa definirla raggiunta senza minimamente modificare le strutture interne delle Associazioni. Mi spiego meglio: non basta giustapporre su un foglio i loghi delle Associazioni. Insomma, i cacciatori non hanno bisogno di un carrozzone studiato a tavolino col manuale Cencelli alla mano: hanno bisogno di una “prospettiva unitaria”, di un soggetto rappresentante che sia disposto a pensare più al futuro dei suoi rappresentati che non alla propria sopravvivenza. Questo è possibile solo costruendo uno strumento nuovo, calibrato sulle esigenze della realtà. Le ammucchiate e le fusioni a freddo non hanno mai funzionato, figuriamoci oggi.
Si auspica che altre Associazioni Venatorie possano aderire alla CCT? Vede delle reali possibilità in tal senso?
Ovviamente si! Vede, noi consideriamo la CCT come una risposta alle esigenze dei cacciatori e della caccia moderna. Alla base del progetto c’è la presa di coscienza, da parte nostra, che l’unico modo per dare un futuro dignitoso all’attività venatoria sia quello di unire le forze, sia in termini di competenze, sia in termini di risorse. Ogni Associazione venatoria che abbia a cuore il destino dei propri iscritti non può che vedere nella Confederazione una destinazione efficace ed accogliente. Ovviamente restano fuori tutti quei soggetti associativi che per tutelare sé stessi vogliono rimanere fuori dal progetto, inventandosi elementi ostativi e remore dietro le quali nascondere – e neanche troppo bene – la difesa del proprio “orticello”.
E’ questo, quindi, che in Toscana ha bloccato fino ad ora l’unione di tutte le Associazioni Venatorie?
Parliamoci chiaramente: il sistema nazionale e dunque regionale delle Associazioni venatorie è uno scenario estremamente restio al cambiamento. Credo che l’impianto e l’organizzazione dell’ associazionismo venatorio italiano rappresenti, ad oggi, uno dei settori più immobili del Paese: anche i partiti politici, o i sindacati, hanno intrapreso – seppur lentamente e con un grande ritardo – un percorso di cambiamento che li ha portati, oggi, ad essere diversi da come erano negli anni ’70 del secolo scorso. Più che parlare di cosa ha bloccato il percorso unitario parlerei dunque del perché non si sia ancora assistito a una spinta unitaria più forte e decisa. Insomma, in un sistema connotato spesso dall’autoreferenzialità e dall’immobilismo è molto difficile trovare un terreno favorevole per la riorganizzazione. Dovremmo dunque chiederci che cosa ha favorito, in Toscana, la nascita del progetto CCT e perché soltanto in Toscana, ad oggi, si sia sentita l’esigenza di un simile sforzo. La risposta alla sua domanda sta dentro la medesima questione. La singolarità della Toscana – rappresentata anche dal punto di vista dei numeri – è che in questa regione vi è ancora una forte comunità di cacciatori. È fisiologico, dunque, che una comunità tenda a porsi il problema della propria sopravvivenza, dei modi e delle forme attraverso le quali garantirsi un futuro dignitoso.
La CCT nasce per rispondere a questa esigenza e nasce dal senso di responsabilità delle classi dirigenti che allora – con grande sforzo – intrapresero il cammino. Vede – e qui parlo per esperienza diretta – come ex gruppo dirigente ArciCaccia comprendemmo che l’unico modo per dare un futuro alla nostra passione era quello di attrezzarci per far fronte alle sfide del domani, non del passato. L’unico modo per farlo era quello di creare una piattaforma unitaria che si fondasse sulla comunione di intenti. Molto semplicemente cominciammo a pensare al bene dei cacciatori e non al numero degli iscritti e fummo disposti, sin da subito, a fare un passo di lato – insieme alle altre Associazioni fondatrici – a beneficio dell’intesa e del raggiungimento degli obiettivi. Questo slancio, per noi virtuoso ed onesto, venne però percepito dalla dirigenza nazionale di ArciCaccia come un tentativo di indebolimento della struttura associativa e lì cominciarono, come sa, le azioni di contrasto.
Pensa che il modello della CCT sia esportabile in altre Regioni e a livello nazionale?
Come ho già detto, nessuno di noi ha la presunzione di credere che la CCT sia l’unico modello applicabile: tuttavia rappresenta, ad oggi, l’esperienza unitaria organica più avanzata. Spero che i cacciatori e i dirigenti delle altre regioni guardino a quello che accade in Toscana con curiosità e interesse, non credendo a quella narrazione distorta che della CCT alcuni fanno sia in Toscana, sia fuori di Toscana. Insomma, mi piacerebbe che questo progetto prendesse piede anche in altre realtà regionali. In Toscana, grazie alla lungimiranza e al senso di responsabilità dei gruppi dirigenti delle Associazioni venatorie membre si sono create le condizioni per dare anima e gambe al percorso unitario. Mi auguro questo possa accadere anche in altre realtà. Per quanto riguarda il livello nazionale potremmo dire che rappresenti l’obiettivo più ambizioso, ma la strada – purtroppo – credo sia ancora lunga. Come dicevo è necessario che l’unità sia concreta e organica, non solo sulla carta. Certamente se percorsi simili alla CCT si avviassero anche in altre regioni la spinta verso l’unità nazionale si rafforzerebbe senz’altro.
Posso dirle che da cacciatore sono completamente d’accordo.
Le chiedo, come ARCT, quali sono gli altri obbiettivi che vi prefiggete di raggiungere?
Noi siamo nati per unire perché di fatto i Cacciatori, trascendendo anche la realtà regionale Toscana, vivono tutti le medesime difficoltà e hanno le medesime speranze. Gli altri obiettivi, molti per la verità, sono sul tavolo della Confederazione: uno su tutti riuscire a dare risposte positive al problema della piccola selvaggina stanziale, una criticità tangibile che affonda le proprie origini nell’indirizzo e nell’organizzazione degli ATC.
In ultimo, le chiedo: crede sia possibile una riconciliazione con Arci Caccia?
Tutto è possibile, anche se – ad oggi – i segnali non sono incoraggianti. Spero che il futuro gruppo dirigente di Arci Caccia sappia ridare a quell’Associazione una prospettiva coerente, riuscendo a riacquistare la necessaria credibilità per tornare ad essere un interlocutore attivo.
La ringrazio per la disponibilità e la saluto augurandole un buon lavoro!
Grazie a lei per l’opportunità e la bella chiacchierata. Se posso vorrei chiudere con un saluto. Voglio ringraziare tutti i compagni e gli amici che hanno creduto in questo progetto e che hanno trovato il coraggio di rimettersi in gioco e ripartire da zero. Mi sento molto fortunato per aver avuto l’opportunità di conoscere persone veramente speciali che hanno condotto e che conducono un grande lavoro sul territorio e che, nonostante tutte le difficoltà, hanno a cuore unicamente il benessere e il futuro della nostra comunità, del nostro ambiente e delle nostre tradizioni. Vi ringrazio di cuore, senza di voi questo risultato sarebbe stato del tutto impossibile.