Chi può decidere le specie cacciabili? Il TAR manda la Regione Piemonte davanti alla Corte Costituzionale
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Lo sappiamo, ormai da anni i cacciatori piemontesi sono ostaggio di una Giunta regionale che insiste, a suon di delibere, nel limitare l’attività venatoria. La scorsa settimana, però, dopo innumerevoli ricorsi al TAR, è stato compiuto un passo forse decisivo verso la risoluzione di questa insostenibile situazione: il Tribunale Amministrativo di Torino con l’ordinanza n. 1262/2017 ha chiamato la Regione Piemonte davanti alla Corte Costituzionale a rispondere di una presunta illegittimità costituzionale delle due norme con cui ha escluso ben 16 specie dall’elenco di quelle cacciabili.
La storia è nota: dal 2015 ad oggi la Giunta piemontese ha escluso dalle specie cacciabili prima la Pernice bianca, l’Allodola e la Lepre variabile, e poi il Fischione, la Canapiglia, il Mestolone, il Codone, la Marzaiola, la Folaga, il Porciglione, il Frullino, la Pavoncella, la Moretta, il Moriglione, il Combattente e il Merlo. Le Associazioni Venatorie sono ricorse più volte al TAR, che ha anche costretto la Regione ha reinserire gli Anatidi nel calendario venatorio 2016/2017. Nonostante questo, la Giunta ha aggirato la sentenza escludendole nuovamente con una modifica della legge regionale.
Chi può decidere quali specie sono cacciabili e quali no?
Così, le associazioni venatorie sono ricorse nuovamente al Tribunale Amministrativo sollevando una questione di legittimità costituzionale. In sostanza, la Regione ha la competenza legislativa per escludere delle specie dalla lista di quelle cacciabili? Oppure questa competenza spetta esclusivamente allo Stato?
Leggendo l’ultima ordinanza del TAR non sembrano esserci molti dubbi (di seguito uno stralcio, qui il testo integrale):
“Secondo il risalente e consolidato orientamento della Corte, tanto l’individuazione dei contenuti minimi della sfera sottoposta a protezione (le specie non cacciabili) quanto l’elencazione delle possibili eccezioni (le specie cacciabili) investono un interesse unitario proprio della comunità nazionale, la cui valutazione e la cui salvaguardia restano in primo luogo affidate allo Stato ed ai poteri dell’Amministrazione centrale (sent. n. 577 del 1990).
Più di recente, è stato ribadito che la normativa statale, in quanto preordinata alla preservazione della fauna, è inderogabile da parte della legislazione regionale (sent. n. 278 del 2012).
Il legislatore statale ha assegnato particolare rilevanza alle linee guida ed ai pareri dell’ISPRA, allo scopo di garantire l’osservanza di livelli minimi e uniformi di protezione ambientale (sent. n. 107 del 2014).
Secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, pur costituendo la caccia materia affidata alla competenza legislativa residuale della Regione ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost., è tuttavia necessario, in base all’art. 117, secondo comma – lett. s), Cost., che la legislazione regionale rispetti la normativa statale adottata in tema di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ove essa esprima regole minime uniformi (tra molte: sent. n. 151 del 2011, sent. n. 2 del 2015). Quando tali regole sono contenute nella legge n. 157 del 1992 (norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), che in larga parte le racchiude, la normativa regionale in contrasto con le corrispondenti disposizioni statali invade la sfera di competenza legislativa dello Stato ed è perciò costituzionalmente illegittima, per violazione dell’art. 117, secondo comma – lett. s), Cost. (da ultimo: sent. n. 139 del 2017).
Come è noto, l’art. 18 della legge n. 157 del 1992 individua puntualmente le specie cacciabili ed i periodi di caccia per ciascuna specie, attribuisce alle Regioni il potere di autorizzare modificazioni ai periodi di caccia, previo parere dell’ISPRA, e di predisporre, sentito l’ISPRA, il calendario venatorio.
La Regione Piemonte ha disciplinato in modo difforme e più restrittivo, con le norme qui sospette di incostituzionalità, la caccia alla pernice bianca, all’allodola, alla lepre variabile ed a numerose specie di uccelli acquatici.
La natura derogatoria dell’intervento regionale, rispetto al rigido quadro normativo statale, implica che i casi in cui la Regione può incidere su questo devono essere espressamente contemplati da una disposizione di legge statale, se l’incidenza attiene alla materia della “tutela dell’ambiente” soggetta a potestà legislativa esclusiva dello Stato.
Non vi sono disposizioni di legge statale che riconoscono alla Regione Piemonte il potere, in sede di approvazione del calendario venatorio, di vietare la caccia a determinate specie. Alle Regioni è solo consentito di rimodulare i periodi di caccia”.
Da qui la decisione del TAR di rimandare la questione alla Corte Costituzionale che ora dovrà esprimersi sulla incostituzionalità dei provvedimenti assunti dalla Giunta piemontese.
La nuova legge regionale sulla caccia
Tutto questo accade proprio mentre in Piemonte si discute la nuova legge regionale sulla caccia (disegno di legge n. 182), che in questi giorni ha passato l’esame della III Commissione ed è pronta, dopo due anni di discussione, ad approdare in Consiglio per l’approvazione definitiva.
La nuova legge, però, riportando anche i divieti che sono ora al vaglio della Corte Costituzionale, potrebbe già nascere già con dei vincoli di incostituzionalità. Per questo Federcaccia Piemonte, con una lettera aperta che vi riportiamo di seguito, ha invitato tutti i Consiglieri Regionali ad “approfondire con responsabilità l’argomento caccia”, rendendosi disponibile “per civili confronti d’idee, da affrontare senza prevenzioni o reciproci pregiudizi, semmai con l’obiettivo ambizioso di dotare quanto prima anche il Piemonte di una legge sulla caccia che sia moderna e condivisa, nel rispetto di ambiente e biodiversità”.
Potranno finalmente i cacciatori piemontesi praticare l’attività venatoria come il resto dei cacciatori italiani? O dovranno attendere le prossime elezioni regionali?
la quarta settimana di novembre 2017 verrà ricordata a lungo da cacciatori e politici piemontesi.
Prima la notizia della chiusura lavori della III Commissione, che ha licenziato per la votazione del Consiglio Regionale il testo del ddl 182 sulla caccia presentato dall’Assessore Ferrero; poi, ironia della sorte, nemmeno due giorni dopo la pubblicazione di un ordinanza del TAR Piemonte, la 1262/2017, che potrebbe decisamente rimescolare le carte, rendendo quella stessa legge claudicante prim’ancora d’iniziare il suo cammino!
Ma cos’è successo di così clamoroso da poter determinare un tale terremoto?
Nulla di così inatteso come potrebbe sembrare, ma solo la prevedibile conseguenza di un lavoro davvero fatto male, assemblato senza nulla recepire delle nostre osservazioni e, almeno così pare a noi, redatto in fretta e furia a botte di copia-incolla con il solo scopo di penalizzare il mondo venatorio, o d’espellere le scorie di numerose, e certo maldigerite, sconfitte nelle aule del TAR subalpino.
Vendette postume o ripicche buone tra ragazzi delle scuole, ma totalmente fuori luogo quando le Istituzioni si debbono raffrontare con i cittadini, o con associazioni che, come la nostra, legittimamente ne rappresentano la maggioranza assoluta.
Il Tribunale Amministrativo Piemontese, per farla breve, ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità su leggi volute dall’Assessore Ferrero per aggirare l’ostacolo di sentenze che l’avevano visto soccombere di fronte ai ricorsi del mondo venatorio; ma non spetta al legislatore definire con legge le controversie giudiziarie sostituendosi al giudice di queste. Ricordare il caso della pernice bianca dovrebbe rinfrescare la memoria a molti, ed il problema è che lo stesso ddl 182 ha recepito i divieti già precedentemente contenuti nelle leggi ora sub judice.
Fortunatamente toccherà alla Consulta metterci la parola fine, e dunque vedremo se essa tornerà indietro su analoghe decisioni già assunte in passato, consentendo a Regione Piemonte di legiferare su una materia, l’Ambiente, riservata allo Stato; oppure se bollerà quei provvedimenti legislativi come incostituzionali, di fatto azzoppando la nascente legge sulla caccia.
La questione non è affatto secondaria, o politicamente irrilevante, e se come Associazione Venatoria riconosciuta siamo molto felici per il risultato ottenuto, come cittadini e contribuenti piemontesi siamo umiliati per lo smacco cui rischia d’andare incontro la nostra Regione, ma pure irritati per il continuo utilizzo di denaro pubblico, inutilmente sperperato per alimentare contenziosi legali sempre perdenti.
Preferiamo guardare avanti, e credere vi sia ancora spazio per buon senso e rispetto delle leggi, quelle stesse che ad oggi consentono a centinaia di migliaia di cacciatori in Italia, e milioni in Europa, d’esercitare la loro passione.
E dunque invitiamo tutti i Consiglieri Regionali ad approfondire con responsabilità l’argomento “caccia”, rendendoci da subito disponibili per civili confronti d’idee, da affrontare senza prevenzioni o reciproci pregiudizi, semmai con l’obiettivo ambizioso di dotare quanto prima anche il Piemonte di una legge sulla caccia che sia moderna e condivisa, nel rispetto di ambiente e biodiversità.
Avviene già in mezzo mondo, spesso proprio in Paesi civilissimi e all’avanguardia su questi argomenti, e non v’è ragione per credere che ciò non possa accadere anche qui, al…piede del monte!
Noi non vogliamo la guerra con la politica piemontese, e nemmeno con una parte di essa; non l’abbiamo mai voluta fare, agendo solo e sempre a difesa dei diritti di quasi 25.000 appassionati, ma certo non ci tireremo indietro di fronte alle prepotenze di chicchessia, continuando a combattere se costretti.
Federcaccia Piemonte non negozia mai la dignità dei cacciatori, chiede solo il rispetto di leggi come la 157/92 e il diritto d’esercitare l’attività venatoria sul nostro territorio, proprio come normalmente fanno lombardi, veneti, liguri, toscani, emiliano-romagnoli, laziali, umbri, marchigiani, campani, pugliesi, siciliani e così via; nessuno escluso.
Grazie per la Vostra attenzione e buon lavoro.
Federcaccia Piemonte