Atti vandalici alle sedi di Federcaccia: la faccia violenta dell’animalismo
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“Cacciatori Assassini”. “Merde”. É questo il livello delle scritte con cui nei giorni scorsi sono state imbrattate tre differenti sedi di Federcaccia a Perugia, Livorno e Cremona. Tutti gli insulti, scritti con bombolette spray rosse, portano la stessa firma: ALF – Animal Liberation Front – l’organizzazione internazionale, nata agli inizi degli anni 70 in Inghilterra, che non è nuova a questo tipo di reati.
Che cos’è l’ALF
Si autodefinisco animalisti, ma ormai da anni l’opinione pubblica e le strutture governative li etichettano come ecoterroristi. Infatti, il loro obbiettivo dichiarato è “infliggere danni economici a tutti coloro che lucrano sulla sofferenza animale”.
E per raggiungerlo sono disposti a tutto: dai furti di animali (“Rubati 100 beagle in un allevamento emiliano“), alle liberazioni (“Ravenna, gli animalisti rivendicano il blitz all’allevamento: “Liberati 800 visoni“), arrivando fino al sabotaggio (“Ecoterrorismo di Natale Panettoni al veleno“), al danneggiamento della ricerca scientifica (“Cnr, blitz degli animalisti. “Distrutti anni di ricerca su Parkinson e autismo”) e agli attentati incendiari (“Blitz animalista nel parco-zoo di Cumiana“).
Insulti, minacce e atti vandalici sono il minimo che questi sedicenti “animalisti” riescono a mettere in atto. E per farlo utilizzano un “modus operandi” che ricorda quello delle organizzazioni terroristiche. Capirlo è semplice, basta farsi un giro sul loro sito e leggere come si presentano:
“L’Animal Liberation Front (ALF) o Fronte di Liberazione Animale (FLA) nella sua versione italiana, consiste di gruppi autonomi di persone che in tutto il mondo eseguono azioni seguendo le linee guida. Questi gruppi vengono chiamati cellule, che variano da un individuo a molte persone che lavorano insieme. Gli attivisti in una cellula non conoscono quelli di altre cellule perché rimangono anonimi. Questo li aiuta a rimanere sconosciuti, a non coinvolgere troppe persone in caso di arresti o di persone che disgraziatamente cominciano a collaborare dopo un arresto, rimanendo dunque liberi di continuare ad agire. Siccome non esiste una organizzazione centrale o un modo per iscriversi all’ALF, le persone si muovono solamente in base alla loro coscienza personale o alle decisioni della cellula con cui lavorano. L’ALF ha una struttura non gerarchica, in modo che ogni individuo che fa un azione ha il pieno controllo delle sue scelte e del suo destino.Ogni azione che segue le linee guida può essere considerata un’azione del’ALF. I sabotaggi economici e il danneggiamento della proprietà privata sono considerate azioni ALF, così come lo sono le liberazioni degli animali.Siccome non c’è un modo per contattare l’ALF, perché l’ALF è solo un’idea e non una organizzazione, sta ad ognuno di voi decidere se prendere la responsabilità di lottare per fermare lo sfruttamento degli animali”.
Danni al mondo venatorio
Negli ultimi anni anche il mondo venatorio è finito sotto l’attacco di questo gruppo di fanatici, che sono andati ben oltre alle semplici scritte sui muri apparse in questi giorni nelle sedi di Federcaccia. Si va dagli atti vandalici alle case di caccia (“Lagosanto, gli animalisti distruggono la casa dei cacciatori“) ai blitz nei Quagliodromi (“Desio, assalto al Quagliodromo: sui muri la sigla dell’Animal Liberation Front“) fino alla distruzione degli appostamenti di caccia e al danneggiamento di automobili (“Blitz Alf, danneggiate auto cacciatori“).
Per lo più sono ragazzi, affascinati da questa deriva ecoterroristica che il più delle volte non sanno neanche che cosa rischiano. Esemplare è il caso di Peschiera Borromeo avvenuto l’anno scorso: una coppia, lui 23 anni lei 21, nottetempo aveva distrutto un capanno di caccia a Campagnola Cremasca sottraendo anche i richiami vivi legalmente detenuti. Intercettati da una volante mentre rientravo a casa, sono stati trovati in possesso dei documenti di proprietà dell’appostamento e di arnesi atti allo scasso. Risultato, sono stati processati per direttissima con le accuse di furto aggravato, danneggiamento aggravato e porto ingiustificato di arnesi atti allo scasso.
Aggressioni ai cacciatori
Fra tutti, però, gli atti più gravi che commettono, fosse solo per il potenziale pericolo che creano, sono le aggressioni ai danni dei cacciatori, con cui vorrebbero disturbarne l’attività venatoria. Un fenomeno in aumento che nell’ultima stagione di caccia ha fatto registrare una decina di casi, soprattutto nel nord Italia.
Squadre organizzate di 5-10 persone, vestite di nero e spesso con i volti coperti, battono le campagne alla ricerca dei cacciatori, perlopiù anziani. Una volta individuati, fischiano, urlano, sputano, insultano e talvolta aggrediscono fisicamente il malcapitato (“Operato il cacciatore aggredito dagli animalisti“), creando una situazione potenzialmente pericolosa che può avere serie conseguenze sia per l’incolumità dei presenti che, giuridicamente parlando, per la fedina penale di chi commette queste aggressioni.
Anche qui esemplare è il caso del 2016: 5 donne, tra i 20 e i 30 anni, attiviste di ALF, che nel genovese avevano compiuto diversi raid (gomme bucate, acido sulle vetture, aggressione con spray urticante e furto di un cane da caccia) sono state tutte identificate e denunciate per il reato di associazione a delinquere, poiché gli inquirenti hanno ritenuto che la loro fosse una vera e propria banda organizzata contro i cacciatori.
Nonostante questo molte aggressioni restano impunite, sia per la difficoltà nel risalire ai responsabili sia per la mancanza di una normativa specifica. Solo pochissime regioni, infatti, hanno leggi che prevedono il reato di disturbo venatorio (una ad esempio è la Lombardia) e purtroppo a livello nazionale la proposta di legge avanzata dall’Onorevole Caretta è ferma in Senato dal luglio 2018 e difficilmente verrà discussa dal nuovo Governo.
Sicuramente con l’inizio della nuova stagione le aggressioni riprenderanno. Il nostro invito è quello di prestare la massima attenzione, mantenere la calma, contattare le forze dell’ordine e denunciare.
Il comunicato di Federcaccia sui fatti di Perugia, Livorno e Cremona
Ritornando agli atti vandalici alle sedi di Federcaccia, vi riportiamo di seguito il comunicato integrale diffuso dall’Associazione.
ALLE MINACCE SI RISPONDE CON LA CALMA E LA FORZA DELLE IDEE
Roma, 10 settembre 2019 – È ormai evidente che le sedi della Federcaccia che in queste ore sono state imbrattate da scritte ingiuriose nei confronti della caccia e dei cacciatori sono frutto di un ordinato disegno e non una casualità. Troppa la distanza fra una sede e l’altra – da Perugia a Cremona, da Padova a Livorno – per trattarsi di coincidenze e impossibile pensare a spirito di emulazione essendo avvenute tutte nello stesso breve intervallo di tempo.
A trovare i responsabili ci penseranno le forze dell’ordine, alle quali peraltro spesso non sono sconosciuti.
A noi basta sottolineare che ci vuole ben altro per spaventarci e non è certo qualche scritta rossa firmata Alf, sigla radicale ben nota a livello internazionale per aver rivendicato attentati contro centri di ricerca, allevamenti e altri obbiettivi tipici del delirio animalista (ma saranno poi loro? Ne dubitiamo), che ci farà smettere come organizzazione di tutelare e promuovere la caccia e come uomini e donne di praticarla.
Questa la democrazia e la libertà di pensiero concepita da questi gruppuscoli di fanatici, questa la visione del mondo che una minoranza di disturbati terroristi vorrebbe imporre alla società.
A noi non fanno paura e ancora meno perdere la calma. Le vetrine e i muri si puliscono con un colpo di spugna e un pennello, ma non sarà altrettanto facile per loro piegare la nostra determinazione e la certezza di essere e comportarci in modo sostenibile e secondo le leggi della natura, della scienza e dell’uomo.
Anche per questo, perché in fondo ben poco li consideriamo se non un piccolo fastidio sul nostro cammino, abbiamo esitato a rispondere. Ma abbiamo pensato che le nostre sezioni sul territorio e tutti i nostri iscritti meritavano di ricevere pubblicamente un cenno di solidarietà e un invito a continuare serenamente nella loro condotta: onesta, schietta, alla luce del sole.
E a questo proposito vogliamo chiudere con un ringraziamento a tutte quelle sigle ambientaliste riconosciute che ogni giorno chiedono forti riduzioni o addirittura la chiusura della caccia in nome appunto della democrazia e che ci hanno espresso il loro sostegno dissentendo pubblicamente da questi come da altri atti di violenza perpetrati nei confronti dei cacciatori. Come dite? Non le avete sentite? Beh, nemmeno noi.
Ci rifletta tutta la società civile.
Ufficio stampa Federazione Italiana della Caccia