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Fagiano, sospendere il prelievo delle femmine per tornare ad avere popolazioni naturali

L'attuale gestione venatoria del fagiano, basata in buona parte sul "pronta caccia", ha grossi limiti che portano a considerazioni di natura etica. Le restrizioni sul prelievo delle femmine potrebbero essere un piccolo inizio per cambiare gli obbiettivi di gestione di questa specie

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Negli ultimi decenni la gestione del fagiano ha subito drastici cambiamenti che hanno portato in dote una popolazione in calo e una presenza sul territorio frammentata, sia nello spazio che nel tempo. Gli sparuti tentativi di mantenere e alimentare popolazioni selvatiche stabili sono divenuti sempre più rari e hanno lasciato il posto a una gestione finalizzata solamente al mantenimento di un cospicuo numero d’individui presenti sul territorio esclusivamente nel periodo interessato dall’attività venatoria.

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I limiti dell’attuale gestione del fagiano

Al momento, la maggior parte degli organi di gestione sceglie di liberare ingenti quantità di fagiani dal mese di agosto in avanti. Vi porto l’esempio dell’Ambito Territoriale di Caccia a cui sono iscritto, PV 2, qui nel solo mese di agosto 2021 sono stati immessi 10400 fagiani, senza contare quelli liberati durante la stagione venatoria.

A fronte di ripopolamenti di tale entità ci si aspetterebbe un elevato incremento del carniere venatorio, risultato che invece raramente viene perseguito, come testimoniano numerosi studi realizzati su interventi di questo tipo. Inoltre, va considerato che in questi casi la sopravvivenza degli individui liberati risulta particolarmente bassa, in Francia sono stati riscontrati tassi di mortalità nel corso del primo anno dopo il rilascio di soggetti allevati variabili tra il 79% e il 93% (Gindre, 1974).

Ovviamente, questi sono dati che dipendono largamente dalla qualità degli individui utilizzati, dalla densità dei predatori e dalla vocazione del territorio, ma è immaginabile che se l’obiettivo è quello di liberare più fagiani possibili difficilmente gli esemplari saranno scelti per la loro qualità. Anche perché i cacciatori tendono a far sentire la loro voce di fronte alla mancanza d’ingenti quantità di selvaggina sul territorio e le lamentele spingono gli addetti ai lavori ad alzare i numeri a scapito sempre più della qualità e della lungimiranza degli interventi.

Una soluzione alternativa che richiede soltanto un piccolo sacrificio

Le soluzioni e i possibili interventi a questa annosa problematica sono molti e, non solo meriterebbero numerosi articoli per essere affrontati e sviscerati esaustivamente, ma richiederebbero un drastico cambiamento di mentalità e di obiettivi nella gestione stessa della fauna e nello specifico di questa specie.

Vorremmo quindi concentrarci su un singolo intervento che è già stato sperimentato in alcuni stati esteri, primi fra tutti gli Stati Uniti e che prende spunto proprio dalla biologia del fagiano. In questa specie, infatti, nella stagione riproduttiva i maschi formano harem di un numero variabile di femmine che scelgono l’individuo dominante sia per le sue doti difensive, sia per la ricchezza di risorse del territorio occupato. Inoltre, bisogna considerare che in primavera ed estate i giovani e le femmine mostrano una mortalità che si aggira attorno al 50%, un fenomeno che tende a sottrarre riproduttori dal territorio proprio nel periodo in cui essi potrebbero implementare la popolazione.

Per queste ragioni in diversi stati americani il prelievo riguarda soltanto gli esemplari maschi che viene effettuato con un’incidenza del 70% sulla consistenza autunnale (Cocchi & Riga & Toso, 1998). Questo permette a un maggior numero di femmine di sopravvivere fino alla stagione riproduttiva successiva.

I rischi di questo intervento e come ovviarli

Proibire o ridurre drasticamente il prelievo della femmina potrebbe non dare i frutti sperati, soprattutto se non venisse accompagnato da ulteriori interventi mirati come miglioramenti ambientali, ripopolamenti accorti e coscienziosi e controllo dei predatori; ma sicuramente il mondo venatorio darebbe un grande segnale a tutte le altre categorie più o meno coinvolte nella gestione faunistica.

Quel che è certo è che una presenza, dopo qualche anno, di una popolazione selvatica e autosufficiente ripagherebbe abbondantemente il sacrificio di veder ridotti i propri carnieri permettendo un’attività venatoria più in sintonia con l’etica che da secoli guida questa passione.

Come numerosi interventi che vanno a modificare il normale ciclo biologico di una popolazione sbilanciandone, in questo caso, l’equilibrio tra sessi, anche questo presenta qualche rischio e qualche aspetto da tenere sotto controllo. Il primo di essi è il fatto che aumentando artificialmente il numero di femmine presenti sul territorio si rischia di abolire a priori la selezione attraverso la quale si stabilisce in natura la graduatoria di accesso alle risorse disponibili e alla riproduzione, con l’inevitabile rischio di un progressivo scadimento della qualità media della popolazione. Questo aspetto però sorgerebbe soltanto in un secondo momento quando la popolazione naturale avrebbe ormai acquisito la propria autonomia, e per ovviare a questo rischio si potrebbe introdurre successivamente un prelievo delle femmine numericamente molto basso.

Inoltre, è stato accertato che una elevata densità di femmine può determinare una diminuzione della produzione media di pulcini, risultando quindi controproducente nel lungo periodo (Hill e Robertson, 1988), ma anche questo è un problema che sorge soltanto in presenza di una popolazione numerosa e solida, situazione ben lungi dall’essere attuale nel nostro paese.

Un piccolo inizio che potrebbe dare il via a un grande cambiamento

È comunque fondamentale sottolineare che questo tipo di considerazioni riveste una certa importanza solo nell’ottica della gestione di medio-lungo periodo di popolazioni in situazioni naturali o relativamente poco disturbate, condizione che non si verifica quasi mai nel caso del fagiano, per il quale la qualità delle popolazioni è determinata in larga misura dalle massicce e regolari introduzioni di capi allevati.

Come già è stato detto quello che deve essere cambiato prima che sia troppo tardi è l’approccio alla gestione di questa specie e gli obiettivi che ci si prefissa. Le restrizioni sul prelievo delle femmine di fagiano potrebbero donarci popolazioni stabili su tutto il territorio nazionale con conseguente risparmio di denaro che potrebbe essere investito in altre opere di gestione, ben più utili ed eticamente accettabili rispetto ai ripopolamenti pronta caccia.

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Piero
Piero
2 anni fa

Io sono anni che lo dico. Bisogna abolire la caccia alla femmina di fagiano o al limite autorizzare il prelievo al solo mese di settembre . È quello che fanno già molte nazioni europee

Matteo
Matteo
2 anni fa

Il fagiano andrebbe chiuso a priori.
Maschi e femmine, almeno 2/3 stagioni.
Convincete il mondo venatorio, se ci riuscite.
Purtroppo alla stragrande maggioranza di noi cacciatori “è più facile che possa entrare in certi posti piuttosto che in testa”

Pietro
Pietro
2 anni fa
Reply to  Matteo

La mia esperienza nel campo venatorio mi dice che il miglior risultato si ottiene in questo modo.. costruire grosse voliere chiuse immettere selvaggina sana a fine inverno..marzo farla annientare bene dopodiché aprire un foro nella rete in modo che la selvaggina sia libera di entrare e uscire a piacimento mantenendo all.interno cibo e acqua..i risultati ci sono sicuro…se possibile la.apertura creala rialzata dal terreno

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