Interviste

Quattro chiacchiere con Andrea Cavaglià, cacciatore di montagna, filmmaker e testimonial Franchi

Apro Instagram, c’è una nuova storia di Andrea. “Vediamo che fa” mi dico, visto che devo intervistarlo. Apro la storia, nevica fitto, c’è un cacciatore che cammina, la neve fino ai polpacci, ansima per lo sforzo, è visibilmente infreddolito, ma sorride. Il paesaggio non sembra italiano… “è in giro per il mondo” penso, e il posizionamento di Instagram mi suggerisce “British Columbia”.  Andrea gli chiede: “Come va?” Lui guarda fisso la cam e con le guance paonazze sfodera un altro sorriso da invidia. “Adesso vi faccio vedere come sto io”, dice Andrea mentre gira la telecamera. Ha un cappuccio mimetico in testa, totalmente coperto di neve, il volto praticamente congelato, ma con un’espressione così felice da essere contagiosa. E niente, io dopo 15 secondi di video vorrei solo essere lì con loro, a congelarmi inseguendo cervi canadesi.

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Probabilmente basta questo per descrive Andrea Cavaglià. Sa mettere in video le emozioni della caccia, sa mostrarle dal giusto lato, sa raccontarle, sa trasmetterle fino a farle diventare contagiose, come la sua espressione di felicità. Con il tramite di Franchi, di cui Andrea è testimonial da diversi anni, ho avuto l’occasione d’intervistarlo. Ero curioso di sapere com’è arrivato a essere l’Andrea che vediamo oggi, come ha iniziato, come si è sviluppato il rapporto con Franchi e com’è finito a fare video di caccia in giro per il mondo. Ecco cosa mi ha raccontato.

*****

Ciao Andrea,
dimmi, quanto ti senti fortunato?
Son pronto a scommettere che molti dei nostri lettori ti invidiano, fai un lavoro che tanti cacciatori sognano… La mattina ti alzi e sai che andrai a lavorare fra campi e montagne con fucile e macchina fotografica in mano… ti senti fortunato?

Esatto, “fortunato” è l’aggettivo giusto.
Svegliarsi felice di andare a lavorare credo che sia davvero una fortuna enorme e io cerco di ricordarlo a me stesso ogni mattina che mi alzo. Non riesco ad immaginarmi in un “ambiente lavorativo” diverso da questo, il contatto con la natura per me è un’esigenza imprescindibile, mi sentirei in gabbia in qualsiasi altro posto.
Allo stesso tempo sono anche consapevole che non tutti siamo uguali, a qualcun altro potrebbe pesare la levataccia della mattina e la fatica delle salite, il fatto di stare ore sotto la pioggia o al freddo. Per me tutto questo è ossigeno puro. Essere riuscito a coniugare la mia più grande passione con il lavoro è uno dei miei più grandi successi, non nego però le difficoltà che questo ha comportato e comporta tuttora. Essere dietro la macchina fotografica non significa essere a caccia, come molti pensano.

È vero, quando una passione diventa lavoro non è semplice da gestire, ti capisco Andrea, un po’ succede anche a me. Dai raccontarmi, oggi sei un filmmaker e un fotografo piuttosto apprezzato nel settore caccia, ma come sei arrivato qui? Immagino che tutto sia iniziato dalla collaborazione con Franchi, giusto? Come è nata e quanto è stata importante?

Avevo 18 anni quando Franchi mi ha chiamato per un provino in occasione di un evento a Milano: lì mi informarono che erano alla ricerca di volti giovani per un’operazione di marketing. Ero con mio fratello ma lui era ancora troppo piccolo per entrare a far parte del team. Sicuramente Franchi è stato un bel trampolino di lancio in termini di visibilità, anche se i primi passi nel mondo della cinematografia venatoria li ho mossi qualche anno dopo quando, al primo anno di università, una start-up mi chiamò per iniziare un nuovo progetto. Da lì in poi ho avuto la fortuna di collaborare con varie aziende del settore e in particolare un’azienda francese che mi ha proiettato nel mondo venatorio internazionale e così ho iniziato a viaggiare.

Wow, hai iniziato davvero da giovanissimo! Ma a proposito di viaggi, giusto qualche giorno fa ho visto che eri in Canada! Cosa cacciavate, i cervi? In una storia eri totalmente ricoperto di neve, praticamente congelato. Com’è andata a finire?

Il Canada è stato bello tosto.
Siamo stati dieci giorni in British Columbia alla ricerca di alci, cervi mulo e orsi. Un’esperienza stupenda se non fosse stato per il freddo: la temperatura ahimè non è mai salita sopra i -20, sfiorando picchi di -30 gradi in alcune mattinate. Un freddo che toglie davvero il fiato, le batterie della macchina fotografica che si scaricano dopo due minuti di riprese… insomma, un’impresa! 

Gran bella esperienza! Ma con la caccia come hai iniziato? So che arrivi dalla montagna, ma qual è la tua storia da cacciatore?

Arrivo da una famiglia di cacciatori di montagna, come potevo crescere diversamente? Mio papà da sempre alleva una linea di Setter Inglesi con cui io e Davide, mio fratello più piccolo, siamo cresciuti. Per noi non è mai esistito un weekend che non fosse sulle montagne. Abbiamo iniziato con la tipica alpina per poi seguire papà anche sulle orme dei camosci non appena le forze fisiche ce lo permisero. La curiosità di imparare e sperimentare strategie nuove mi ha poi portato ad avvicinarmi al cervo, che per me oggi rappresenta la caccia per eccellenza (spero papà non mi senta): come tutte le cose che impari da solo hanno un sapore diverso, una sorta di conquista, di indipendenza. Lui aveva fatto così con mio nonno: un giorno si mise in testa che i Setter erano più interessanti che i segugi, così abbandonò le lepri per darsi alla piuma.

Beh, dai, lo ha fatto anche lui, son sicuro che capirà la tua passione per i cervi! Giusto per farlo contento, immaginiamo di organizzare per domani una giornata di caccia al cervo… Ovviamente utilizzerai una Horizon, ma che calibro e che allestimento sceglieresti? E perché? Son curioso…

Io per la caccia al cervo scelgo sempre la mia Horizon Elite Gray in calibro 300 win mag, un calibro molto potente, efficace anche a distanze più importanti. La scelta della Gray è dettata dal fatto che è una carabina semplice ed elegante. Alla fine, ogni allestimento andrebbe bene per cacciare cervi, la mia è una scelta meramente guidata dal gusto personale.

Uno dei tanti, bellissimi, scatti catturati dalla fotocamere di Andrea, che raccontano momenti di caccia unici.

E se invece dovessimo fare un’uscita alla tipica alpina, invitando anche il papà con i suoi setter ovviamente, quale Franchi porteresti con te?

Per quel che riguarda la caccia con il cane da ferma, il fucile che in assoluto preferisco è il Feeling Beccaccia ed è lo stesso che uso anche per la tipica alpina. È un fucile leggero, facile da brandeggiare, e che mi permette di essere rapido ed efficace su tiri che non sono mai esageratamente lunghi. Poter cambiare gli strozzatori per me è sicuramente un plus. Alla tipica alpina mi affido ad un 3 e 1, per le beccacce invece una scelta diversa: 4 e 2. 

Ottimo, io porto il mio Affinity Pro e siamo a posto 😊
Senti, vorrei chiederti un’altra cosa sul tuo rapporto con Franchi. Il re-branding che han fatto negli ultimi anni mi è piaciuto davvero tanto: han raccolto un pubblico giovane dando un look fresco sia ai prodotti che al Brand, riuscendo anche a trasmettere un’immagine molto contemporanea della caccia, puntando sull’importanza del lato esperienziale e di tutto ciò che viene dopo lo sparo. In tutto questo voi testimonial avete avuto un bel ruolo, siete stati i tramiti di questa vision, come l’hai vissuta? Nei tuoi video sembri sempre sposare appieno il concetto di “Feels Right”…

Per me la caccia è qualcosa che va al di là dell’abbattimento, è tutto quello che viene prima e dopo. Mio papà ci ha abituati a questo concetto fin da piccoli e spero che questo trapeli anche dai miei filmati. La caccia è un’esperienza che diventa ancora più ricca se condivisa, in famiglia o con qualche amico; ormai sono rare le volte che parto da solo, ho sposato appieno il concetto di condivisione e penso che non lo abbandonerò più. Raccontare aneddoti di cacciate trascorse e riderne attorno ad una tavolata di amici non ha prezzo. È questo che rimane nel tempo, più del carniere, più del trofeo. Perché alla fine, comunque vada la giornata, se hai una storia in più da raccontare è davvero tutto RIGHT.

E tu queste storie le metti in video. Mi son sempre chiesto: quanto è difficile trasmettere l’esperienza di caccia con un filmato? In un modo o nell’altro, racconti sempre dell’abbattimento di un animale e non deve essere semplice trovare il giusto verso per raccontarlo…

Ogni avventura è diversa e ogni cacciatore ha una storia tutta sua da raccontare. Io sono sempre alla ricerca di soggetti che sappiano ancora emozionarsi: è l’unico modo per avere un prodotto di qualità. Certo, il mio lavoro è fondamentale, la ricerca delle inquadrature giuste, l’attenzione al dettaglio e la prontezza nel riprendere la scena sono elementi irrinunciabili ma il video in fin dei conti lo fanno loro, i protagonisti. Se mi emoziono io nel momento in cui sto girando, sono sicuro che si emozionerà anche il pubblico a casa. Penso sia lì la chiave di tutto. L’abbattimento è praticamente indispensabile, insomma parliamo sempre di video di caccia, ma non possiamo e non dobbiamo limitarci a quello. Il cacciatore non è un mero tiratore, allora perché limitare un video di caccia ad una sterile scena di morte?

Mi trovi totalmente d’accordo. Sai, ti confesso che non sono un gran consumatore di video di caccia, spesso li trovo noiosi e troppo focalizzati sull’abbattimento. In generale, soprattutto nei video italiani, mi sembra sempre ci sia una scarsa attenzione nel modo in cui la caccia viene presentata. Invece, recentemente ho visto l’ultima stagione di Be Wild e mi è piaciuta molto, proprio perché tu e Giulia andate ben oltre all’abbattimento e riuscite a trasmettere bene l’emozione di una tipica giornata di caccia… Come la vedi? A che punto è il settore dei video di caccia in Italia secondo te?

Come dicevo, negli anni sto cercando di diffondere una nuova visione della caccia e in questo Franchi, con la sua vision, è una buona spalla su cui appoggiarsi. Ho notato che, sempre più spesso, con la condivisione di carnieri abbondanti, trofei importanti e immagini crude sui social, i cacciatori si stanno tirando la zappa sui piedi da soli. Siamo responsabili tutti, in prima persona, della visione storpiata che oggi viene attribuita alla caccia. Chi non la pratica, chi non ha cacciatori in famiglia, chi non sa nulla del mondo venatorio se investito da queste immagini così forti ha tutte le buone ragioni per costruirsi un’idea sbagliata della caccia. È su questo che c’è molto da lavorare: diventare insegnanti modello, anziché lamentarsi delle accuse. La caccia è un tema delicato ed è per questo che servono parole giuste, immagini delicate e messaggi etici. Io e Giulia ci stiamo provando, vogliamo arrivare prima di tutto ai giovani, perché è di lì che parte il cambiamento. Smussare un preconcetto ormai radicato non è così facile e per questo deve esserci una linea comune: l’errore di un solo cacciatore può compromettere il lavoro di altri cento. Con questo non voglio dire che tutti gli altri video di caccia siano troppo crudi, però penso che in tante situazioni si potrebbe calcare meno la mano sull’abbattimento per dare più spazio alle emozioni. Non che sia facile, ma sono sicuro che ogni videomaker è capace di scovare e trasmettere un’emozione in modo diverso. Così facendo anche il pubblico, di cacciatori o no, avrebbe uno spettro di sfaccettature diverse su cui potersi costruire un’idea. In America, per esempio, sono avanti anni luce: esistono canali interamente dedicati alla caccia, con video di alta qualità. In Italia abbiamo ancora molto da imparare.

Ancora una volta non posso che essere d’accordo con te. Hai qualche videomaker o programma americano da consigliare a chi è curioso come me e vuole farsi un’idea di come è raccontata la caccia altrove?

Assolutamente si, in America sono molto competenti dal punto di vista multimediale, creano contenuti di alto livello a cui cerco sempre di ispirarmi. Un canale molto valido è MOTV (My Outdoor Tv) oppure ho seguito con interesse anche la serie The MeatEater (il Carnivoro) su Netflix, che consiglio!

Tornando a Be Wild, ci saranno altre stagioni?

Perchè no?! Non immaginate l’organizzazione che si cela dietro una stagione di riprese. Stiamo cercando di velocizzare un po’ i tempi ma siccome puntiamo sempre a migliorare, in termini di mete e qualità, abbiamo ancora delle faccende burocratiche che ci frenano. Arriverà presto!

Non vedo l’ora! Nel frattempo, ho visto sui social che ti stai avvicinando alla caccia con l’arco… non vorrai tradire Franchi per darti all’arco, vero? Scherzo ovviamente, come sta andando?

Quella con l’arco è un’avventura bellissima. Dopo anni di carabina avevo bisogno di qualche novità, di qualcosa che mi facesse di nuovo battere il cuore. Ho riscoperto la bellezza degli inizi, quando non sai nulla ed ogni piccolo passo in avanti è una conquista enorme. In Italia siamo davvero pochi ad esserci incamminati su questa strada ma ho trovato subito un grande senso di comunità tra i bowhunters. Ho cercato di raccogliere consigli dai più bravi ma resta il fatto che non è semplice, non puoi permetterti di sbagliare. L’allenamento deve diventare la tua routine quotidiana e con il lavoro lontano da casa molto spesso le due cose sono inconciliabili. Riuscire ad avvicinare un animale a poche decine di metri però ti ripaga di tutti i sacrifici fatti durante il resto dell’anno. Non abbandonerò certamente la carabina ma ogni tanto c’è anche bisogno di reinventarsi.

Andrea, chiudo tornando al tema della prima domanda che ti ho fatto, la fortuna… ho visto che nel tuo lavoro hai coinvolto anche Marta, tua moglie: lei scrive, filma, fotografa, tu cacci, racconti e dirigi… quanto siete fortunati a condividere passioni e lavoro?

Una domanda difficile questa. La verità è che quando c’è una donna “di mezzo” lo si percepisce, dai dettagli, dalle emozioni e dalla ventata di cambiamenti che porta. Marta ha imparato in poco tempo quello che io ho assimilato in anni di lavoro, in questo è stata davvero brava. Arriva da un background totalmente estraneo al mondo venatorio e questo per il nostro lavoro è stato un toccasana: grazie a lei, ai suoi commenti e alle sue osservazioni riesco ad immaginare cosa può aspettarsi un “non-cacciatore” dai miei video. La direzione che vogliamo seguire sarà quella di avvicinare un pubblico non solo di cacciatori, di conseguenza diventa una figura davvero importante lavorativamente parlando. Non nego che tante volte è difficile tenere divisa la vita privata dal lavoro ma ci stiamo provando. Sicuramente avessimo preso strade diverse sarebbe molto complicato trovare il tempo per stare insieme, dati i ritmi frenetici che tutti questi spostamenti comportano. Quindi anche su questo punto mi ritengo davvero fortunato.

Andrea, io ti ringrazio e ti faccio davvero un grosso in bocca al lupo per il tuo lavoro. Se fra un viaggio e l’altro trovi il tempo per una cacciata assieme con i nostri Franchi, sai dove cercarmi.

Grazie a te Luca, ci organizziamo!
A presto.

A presto!

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