Tassa regionale sulla caccia…quanto mi costi?
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Ecco la classifica delle regioni in cui la tassa di concessione per l’esercizio dell’attività venatoria costa “meno”.
La tassa di concessione regionale è una delle tante voci di spesa che un cacciatore deve sostenere per poter praticare l’attività venatoria. Se la concessione governativa ha un importo fisso di 173,16 Euro, la tassa regionale ha un importo variabile che viene stabilito dalle stesse regioni.
In questo senso la regione più “virtuosa” è la Toscana, che nel 2015 ha abbassato la tassa regionale da 67€ a 23€, seguita da Sardegna e Lazio. Le più care, rispettivamente con importi di 100€, 100,80€ e 168 Euro, sono Piemonte, Calabria e Valle d’Aosta.
Ecco la classifica completa:
- Toscana 23€
- Sardegna 25€
- Lazio 32,65€
- Lombardia 64,56€
- Abruzzo 66€ (fucile 2 colpi 52€)
- Emilia Romagna 66,62€ (fucile 2 colpi 52,68€, fucile 1 colpo 37,70€)
- Basilicata 66,62€ (fucile 2 colpi 52,68€, fucile 1 colpo 37,70€)
- Campania 66,62€ (fucile 2 colpi 52,68€, fucile 1 colpo 37,70€)
- Friuli Venezia Giulia 84€
- Marche 84€
- Molise 84€
- Puglia 84€
- Sicilia 84€
- Veneto 84€
- Umbria 84€
- Liguria 90€
- Piemonte 100€
- Calabria 100,80€
- Valle d’Aosta 168€
Scopri anche la classifica delle Assicurazioni venatorie
Fuori classifica il Trentino Alto Adige, regione a statuto autonomo in cui non è prevista una tassa di concessione regionale. Per quanto riguarda la Valle d’Aosta va precisato che l’importo di 168 euro (il massimo possibile secondo quanto stabilito dalla legge 157/92) è in parte giustificato dal fatto che non sono previste ulteriori spese di iscrizione all’unico comprensorio alpino istituito in regione.
Citando la legge nazionale 157/92 (legge quadro in materia di caccia) i proventi di questa tassa “sono utilizzati anche per il finanziamento o il concorso nel finanziamento di progetti di valorizzazione del territorio presentati anche da singoli proprietari o conduttori di fondi, che, nell’ambito della programmazione regionale, contemplino, tra l’altro, la creazione di strutture per l’allevamento di fauna selvatica nonché dei riproduttori nel periodo autunnale; la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica; l’adozione di forme di lotta integrata e di lotta guidata; il ricorso a tecniche colturali e tecnologie innovative non pregiudizievoli per l’ambiente; la valorizzazione agri-turistica di percorsi per l’accesso alla natura e alla conoscenza scientifica e culturale della fauna ospite; la manutenzione e pulizia dei boschi anche al fine di prevenire incendi”.
Ancora una volta sono poi le regioni a decidere in che misura e dove destinare i fondi derivati da questa tassa…ma queste differenze a cosa sono dovute?
Solo in Trentino non ha adeguato la sua norma alle disposizioni cogenti della quadro nazionale. Io sono asino mi potreste spiegare il perchè.