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Un classico: la Doppietta

Nell’immaginario collettivo, senza dubbio, la doppietta è l’arma da caccia per antonomasia. Una linea filante, una meccanica perfetta e tanti racconti di caccia di cui è protagonista, la rendono un classico amato da moltissimi cacciatori. Vediamo come si è evoluta.

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Oggi tutti noi cacciatori siamo abituati ad avere almeno due o tre possibilità di sparo, ma fino a non molto tempo fa, la norma era la singolarità, un unico colpo che in un istante faceva la differenza tra un felice esito del tiro o l’intero fallimento di un’azione di caccia. Quante volte vi è capitato di pensare “..un altro colpo, se solo avessi avuto un altro colpo..”? Qualunque tiratore ha sentito, anche per una sola volta, l’esigenza di avere un ulteriore colpo, una seconda chance… ed è proprio per soddisfare questa esigenza che gli armaioli di fine settecento iniziarono a sviluppare armi che davano la possibilità di sparare 2 colpi in rapida successione. In realtà, agli inizi, queste armi assomigliavano più a sovrapposti che non a delle doppiettte e la velocità di successione nello sparo non era poi così elavata: erano, infatti, fucili ad avancarica con un solo acciarino e con 2 canne rotanti sovrapposte, il cui meccanismo di rotazione doveva essere azionato manualmente. In seguito arrivarono i fucili a 2 canne sovrapposte fisse e 2 acciarini, e solo verso la metà del settecento si arrivò ad avere un fucile a canne giustapposte più o meno con le forme che oggi conosciamo.

Doppiette a cani esterni

Nella seconda metà dell’800, dopo l’avvento della retrocarica che mandò in pensione i fucili ad avancarica, cominciarono a diffondersi le ben note doppiette a cani esterni, prima nella versione per munizioni a spillo e poi con la più moderna percussione centrale. In queste armi le batterie, chiamate appunto “cani” sono poste dietro la culatta e premendo il grilletto scattano in avanti colpendo il percussore che percuote l’innesco. In questi fucili il cane stesso rappresenta il sistema di sicura, poichè se non armato, ossia portato verso il basso, non può arrivare a contatto con il percussore e quindi sparare.

Doppietta a cani interni

Anson & Deeley nel 1875 depositarono il brevetto del primo fucile a canne giustapposte con retrocarica hummerless, ossia a cani interni, questa fu la prima doppietta dell’era moderna. Si trattava del primo fucile a ripetizione (due colpi) i cui cani “invisibili” si armavano semplicemente aprendo il fucile e abbassando le canne. In questi fucili le batterie sono montate direttamente nella bascula e l’armamento è eseguito da una leva motrice che è messa in movimento delle canne. Tale sistema è ancora comunemente utilizzato nelle doppiette di produzione attuale, e conosciuto come “batterie corte”.

Nel 1886 nascono invece le cosidette “batterie lunghe”, grazie all’opera dei fratelli Holland, che  perfezionando un brevetto di Purdey, brevattarono la prima doppietta a cani interni le cui batterie erano montate direttamente sulle cartelle laterali. Tale meccanismo ha un funzionamento sostanzialmente perfetto, ed inoltre è facilmente smontabile e ispezionabile. Oggi è ampiamente diffuso, è universalmente riconosciuto come uno dei migliori sistemi di innesco, ed è identificato come batterie “tipo HOLLAND”.

Da allora in poi la meccanica di funzionamento delle doppiette non ha più subito sostanziali modifiche, rimando invariata fino ad oggi, sintomo questo della perfezione meccanica raggiunta dagli armaioli di fine ‘800.

Anche se la doppietta non è stato il primo fucile a ripetizione inventato e anche se oggi non è il più utilizzato dai cacciatori, resta comunque un arma di grande fascino e sarà per sempre un classico tra le armi da caccia.

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