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Dalla Wilderness una riflessione sul concetto tutto italiano di Parco

Franco Zunino, Segretario Generale dell’Associazione Italiana Wilderness, a seguito dell’incendio che nei primi giorni di agosto ha interessato l’area di Campo Imperatorie nel Parco Nazionale del Gran Sasso, fa un’interessante analisi sul concetto “tutto italiano” di Parco.

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wildernessESTATE 2017 – ASSALTO AL GRAN SASSO
Un motivo di riflessione sul concetto tutto italiano di Parco

Si sono lamentati in tanto per quanto è successo in questi giorni di luglio/agosto sui pascoli di Campo Imperatore del Gran Sasso con affollamenti impressionanti di turisti sotto tutte le forme possibili (dai semplici escursionisti, a vere e proprie tendopoli di campeggiatori, a piazzalate di camper e roulotte, scorribande di biker motorizzati o meno) finanche a mercatini e all’incendio che ha “devastato” (si fa per dire) una parte dei pascoli e, soprattutto, tratti di pinete: almeno questo ci hanno fatto vedere Internet, social network e televisioni.

Ovviamente su tutto questo ambaradan si sono scatenati gli ambientalisti, soprattutto con attacchi feroci all’Ente Parco Nazionale del Gran Sasso-Laga, finanche con richieste di dimissioni dei vertici. Un “urlo” di protesta ben comprensibile, ma forse non del tutto giustificato visto che all’origine del “male” ci siamo anche noi ambientalisti, che per ragioni partitico-politiche e animaliste abbiamo spinto la politica a scelte sbagliate. Infatti nessuno ha saputo centrare il vero problema, che è poi il vero problema di tutti i Parchi italiani ormai “malati d’uomo”, ovvero che già con l’approvazione della legge quadro 394 del 1991 (tutta di ispirazione ambientalista) che avrebbe dovuto disciplinare l’istituzione delle aree protette si è creato il vulnus che sta all’origine di quanto ogni estate succede in tutti i nostri Parchi, ovvero l’assalto, praticamente indisciplinato del turismo di massa; assalto peraltro non solo favorito, ma anche invogliato dagli stessi enti gestori: l’aver creato quell’ibrido obbrobrioso tra un “vero” Parco con finalità di conservazione ed un’area ricreativa, con l’inevitabile prevalenza della seconda finalità sulla conservazione del bene Natura.

Gli USA, che sono, che piaccia o meno, la vera Nazione madre dell’Idea Parco, se ne sono ben guardati, e sebbene queste istituzioni abbiano anche una funzione turistica, hanno messo e continuano mettere paletti ovunque per controllare il turismo, anche contro l’interesse turistico. Giustamente, ha recentemente tenuto saggiamente e con buon senso a precisare un manager di uno di questi Parchi, che «ogni iniziativa deve essere valutata affinché non interferisca con i processi naturali, il Servizio Parchi deve consentire i processi naturali e preservare i caratteri della Wilderness, non le azioni umane». E per soddisfare il turismo hanno invece creato altre forme di Parchi, le cosiddette Aree Ricreative e le Spiagge Nazionali dove alla difesa del Bene Natura prevale invece l’interesse turistico.

Il secondo errore, che è poi la madre di tutti gli errori dei nostri Parchi, è la pretesa di imporre vincoli ai detentori dei diritti privati (siano essi singoli o comunali, sia di uso e/o costumanza sia di vera proprietà dei suoli) senza rimborsarli mediante l’acquisizione dei terreni o la loro presa in gestione dietro congruo compenso: si sperperano di milioni di euro in ricerche “ecologiche” di ogni tipo (spesso inutili!) ed altrettanti e di più in progetti e finanziamento di iniziative turistiche, per non dire in amministrazione (stipendi a non finire ed altre amenità della classica burocrazia italiana – si pensi solo ai loro parchi automezzi!) ma per legge non si trovano i soldi per conservare allo Stato (o chi per esso) i beni pubblici che si vuole proteggere: in pratica si fa pagare a pochi l’onere della tutela di beni che appartengono a TUTTA la collettività, e si pretende di reiterare questa ingiustizia!

E allora ecco che i gestori devono per forza essere di manica larga con gli abitanti locali ed i Comuni, ai quali appartengono i suoli dei Parchi.

Il terzo errore, se così lo vogliamo chiamare, ma sarebbe più giusto definirlo errata pianificazione della cosiddetta “zonizzazione” che se pure prevede delle fasce a riserva integrale ed altre a riserva generale, non prevede la designazione di Aree Wilderness dove assolutamente il controllo turistico deve essere contigentato affinché non vi si verifichino quegli affollamenti di cui si dice e dove a prevalere debbano essere gli interessi del bene Natura e quello degli uomini che in questo bene cercano non sfogo ludico-fisico o mera ricreazione fisica bensì la solitudine ed il silenzio, che sono i beni caratteristici che anche un Parco deve assicurare. Questo sì, applicabile mediante accordi e compromessi con i Comuni, se si assicurano loro quei diritti legittimi che le comunità locali si vedono lesi dai vincoli a loro imposti dai Parchi.

C’è poi un altro aspetto tipicamente italiano ed europeo, ovvero quello di aver deciso di istituire Parchi enormi pur non avendone, i territori, le caratteristiche; anche questo un vulnus conseguente alla distorta visione di avere parchi ibridi con aree di ricreazione, per cui si è giunti ad inserire nei Parchi anche vasti territori urbanizzati e/o antropizzati e finanche paesi proprio per favorire il turismo, ritenuto dal mondo politico e dai politici in genere il VERO bene primario di un Parco (hanno istituito Parchi così come avrebbero creato un’industria: ultimo esempio quello di Lampedusa!). Ovvero, per dirla tutta, Parchi troppo grandi, che andrebbero ridotti all’osso e limitati alle vere aree naturali da proteggere, sulle quali poi poter applicare quelle severe norme che invece oggi si richiedono anche per aree che non lo meritano.

In poche parole, se il Gran Sasso quest’estate è stato “assaltato” dalla gente (che lo ha poi vandalizzato come si è detto) bisogna risalire alla matrice del male, e vano è criticare una gestione che comunque la si attui, finirebbe sempre per scontrarsi con gli errori che stanno all’origine dei nostri Parchi. Quando si dice “è il sistema che va cambiato”! Infatti, la cosa grave è che anche nella recente ed ancora in itinere revisione della citata legge 394/1991 nessuna delle due Camere parlamentari ha previsto che si cambi questo stato di fatto! Purtroppo, si sa, lo dice il proverbio, perseverare è diabolico! Perché? Semplice, cambiare il sistema significherebbe due cose che gli ambientalisti italiani non accettano: ridurre il numero dei Parchi e ridurre le loro estensioni alle aree che realmente meritano di essere Parco. Ormai lo slogan creato per il “lupo delle Alpi” che vale per gli orsi del Trentino vale anche per i Parchi: un Parco qualsiasi pur che sia Parco! Saremmo capaci finanche di proporre all’UNESCO un Parco Nazionale Italia, se l’UNESCO potesse assicurare alla politica un bel gettito di soldi da gestire: nessun Partito di nessuna tendenza politica si tirerebbe indietro, né tanto meno gli animal-ambientalisti nostrani!

E allora, eccoci a piangere sull’estivo assalto al Gran Sasso! E piangeremo ancora a lungo fino a che ambientalismo e politica non si decideranno a governare una seria politica dei Parchi a difesa dei veri nostri patrimoni pubblici, con lo sguardo rivolto all’odiata America anziché all’illusoria Europa, e un po’ meno ai soldi e all’immediato e un po’ più alla Natura e alle generazioni future.

Franco Zunino
Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness

Photo Credit Ra Boe (License)

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