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Caccia e Cinofilia, due malattie inguaribili che creano ricordi indissolubili

È risaputo che il cane è il migliore amico dell’uomo. Da queste amicizie, che a volte diventano molto di più, nascono ricordi che faranno emozionare per tanto tempo chi li ha vissuti, e qualche volta anche chi li ascolta.

Nella caccia, il collegamento tra cacciatore e ausiliare è fondamentale per cacciare come si deve. Basta uno sguardo per capire cosa fare, neanche si deve aprire la bocca, diventa tutto automatico, come tra due attaccanti che per vent’anni fanno coppia fissa nella stessa squadra, come due amanti nell’intimità. Maledetta passione, per molti uno spreco di tempo, ma per noi ammalati di caccia e di cinofilia non c’è niente di meglio che passare una mattinata con i nostri ausiliari alla ricerca dell’agognato selvatico che tanto ci farà tribolare…

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Gare del salame, Fischietto e caldo estivo

Se penso al rapporto che c’è tra me e i miei spinoni, tra le prime cose che mi vengono in mente ci sono i tre elementi sopracitati.

Nelle “gare del salame” ho conosciuto molti cinofili, da quello al quale non è mai morto un cane a casa sua (e se ne vantano pure!), a quello con il cane con un nome strano che tutte le volte andava a punto (Benito, Giasone, Tequila e Rum sono quelli che ho più impressi nella mente) per finire con i tuttologi che elargivano lezioni a destra e a manca su come si dovesse fare qualsiasi cosa, dalla caccia all’addestramento di un cucciolo…. insomma non sembrerebbero posti dove si impara qualcosa d’importante ma io le più grandi lezioni di cinofilia le ho apprese lì, in quelle giornate d’estate con il fischietto in bocca.

Sembrerà una affermazione stupida ma per me è così. Tra le centinaia di consigli datimi, direttamente o indirettamente dai personaggi più disparati ho imparato come comportarmi con i cani. Vedevo l’omone che urlava al cane cosa fare ogni tre secondi non andare quasi mai in classifica. Poi c’era il vecchietto che si accompagnava col bastone. Lui non apriva bocca, qualche fischio, qualche cenno per aiutare il fedele ausiliare e andava sempre a punto. Da lì ho capito che urlare per ogni cosa non serve a niente, il naso per sentire ce l’hanno i cani e quindi sono io che devo farmi guidare da loro e non il contrario.

Nelle gare del salame so dove il posatore ha messo il selvatico da trovare ma a caccia non so in quale angolo di risaia incontrerò il principe. Solo l’esperienza maturata sul campo da parte mia e soprattutto dal mio fedele compagno mi aiuterà a cacciare meglio. Ma la lezione più importante che ho imparato è la seguente: rispettare sempre il compagno di caccia, comprendere il sacrificio, la fatica e la passione che ci mette per divertirsi e farci divertire, per farci vivere ricordi che ci faranno commuovere.

Molto più di un’amicizia

Quella tra ausiliare e cacciatore è molto più di un’amicizia. Il cacciatore diventa tutto per il cane. Le feste alla mattina, i salti quando si rientra da lavoro, le leccate in faccia a tradimento, le gioiose scodinzolate. Fanno di tutto per noi e noi cacciatori dobbiamo fare altrettanto per loro.

Non basta ricordarci di loro dall’ultima settimana d’agosto fino al 31 gennaio. Loro esistono tutto l’anno. Non sono macchine che possono restare chiuse in garage per mesi. Sono fedeli compagni che non ci tradiranno mai. Molte volte la rabbia o il nervoso derivanti da una giornata storta, nostra o loro (eh sì, anche i cani hanno giornate storte, così come Cristiano Ronaldo e la regina Elisabetta) ci porterebbero a fare gesti che a mente calma non ci azzarderemmo mai a fare ma la ragione ci ferma e ci fa capire che quella non è la strada giusta.

La scorsa stagione, la mia prima, è capitato che il mio giovane spinone mi fermasse 25 tra beccaccini e frullini nell’arco di una mattinata e io non gliene abbattei neanche uno. Tra padelle, bestemmie e lacrime decisi di prendere il cane e tornarmene a casa. Quella mattina mi sentii veramente male, indegno di essere il compagno di caccia di Caio, pensai addirittura di non andare più a caccia, ma arrivati a casa, mentre lo stavo asciugando, quel grande del mio Caio mi cominciò a leccare la faccia, quasi per tirarmi su. Da quel giorno capii che anche Caio era veramente mio amico, era un fratello di madre diversa, uno di quelli che non ti abbandona mai, neanche nelle giornate più difficili.

Sono queste le emozioni per le quali vado a caccia, quelle per le quali mi alzo alle 4 per sguinzagliare i cani in una calda mattina di agosto, quelle per le quali mi riempio gli stivali a gennaio per aiutare il mio vecchio Orso ha risalire un ripido fosso. Emozioni che chi non le vive sulla propria pelle difficilmente comprende. La caccia non è solo la fucilata, è molto altro.

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