Toscana

Tar Toscana su Pavoncella e Moriglione: devono essere escluse dall’elenco delle specie cacciabili

Per il Tribunale di Firenze l’assenza di specifici piani d’azione fa sì che il prelievo venatorio non possa considerarsi sostenibile

Il TAR della Toscana con la sentenza dello scorso 30 giugno si è espresso sul ricorso, presentato da varie associazioni animaliste, contro il calendario venatorio regionale 2019/2020. Tre i temi principali giudicati dal TAR: l’inserimento di Pavoncella e Moriglione fra le specie cacciabili, la chiusura al 31 gennaio per la caccia alla Beccaccia e l’anticipazione della data di chiusura per le specie oggetto di preapertura.

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Alcune decisioni assunte dal Tribunale di Firenze benché riferite al calendario venatorio dello scorso anno sono destinate a influenzare anche la stagione di caccia 2020/2021.

Pavoncella e Moriglione

A livello nazionale da più di un anno si discute se sia necessario escludere Pavoncella e Moriglione dall’elenco delle specie cacciabili: nel 2019 le due specie sono state inserite nelle liste di protezione dell’Accordo AEWA, motivo per cui il Ministero dell’Ambiente ha chiesto alle Regioni di vietarne la caccia. Alcune amministrazioni regionali si sono uniformate, altre no, avendo ricevuto pareri ISPRA favorevoli sulla possibilità di cacciare queste specie. Ora la decisione del TAR di Firenze aggiunge un nuovo capitolo a questa discussione.

Per il Tribunale, infatti, Pavoncella e Moriglione devono essere escluse dall’elenco delle specie cacciabili. Il motivo è chiaro: per il TAR l’adesione all’accordo internazionale AEWE pone “allo Stato Italiano l’obbligo di adozione di tutte le misure di conservazione degli uccelli acquatici e dei loro habitat, specie di quelli maggiormente minacciati” ela necessità di adempiere a tale obbligo prevale sulle scelte compiute nel calendario venatorio dalla Regione, qualora tali scelte contrastino o mettano in pericolo la conservazione delle specie”.

Come sappiamo la nuova classificazione di Pavoncella e Moriglione impone il divieto di caccia a meno che non sia attivo uno specifico piano d’azione a livello nazionale che preveda delle misure adattative di gestione e di contingentamento dei prelievi (ne abbiamo parlato in modo dettaglio qui).

Per il TAR “l’assenza di specifici piani d’azione fa sì che il prelievo venatorio non possa considerarsi sostenibile anche ai sensi dell’art. 7 della Direttiva Uccelli e delle collegate linee guida sulla caccia”.

Già annunciato il ricorso al Consiglio di Stato

La Confederazione Cacciatori Toscani ha già annunciato che ricorrerà al Consiglio di Stato. Per la CCT “il braccio di ferro tra Regioni, ISPRA e Ministero dell’Ambiente, sta assumendo più i connotati di una questione politica, che non tecnica” e il tentativo è quello di “innescare l’ennesima crociata animal-ambientalista sull’elenco delle specie cacciabili”. Infatti, una recente sentenza del Consiglio di Stato (sez.III, n. 8064/2019) ha già stabilito che le due specie possono essere oggetto di caccia.

Inoltre, come ricorda la CCT, l’incidenza del prelievo venatorio sulla demografia complessiva di queste specie è quasi ininfluente: Per la pavoncella stiamo parlando di un prelievo annuo stimato compreso fra 46.000 e 56.000 capi a fronte di una popolazione europea compresa fra 3.190.000 e 5.170.000 individui maturi, da cui deriva un’incidenza media del prelievo venatorio pari a 1,22%. Per il moriglione l’incidenza scende addirittura a 0.78% con un prelievo annuo stimato compreso fra 15.000 e 18.000 capi e una popolazione europea compresa fra 1.950.000 e 2.250.000 soggetti.

Basta confrontare queste percentuali – spiega la CCT – con i dati pubblicati di mortalità naturale, che sono compresi per la pavoncella fra il 30 e il 40 % e per il moriglione fra il 19 e il 25% per i maschi e fra il 31 e il 33% per le femmine, per comprendere che il prelievo in Italia è così basso da essere nell’ordine di grandezza di quello consentito per la caccia in deroga, quindi ininfluente sulla conservazione delle specie”.

Chiusura Beccaccia al 31 gennaio

Per la chiusura della caccia alla beccaccia al 31 gennaio è invece arrivato il via libera dal TAR.

I giudici di Firenze, infatti, hanno chiarito ancora una volta che la Regione ha la facoltà di discostarsi dalle date di chiusura indicate da ISPRA (per la Beccaccia il 31 dicembre, estendibile a determinate condizioni fino al 10 gennaio) fornendo delle valide motivazioni scientifiche a sostegno del discostamento, e che è possibile fissare la data di chiusura al 31 gennaio se ci sono dati scientifici riferiti al territorio regionale che dimostrino come la migrazione prenuziale non inizi prima di tale data.

Anticipazione della data di chiusura per le specie oggetto di preapertura

Anche sull’anticipazione della data di chiusura per le specie oggetto di preapertura il TAR ha ribadito quanto già espresso lo scorso anno dal Consiglio di Stato (Sez. III, n. 8669/2019): per le specie oggetto di preapertura, “la chiusura deve essere anticipata dell’intero periodo compreso tra l’inizio dell’apertura anticipata e l’inizio ordinario della stagione venatoria previsto dalla legge, e non all’effettivo numero di giornate di caccia in esso compreso, che resta pertanto irrilevante”.

Questo per rispettare l’arco temporale massimo di caccia previsto dall’articolo 18 della legge n. 157/92. Facendo un esempio, se si autorizza una giornata di preapertura al colombaccio il primo di settembre, considerando l’apertura generale della stagione venatoria fissata al 20 settembre (come per quest’anno), la chiusura della caccia al colombaccio dovrà essere anticipa di 20 giorni rispetto al termine fissato dalla legge nazionale, ossia al 10 gennaio. Motivo per cui quest’anno le amministrazioni regionali dovranno valutare attentamente per quali specie consentire il prelievo in prepaertura.

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